Introduzione
1. Il 13 aprile del 2009 il presidente della Commissione Diritti Umani fonda la Missione di Fact Finding delle Nazioni Unite per il conflitto di Gaza. Il mandato e’: “indagare tutte le violazioni dei diritti umani e del diritti umanitario internazionale che possono essere state commesse in qualunque frangente delle operazioni militari condotte a Gaza tra il 27 dicembre 2008 e il 18 gennaio 2009. Siano queste violazioni avvenute prima, durante e dopo.
2. Il Presidente nomina a capo della missione Richard Goldstone, ex giudice della Corte Costituzionale del Sud Africa e ex Pubblico Ministero al Tribunale Penale Internazionale per l’Ex Jugoslavia e il Rwanda. Gli altri tre membri ad essere nominati sono: la Professoressa Christine Chinkin, docente di Diritto Internazionale alla London School of Economics and Political Science, che è stata membro della commissione di fact finding a Beit Hanoun nel 2008; Hina Jilani, avvocato della Corte Suprema del Pakistan e già Speciale Rappresentante del Segretario Generale sulla situazione dei diritti umani, membro della commissione d’inchiesta in Darfur nel 2004. E poi il Colonnello Desmond Travers, ex ufficiale delle Forze di Difesa Irlandesi e membro del consiglio di amministrazione dell’Istituto per le indagini sui crimini internazionali.
3. Come da pratica abituale l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha stabilito una segreteria di supporto alla Missione.
4. La missione ha messo in pratica il mandato richiestole in modo da mettere le popolazioni civili della regione al centro delle sue preoccupazioni, in particolare per quanto riguarda le violazioni del diritto internazionale.
5. La missione si e’ riunita per la prima volta a Ginevra tra il 4 e l’8 maggio 2009. Inoltre si e’ incontrata a Ginevra il 20 maggio, il 4 e 5 luglio, e tra l’1 e il 4 agosto 2009. La missione ha condotto 3 visite sul campo: due nella Striscia di Gaza tra il 30 maggio e il 6 giugno e tra il 25 giugno e il 5 luglio. Inoltre una visita ad Amman il 2 e 3 luglio. Molti membri della segretaria della Missione erano impegnati a Gaza tra il 22 maggio e il 4 giugno per effettuare indagini sul territorio.
6. Alcune note verbali sono state inviate a tutti gli stati membri delle Nazioni Unite e agli organi delle Nazioni Unite il 7 maggio 2009/ L’8 giugno del 2009 la missione ha contattato tutte le persone interessate e le organizzazioni in possesso di informazioni rilievanti a inviarle e a aiutare nella documentazione, in modo da essere assistitia nell’implementazione del suo mandato.
7. Audizioni pubbliche sono state effettuate a Gaza il 28 e 29 giugno e a Ginevra il 6 e 7 luglio 2009.
8. La Missione ha ripetutamente cercato di ottenere la cooperazione del Governo di Israele, ma dopo numerosi tentativi falliti si è rivolta al Governo dell’Egitto per accedere alla striscia di Gaza attraverso il valico di Rafah.
9. La Missione ha goduto del supporto e della cooperazione dell’Autorita’ Nazionale Palestinese e dell’Osservatore Permanente per la Palestina alle Nazioni Unite. A causa della mancanza di cooperazione da parte del Governo Israeliano la Missione non ha potuto incontrare membri dell’Autorita’ Palestinese in Cisgiordania. La Missione ha comunque fatto in modo di incontrare ufficiali dell’Autorita’ Palestinese, incluso un Ministro, ad Amman. Durante la sua visita nella Striscia di Gaza la Missione ha tenuto delle riunioni con i membri delle autorita’ di Gaza e loro hanno offerto la massima cooperazione e il massimo supporto alla Missione.
10. A causa delle audizioni pubbliche di Ginevra la Missione e’ stata informata che il partecipante palestinese, Muhammad Srour, e’ stato detenuto dalle forze di sicurezza israeliane mentre ritornava in Cisgiordania e e’ nato il timore che la detenzione dell’uomo potesse avere conseguenze per la sua apparizione di fronte alla Missione. La Missione è in contatto con lui e continua a monitorare gli sviluppi della situazione.B. Metodologia
11. Per mettere in pratica il suo mandato la Missione ha ritenuto che fosse importante prendere in conisderazione tutte le azioni commesse da tutte le parti in cause che avrebbero potuto commettere violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani. Il mandato inoltre richiedeva una revisione delle azioni in tutti i Territori Occupati Palestinesi e in Israele.
12. Con attenzione agli obiettivi temporali la Missione ha deciso di concentrarsi primariamente sugli eventi, le azioni e le circostanze sviluppatesi dal 19 gennaio 2008, quando il “cessate il fuoco” fu concordato tra il Governo di Israele e Hamas. La Missione ha inoltre tenuto in considerazione le questioni sviluppatesi dopo la fine delle operazioni militari che costituiscono continue violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale, e che sono conseguenza delle operazioni militari, fino al 31 luglio 2009.
13. La Missione ha analizzato il contesto storico degli eventi che hanno portato alle operazioni militari a casa nel periodo tra il 27 dicembre 2008 e il 18 gennaio 2009 e i collegamenti tra queste operazioni e le politiche dominanti nei Territori Palestinesi Occupati.
14. La Missione ha considerato che il riferimento, nel suo mandato, alle violazioni commesse nel contesto delle operazioni militari di dicembre e gennaio, richiedeva la presa in considerazione delle restrizioni dei diritti umani e delle liberta’ fondamentali connesse alle strategie ed azioni israeliane nel contesto delle operazioni militari.
15. Il contesto normativo di riferimento per la Missione e’ stato il diritto internazionale, la Carta delle Nazioni Unite, il diritto umanitario internazionale, i diritti umani internazionali e il diritto penale internazionale.
16. Questo rapporto non mira ad essere esaustivo rispetto all’altissimo numero di incidenti rilevanti che sono occorsi nel periodo coperto dal mandato della Missione. In ogni caso la Missione considera il rapporto significativo nell’illustrare i maggiori modelli di violazioni. A Gaza la Missione ha indagato su 36 incidenti.
17. La Missione ha basato il suo lavoro su un’analisi imparziale e indipendente delle azioni delle parti con i loro obblighi di diritto umani internazionali e diritto umanitario, nello scenario del recente conflitto a Gaza. Sono stati inoltre applicati gli standard investigativi sviluppati dalle Nazioni Unite.
18. La Missione ha adottato un approccio comprensivo nella raccolta di informazioni e nella ricerca dei punti di vista. I metodi di raccolta delle informazioni hanno incluso: a) la revisione dei rapporti di diverse fonti; b) interviste con vittime, testimoni oculari e altre persone che avessero informazioni rilevanti; c) visite a siti specifici di Gaza, luogo di incidenti; d) analisi di materiali video e fotografici, incluse le immagini satellitari; e) revisione di rapporti medici riguardanti le ferite riportate dalle vittime; f) analisi in termini giudiziari delle armi e delle munizioni raccolte sui luoghi degli incidenti; g) incontri con interlocutori di diverso tipo; h) inviti al provvedimento di diverse informazioni relative ai diversi ambiti di investigazione della Missione; i) ampia distribuzione di un appello a procurare testimonianze scritte; j) audizioni pubbliche a Gaza e a Ginevra;
19. La Missione ha condotto 188 interviste individuali Ha rivisto piu’ di 300 rapporti, dichiarazioni scritte e ogni altra documentazione sia frutto di ricerche partite dalla Missione stessa, sia ricevute in risposta all’appello, sia presentate durante le riunioni. In totale sono state visionate piu’ di 10,000 pagine, piu’ di 30 video e 1,200 fotografie.
20. Attraverso il rifiuto di cooperare con la Missione il Governo di Israele ha impedito gli incontri con esponenti ufficiali del Governo Israeliano e ha impedito di viaggiare in Israele al fine di incontrare vittime israeliane e di raggiungere la Cisgiodania per incontrare rappresentanti dell’Autorità Palestinese e vittime palestinesi.
21. La Missione ha condotto visite sul campo, incluse indagini sui luoghi degli incidenti nella Striscia di Gaza. Questo ha permesso alla Missione di osservare di persona la situazione e parlare con testimoni oculari e altre persone significative.
22. L’obiettivo delle audizioni pubbliche, che sono state trasmesse dal vivo, era quello di permettere alle vittime, ai testimoni e agli esperti di tutte le parti in cause nel conflitto di parlare direttamente al maggior numero possibile di persone sia nella regione che di fronte alla comunità internazionale. La Missione ha dato priorità di partecipazione alle vittime e alle persone delle comunità direttamente coinvolte. Le 38 testimonianze pubbliche hanno fatto riferimento sia ad aspetti legali sia a questioni militari. La Missione aveva inizialmente intenzione di tenere le audizioni a Gaza, in Israele e in Cisgiordania. Di fatto l’ingresso negato in Israele e in Cisgiordania ha causato la decisione di ascoltare le persone provenienti da Israele e dalla Cisgiordania a Ginevra.
23. Nello stabilire le valutazioni fattuali finali la Missione ha cercato di affidarsi principalmente e ogni volta fosse possibile sulle informazioni di prima mano. Le informazioni prodotte da altri, inclusi i rapporti, le dichiarazioni scritte e i rapporti dei media, sono state usate come rafforzamenti.
24. Le conclusioni finali della Missione sull’affidabilita’ delle informazioni ricevute sono state fatte basandosi sulla credibilità dei testimoni ascoltati, verificando le fonti e le metodologie utilizzate per la compilazione dei rapporti e dei documenti prodotti da altri, effettuando controlli incrociati sui materiali e le informazioni rilevanti e assicurandosi se, in tutte le circostanze, ci fosse un quantitativo sufficiente di informazioni per una ricerca fattuale credibile e affidabile da parte della Missione.
25. Su queste basi la Missione ha, al meglio delle sue possibilita’, determinato lo svolgersi dei fatti. In molti casi ha appurato che sono state commesse azioni definibili come responsabilita’ criminali individuali. In tutti i casi la Missione ha trovato sufficienti informazioni per stabilire gli elementi oggettivi dei crimini in questione. In quasi tutti i casi la Missione è stata anche in grado di determinare se fosse chiaro o meno che le azioni fossero commesse deliberatamente o incoscinentemente, nella convizione che il risultato sarebbe stato un naturale susseguirsi di eventi. La Missione ha, di conseguenza, in molti casi individuato un rilevante elemento di colpa (mens rea). La Missione ha pienamente tenuto in considerazione la presunzione di innocenza: gli elementi fattuali del rapporto non sovvertono mai questo principio. La ricerca fattuale non ha cercato nè di identificare gli individui responsabili dei fatti commessi nè ha la pretesa di raggiungere lo standard probatorio da applicarsi in un eventuale processo.
26. Per poter garantire alle parti la possibilita’ di aggiungere informazioni rilevanti ed esprimere le proprie posizioni in merito ai fatti in questione la Missione ha sottoposto una lista di domande al Governo di Israele, all’Autorita’ Palestinese e alle autorita’ di Gaza, in modo da poter completare la sua analisi e la ricerca di fatti. La Missione ha ricevuto risposta dall’Autorità Palestinese e dalle autorità di Gaza, ma non da Israele.
C. Fatti analizzati dalla Missione, ricerche fattuali e legali: I Territori Palestinesi Occupati: la Striscia di Gaza.
1. L’embargo
27. La missione si e’ concentrate (Capitolo V) sul processo di isolamento economico e politico imposto da Israele alla Striscia di Gaza, genericamente inteso con il termine “embargo”. L’embargo comprende misure come la limitazione ai beni che possono essere importati a Gaza e le chiusure dei confini per persone, beni e servizi, alcune volte per giorni, includento il taglio degli approvigionamenti di acqua ed elettricità. L’economia di Gaza e’ stata severamente colpita dalle riduzioni delle aree di pesca per i pescatori palestinesi e dalla creazione della “zona cuscinetto” sul confine tra Gaza e Israele, che ha ridotto la porzione di terra disponibile per le attività agricole e industriali. Oltre a creare una situazione di emergenza l’embargo ha significativamente indebolito le capacita’ della popolazione e dei settori sanitario, pubblico e idrico per reagire all’emergenza creata dalle operazioni militari.
28. La Missione mantiene la convinzione che Israele sia vincolato dalla Quarta Convenzione di Ginevra e debba assicurare un adeguato rifornimento di cibo, attrezzature sanitarie e strumenti utili ad andare incontro ai bisogni umanitari della popolazione della Striscia di Gaza indipendentemente dalle qualifiche.
2. Sguardo d’insieme sulle operazioni militari di Israele sulla Striscia di Gaza e sulle vittime.
29.Israele nell’operazione denominata “Piombo Fuso” ha schierato marina, aereonautica ed esercito. Le operazioni militari nella Striscia di Gaza includevano due fasi principali, la fase aerea e a fase terra- aria, che sono durate dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio 2009. L’offensiva israeliana è cominciata con un attaccao aereo di una settimana, dal 27 dicembre al 3 gennaio. L’aereonautica ha continuat a giocare un ruolo fondamentale assistendo e coprendo le forze di terra dal 3 al 18 gennaio 2009. L’esercito è stato responsabile dell’invasione di terra, iniziata il 3 gennaio 2009, quando le truppe sono entrate a Gaza da nord e da est. Le informazioni disponibili indicano che ad essere coinvolte sono state le brigate Golani, Givati e i Paracadutisti e cinque brigate di corpi blindati. La marina è stata usata per bombardare le coste di Gaza durante le operazioni.Il VI Capitolo localizza gli incidenti indagati dalla Missione, i quali sono descritti nei capitoli dal VII al XV nel relativo contesto di operazioni militari.
30. Statistiche riguardanti i palestinesi che hanno perso la vita durante le varie operazioni militari. Secondo estese ricerche sul campo e le organizzazioni non governative il dato relativo alle persone uccise si colloca tra le 1,387 e le 1,417. Le autorità di Gaza riportano 1,444 morti. Il Governo di Israele fornisce un dato di 1,166. Il dato fornito dalle fonti non governative relatio alla percentuale di civili usccisi è generalmente piuttosto consistente e aumenta la preoccupazione riguardo il modo in cui Israele ha condotto le operazioni militari a Gaza.
31. Secondo il Governo di Israele durante le operazioni militari ci sono stati 4 morti israeliani nel sud di Israele, di cui 3 civili e un soldato, uccisi da razzi e colpi di mortaio dei gruppi armati palestinesi. Inoltre 9 soldati sono stati uccisi durante i combattimenti all’interno della Striscia di Gaza, 4 dei quali a causa del fuoco amico.3. Attacchi da parte dell’esercito israeliano a edifici governativi e al personale delle autorità di Gaza, polizia inclusa
32. Le forze armate israeliane hanno lanciato numerosi attacchi contro edifici e personale governativi di Gaza. Per quanto concerne gli edifici, la Missione ha esaminato gli attacchi israeliani al Consiglio Legislativo Palestinese e alla principale prigione di Gaza (Capitolo VIII). Il grado di distruzione di tali edifici è grave a tal punto da impedirne il riutilizzo. Dichiarazioni rilasciate dal governo israeliano e dalle forze armate giustificano gli attacchi sostenendo che le istituzioni politiche ed amministrative di Gaza fanno parte dell’ “infrastruttura terroristica di Hamas”. La Missione rifiuta questa posizione. Non esiste nessuna prova che il Consiglio Legislativo e la principale prigione di Gaza abbiano dato un contributo effettivo all’azione militare. In base alle informazioni a disposizione, la Missione ritiene che gli attacchi a questi edifici siano stati un deliberato attacco contro obiettivi civili, in violazione della legge internazionale del diritto umano secondo la quale gli attacchi devono essere strettamente limitati ad obiettivi militari. Questi dati di fatto provano ulteriormente l’estensiva distruzione di proprietà, non giustificata da necessità militari e praticata illegalmente e promiscuamente.
33. La Missione ha esaminato gli attacchi contro sei stazioni di polizia, quattro dei quali sono avvenuti entro i primi minuti delle operazioni militari del 27 dicembre 2008, causando la morte di 99 poliziotti e di nove impiegati pubblici. In totale l’esercito israeliano ha ucciso circa 240 poliziotti, corrispondenti a più di un sesto delle morti palestinesi. Le attenuanti degli attacchi contenute nel report sulle operazioni militari presentato dal governo israeliano nel luglio 2009 chiarificano che i poliziotti sono stati deliberatamente scelti come obiettivo ed uccisi perché la polizia in quanto istituzione o gran parte dei poliziotti in quanto individui sono considerati parte delle forze militari palestinesi di Gaza.
34. Per esaminare se gli attacchi contro la polizia fossero compatibili con il principio di distinzione tra obiettivi civili e militari e persone, la Missione ha analizzato lo sviluppo istituzionale della polizia di Gaza a partire dal momento in cui Hamas prese completo controllo nel luglio 2007, ovvero quando la polizia di Gaza si fuse con le “Forze esecutive” che Hamas creò dopo la vittoria elettorale. La Missione ha riscontrato che, se un vasto numero di poliziotti di Gaza è stato reclutato tra i sostenitori di Hamas o tra i membri di gruppi armati palestinesi, la polizia di Gaza è rimasta un’agenzia civile per il rafforzamento della legge. La Missione ha inoltre concluso che non sia possibile sostenere che i poliziotti uccisi il 27 dicembre 2008 avessero preso direttamente parte alle ostilità; essi non hanno dunque perso l’immunità civile dagli attacchi diretti, in quanto sono considerati civili. La Missione accetta che ci possano essere stati membri individuali appartenenti alla polizia di Gaza che erano al contempo membri dei gruppi armati palestinesi e dunque combattenti. Conclude tuttavia che gli attacchi alle stazioni di polizia durante il primo giorno delle operazioni militari non abbiano un bilancio effettivo tra l’anticipato vantaggio militare diretto (ovvero l’uccisione di quei poliziotti che potevano essere membri di gruppi armati palestinesi) e la perdita di vite civili (ovvero quei poliziotti dipendenti pubblici uccisi che sarebbero stati inevitabilmente presenti o nelle vicinanze degli attacchi). Di conseguenza, è stato violato il diritto umano internazionale.
4. Obbligo dei gruppi armati palestinesi di Gaza di prendere adeguate precauzioni atte a proteggere la popolazione ed i beni civili
35. La Missione ha esaminato se e in quale misura i gruppi armati palestinesi abbiano violato l’ obbligo di proteggere e prendere le dovute precauzioni atte a salvaguardare la popolazione civile di Gaza dai pericoli derivanti dalle operazioni militari (Capitolo VIII). La Missione ha riscontrato una certa riluttanza da parte delle persone intervistate a Gaza nel discutere le attività dei gruppi armati. In base alle informazioni raccolte, la Missione ha comunque riscontrato che durante le operazioni militari i gruppi armati palestinesi erano presenti nelle aree urbane ed hanno lanciato razzi da tali zone. Probabilmente i combattenti palestinesi non si sono sempre adeguatamente distinti dalla popolazione civile. La Missione non ha tuttavia trovato alcuna prova che suggerisse che i gruppi armati palestinesi direzionassero i civili verso le aree sotto attacco o obbligassero i civili a rimanere entro le vicinanze degli attacchi.
36. Sebbene in base alle situazioni investigate dalla Missione non si possa stabilire che le moschee fossero usate per fini militari o per nascondere attività militari, la Missione non può tuttavia escludere che ciò sia accaduto in alcuni casi. La Missione non ha trovato nessuna prova che sostenesse l’accusa di utilizzo di mezzi ospedalieri da parte delle autorità di Gaza o dei gruppi armati palestinesi per fare da scudo alle attività militari e di ambulanze per il trasporto di combattenti o per fini militari simili. Sulla base dell’inchiesta svolta e delle dichiarazioni di ufficiali delle Nazioni Unite, la Missione esclude che i combattenti palestinesi abbiano utilizzato mezzi dell’ONU come scudo durante le azioni militari. La Missione non può tuttavia ignorare la possibilità che i gruppi armati palestinesi fossero attivi nelle vicinanze di tali strutture ospedaliere o delle Nazioni Unite. Dirigere le ostilità verso zone abitate non costituisce di per sé una violazione del diritto internazionale, inoltre i gruppi armati palestinesi non hanno necessariamente esposto la popolazione civile di Gaza al pericolo quando hanno lanciato attacchi nelle vicinanze di edifici civili o protetti.
5. Obbligo di Israele di prendere adeguate precauzioni atte a proteggere la popolazione ed i beni civili di Gaza
37. La Missione ha esaminato come le forze israeliane non si siano attenute all’obbligo di prendere adeguate precauzioni atte a proteggere la popolazione civile di Gaza, incluso in modo particolare l’obbligo di lanciare un allarme precauzionale degli attacchi (Capitolo IX).
La Missione è a conoscenza degli sforzi significativi fatti da Israele per effettuare avvertimenti attraverso chiamate telefoniche, volantini e appelli radio e riconosce che in alcuni casi, specialmente in quelli di particolare specificità degli avvertimenti, essi abbiano incoraggiato i residenti ad abbandonare l’area e allontanarsi dalla zona di pericolo. Tuttavia, la Missione ha parimenti rilevato fattori che hanno minacciato significativamente l’efficacia degli allarmi lanciati. Questi fattori includono la mancanza di specificità e quindi di credibilità di tanti messaggi telefonici preregistrati e di volantini. La credibilità delle direttive atte a far spostare i civili verso i centri delle città è stata ulteriormente compromessa dal fatto che gli stessi centri fossero oggetto di ripetuti attacchi durante la fase di attacco aereo delle operazioni militari. La Missione ha anche esaminato la pratica del lancio di esplosivi luminosi sui tetti ed ha concluso che suddetta tecnica non possa essere considerata effettiva in termini di lancio di allarme, ma costituisce piuttosto una forma di attacco contro i civili residenti negli edifici obiettivo di tali esplosivi. In conclusione, la Missione evidenzia che il fatto che un allarme venga lanciato non solleva un comandante e i suoi subordinati dal compito di prendere tutte le misure precauzionali possibili per distinguere i civili dai combattenti.
38. La Missione ha anche esaminato le precauzioni prese dall’esercito israeliano durante tre attacchi specifici. Nel 15 gennaio 2009 il compound dell’UNRWA a Gaza City è stato bombardato con munizioni ad alto contenuto di esplosivo e con il fosforo bianco. La Missione evidenzia l’estremo grado di pericolosità dell’attacco, in quanto il compound era rifugio di 600-700 civili e conteneva un significativo deposito di carburante. L’esercito israeliano ha continuato l’attacco per più ore nonostante fosse stato avvisato dei rischi esistenti. La Missione conclude che l’esercito israeliano ha violato l’obbligo sancito dal diritto internazionale di prendere tutte le precauzioni possibili nella scelta dei mezzi e delle tecniche di attacco, con particolare attenzione ad evitare qualsiasi perdita incidentale di vite civili, feriti e danni a beni civili.
39. La missione ha inoltre analizzato l’attacco diretto ed intenzionale, avvenuto nello stesso giorno, all’ospedale Al-Quds di Gaza City e all’adiacente deposito di ambulanze, effettuato con granate al fosforo. L’attacco ha provocato incendi che hanno richiesto un intero giorno per la loro estinzione ed ha diffuso panico tra i malati e i feriti, che sono stati evacuati. La Missione ha riscontrato che non è stato lanciato nessun allarme di immediato attacco. Sulla base della propria inchiesta, la Missione respinge l’accusa secondo cui il fuoco è stato lanciato dall’interno dell’ospedale verso l’esercito israeliano.
40. La Missione ha inoltre esaminato i ripetuti attacchi, ancora una volta effettuati con l’uso di munizioni al fosforo, contro l’ospedale Al Wafa situato nella zona est di Gaza City, che accoglie pazienti bisognosi di cure a lungo termine e feriti particolarmente gravi. In base alle informazioni raccolte, la Missione ha riscontrato in entrambi gli attacchi contro le strutture ospedaliere la violazione del divieto ad attaccare ospedali civili. La Missione ha anche sottolineato che l’allarme dato attraverso volantini e messaggi telefonici preregistrati nel caso dell’attacco all’ospedale Al Wafa ha dimostrato la totale inefficacia di alcuni tipi di avvertimenti, generici e abituali.
6. Attacchi indiscriminati da parte dell’esercito israeliano che hanno provocato la morte o il ferimento di civili
41. la Missione ha esaminato il bombardamento a Jabalya dell’incrocio vicino alla scuola dell’UNRWA, al tempo utilizzata come rifugio per più di 1.300 persone (Capitolo X). L’esercito israeliano ha lanciato almeno quattro granate. Una è atterrata nel giardino della casa di una famiglia, uccidendo undici persone riunite lì. Le altre tre sono atterrate su al-Fakhura Street, uccidendo almeno altre ventiquattro persone e ferendone quaranta. La Missione ha esaminato in dettaglio le dichiarazioni dei rappresentanti del governo israeliano secondo cui gli attacchi furono lanciati in risposta ad un attacco da parte di un gruppo armato palestinese. Se la Missione non esclude che questo possa essere vero, considera comunque la credibilità della posizione israeliana danneggiata da tutta una serie di incongruenze, contraddizioni e imprecisioni riscontrati nelle argomentazioni giustificanti l’attacco.
42. Nello stilare le conclusioni legali riguardo l’attacco contro l’incrocio al-Fakhoura, la Missione riconosce che per quanto riguarda le decisioni circa la proporzionalità delle armi usate, soppesando la necessità di raggiungere il vantaggio militare e il rischio di uccidere civili, in alcuni casi ci siano autentici dilemmi. La Missione non crede tuttavia che ce ne siano in questo caso. Il lancio di almeno quattro granate per riuscire ad uccidere un basso numero di specifici individui in un contesto in cui era presente un ampio numero di civili impegnati in attività quotidiane e nelle cui vicinanze trovavano rifugio 1.368 persone, non può essere considerato un’azione militare in cui il numero di civili a rischio venga giustificato dall’acquisizione di vantaggio militare. La Missione ritiene perciò che l’attacco sia stato indiscriminato e abbia violato il diritto internazionale ed il diritto alla vita dei palestinesi civili uccisi durante l’attacco.
7. Deliberati attacchi contro la popolazione civile
43.La Missione ha investigato undici episodi in cui l’esercito israeliano ha lanciato attacchi diretti contro i civili con conseguenze letali (Capitolo XI). I casi esaminati in questa parte del report sono, con una sola eccezione, tutti casi in cui i fatti non indicano alcun obiettivo militare che possa giustificare gli attacchi. I primi due episodi riguardano attacchi contro case situate nel quartiere Samouni a sud di Gaza City, incluso il bombardamento di una casa in cui civili palestinesi si erano radunati a seguito di un ordine da parte dell’esercito israeliano. I successivi sette casi riguardano l’uccisione di civili che stavano abbandonando le proprie case per spostarsi verso luoghi più sicuri, mostrando bandiera bianca e, in alcuni casi, eseguendo gli ordini dello stesso esercito israeliano. I dati raccolti dalla Missione indicano che tutti gli attacchi sono avvenuti in momenti in cui l’esercito israeliano aveva pieno controllo dell’area ed era precedentemente entrato in contatto con o aveva almeno osservato le persone che ha poi attaccato, ed era dunque consapevole del loro status di civili. Nella maggior parte dei casi presi in analisi le conseguenze degli attacchi israeliani contro i civili sono state aggravate dal seguente rifiuto di permettere l’evacuazione dei feriti o di permettere l’accesso alle ambulanze.
44. Questi episodi indicano che le direttive date all’esercito israeliano a Gaza prevedevano una bassa soglia per l’uso di fuoco letale contro la popolazione civile. La Missione ha riscontrato molteplici conferme di ciò, emerse dall’inchiesta sulle testimonianze dei soldati israeliani raccolte nelle due pubblicazioni esaminate.
45. La Missione ha inoltre esaminato un episodio in cui, durante la preghiera della prima serata, un missile ha colpito una moschea provocando la morte di quindici persone, mentre un attacco con munizioni flechette sparato contro una folla riunita in una veglia funebre ne ha uccise cinque. La Missione ritiene che entrambi gli episodi costituiscano un attacco intenzionale alla popolazione e ad obiettivi civili.
46. In base ai fatti accertati in entrambi i suddetti casi la Missione ritiene che la condotta dell’esercito israeliano rappresenti una grave violazione della Quarta Convenzione di Ginevra, secondo cui la volontaria uccisione e la volontaria provocazione di sofferenza a danno di persone protette e simili comportano responsabilità criminali individuali. Ritiene inoltre che stabilire come diretto obiettivo e uccidere arbitrariamente civili palestinesi sia una violazione del diritto alla vita.
47. L’ultimo episodio riguarda il lancio di una bomba contro una casa che ha provocato l’uccisione di ventidue familiari. La posizione di Israele rispetto a questo caso è che si è trattato di un “errore di operazione” e che il reale obiettivo era in realtà una casa vicina, utilizzata come deposito di armi. Sulla base dell’inchiesta svolta, la Missione esprime dubbi significativi circa la versione dell’accaduto data dalle autorità israeliane. La Missione conclude che, nel caso in cui fosse stato commesso un errore, l’attacco non potrebbe essere definito un caso di uccisione volontaria. Tuttavia, rimane la responsabilità di stato di Israele di aver commesso un atto ingiusto a livello internazionale.
8. Uso di un certo tipo di armi
48. In base all’inchiesta svolta, per quanto riguarda l’uso di alcuni tipi di armi come il fosforo bianco e i missili flechette, se da una parte la Missione accetta che a questo stadio il fosforo bianco non sia proibito dalla legge internazionale, dall’altra ritiene che le forze armate israeliane siano state sistematicamente incoscienti nell’utilizzarlo durante gli attacchi alle zone abitate. Inoltre, i dottori che hanno trattato i pazienti feriti dal fosforo bianco hanno rimarcato la gravità e a volte l’incurabilità delle bruciature provocate da questa sostanza. La Missione crede perciò che sia necessario prendere seriamente in considerazione la messa al bando dell’uso del fosforo bianco in aree urbane. Per quanto riguarda i missili flechettes, la Missione sottolinea che sono un’arma incapace di identificare gli obiettivi dopo la detonazione. Sono pertanto particolarmente inadatti all’utilizzo in aree urbane, dove è ragionevole pensare che siano presenti civili.
49. Sebbene la Missione non possa sostenere con certezza che le munizioni DIME (Dense inert metal explosive) siano state utilizzate dalle forze armate israeliane, essa ha di fatto ricevuto relazioni da parte di dottori palestinesi e stranieri operanti a Gaza durante le operazioni militari che riportavano un’alta percentuale di pazienti aventi ferite compatibili con gli effetti di questa arma. Le armi DIME e le armi dotate di metallo pesante al momento non sono proibite dalla legge internazionale, ma sollevano preoccupazioni specifiche legate alla salute. Infine, la Missione ha ricevuto dichiarazioni di accusa di utilizzo di uranio impoverito e non da parte dell’esercito israeliano a Gaza. Queste accuse non sono state investigate dalla Missione.9. Attacchi alle fondamenta della vita civile a Gaza: distruzione di infrastrutture industriali, fabbriche alimentari, impianti idrici, e abitazioni .
50. La Missione ha investigato diversi episodi in cui sono stati distrutti infrastrutture industriali, fabbriche alimentari, impianti idrici, sistema fognario e abitazioni (Capitolo XIII). Già all’inizio delle operazioni militari il mulino Al Bader era l’unico funzionante all’interno della Striscia. Il mulino è stato colpito da una serie di attacchi aerei il 9 gennaio 2009, dopo che diversi falsi allarmi erano stati lanciati nei giorni precedenti. La Missione ha riscontrato che la sua distruzione non aveva alcuna giustificazione militare. La natura degli attacchi, ed in particolare dell’attacco ai macchinari nevralgici della struttura, suggerisce che l’intenzione fosse quella di mettere fuori uso la fabbrica in termini di capacità produttiva. Dai dati raccolti, la Missione ha riscontrato che c’è stata una grave violazione delle clausole della Quarta Convenzione di Ginevra. La distruzione illegale ed eccessiva non giustificata da necessità militari rappresenta un crimine di guerra. La Missione ha inoltre riscontrato che la distruzione del mulino è stata effettuata con lo scopo di negare il sostentamento alla popolazione civile. Tale atto viola il diritto internazionale e può costituire un crimine di guerra. L’attacco al mulino costituisce anche la violazione delle clausole del diritto umano che concernono il diritto ad una fornitura sufficiente di cibo e dei mezzi di sostentamento.
51. L’industria alimentare per l’allevamento di polli del Sig. Sameh Sawafeary situata nel quartiere Zeitoun a sud di Gaza City forniva più del 10% del mercato di uova. Bolldozer corazzati dell’esercito israeliano hanno sistematicamente raso al suolo le stie per polli, uccidendo i 31.000 polli al loro interno, ed hanno distrutto piante e materiali necessari alla produzione. La Missione conclude che questo è stato un deliberato atto di distruzione non giustificato da alcuna necessità militare ed è giunta alle stesse conclusioni legali del caso della distruzione del mulino Al Bader.
52. L’esercito israeliano ha anche attaccato il muro di uno dei depositi di liquame del Gaza Waste Water Treatment Plant, causando la fuoriuscita di più di 200.000 metri cubici di liquame nelle terre agricole adiacenti. Le circostanze dell’attacco al deposito suggeriscono che sia stato deliberato e premeditato. Il complesso Namar Wells di Jabalya è dotato di due pozzi, sistema di pompaggio, generatore, deposito carburante, unità di serbatoio clorazione, edifici e attrezzatura correlata. Tutto è stato distrutto dai molteplici attacchi aerei durante il primo giorno dell’aggressione israeliana aerea. La Missione considera improbabile che un obiettivo grande quanto le Namar Wells possa essere stato colpito da attacco multiplo per sbaglio. Non ha trovato inoltre alcun motivo che potesse giustificare attraverso il vantaggio militare la distruzione del complesso, mai stato utilizzato in precedenza da gruppi armati palestinesi. Considerando che il diritto all’acqua è parte del diritto ad una alimentazione adeguata, la Missione trae le medesime conclusioni legali del caso del mulino Al Bader.
53. Durante la visita alla Striscia di Gaza, la Missione ha testimoniato l’estensione della distruzione di case residenziali provocata da attacchi aerei, bombardamenti di mortaio e artiglieria, missili e bulldozer. Apparentemente in alcuni casi i quartieri residenziali sono stati bersaglio di bombe aeree e soggetti ad attacchi intensivi con il fine di avvantaggiare le forze di terra israeliane. In altri casi i dati raccolti dalla Missione suggeriscono fortemente che la distruzione delle case sia stata eseguita senza che esistesse alcun legame con la lotta ai gruppi armati palestinesi o senza che comportasse alcun contributo all’azione militare. Combinando i risultati dell’inchiesta fatta sul luogo con le immagini di UNOSAT e con le testimonianze pubblicate dei soldati israeliani, la Missione conclude che, parallelamente alla distruzione di case dovuta ad una cosiddetta “necessità operazionale”, le forze israeliane sono coinvolte in una distruzione sistematica di edifici civili messa in atto durante gli ultimi tre giorni della loro presenza a Gaza, seppur coscienti dell’immediato ritiro. La condotta dell’esercito israeliano ha perciò violato il principio di distinzione tra obiettivi civili ed obiettivi militari ed ha commesso la grave violazione di “distruzione estensiva….di proprietà, non giustificata da necessità militare e condotta illegalmente e promiscuamente”. L’esercito israeliano ha inoltre violato il diritto ad una residenza adeguata delle famiglie colpite.
54. Gli attacchi ai complessi industriali, alle fabbriche alimentari e alle infrastrutture idriche oggetto di inchiesta della Missione sono parte di un più ampio disegno di distruzione, che include la distruzione dell’unico impianto per l’imballo del cemento di Gaza (l’impianto Atta Abu Jubbah), la fabbrica di conglomerato, altre aziende alimentari per l’allevamento di polli e la fabbrica Al Wadia produttrice di cibo e bevande. Le prove raccolte dalla Missione indicano che c’è stata una deliberate e sistematica politica da parte delle forze armate israeliane atta a colpire zone industriali e impianti idrici.
10. Uso dei civili palestinesi come scudo umano
55. La Missione ha investigato quattro casi in cui l’esercito israeliano ha costretto con la pistola puntata uomini civili palestinesi a prendere parte ad incursioni nelle abitazioni durante le operazioni militari (Capitolo XIV). Gli uomini palestinesi sono stati bendati ed ammanettati per essere poi forzati ad entrare nelle case prima dei soldati israeliani. In uno dei casi analizzati, i soldati israeliani hanno ripetutamente obbligato un uomo ad entrare in una casa dove erano nascosti combattenti palestinesi. Testimonianze pubblicate di soldati israeliani che hanno preso parte alle operazioni militari confermano il ripetuto uso di questa pratica, utilizzata nonostante i chiari ordini impartiti dall’Alta Corte israeliana alle forze armate di interrompere tale attività e nonostante le continue rassicurazioni pubbliche rilasciate dalle forze armate secondo cui questa pratica era stata bloccata. La Missione conclude che questa pratica equivale ad utilizzare i palestinesi come scudo umano ed è pertanto proibita dal diritto umanitario internazionale. Essa mette a rischio il diritto alla vita dei civili in modo arbitrario e illegale e costituisce un trattamento crudele ed inumano. L’uso di scudi umani è anche un crimine di guerra. Gli uomini palestinesi usati come scudi umani sono stati interrogati sotto minaccia di morte o violenza al fine di ottenere informazioni riguardo Hamas, combattenti palestinesi e tunnel. Questo costituisce un’ ulteriore violazione del diritto umanitario internazionale.
11. Privazione della libertà: palestinesi di Gaza detenuti durante le operazioni militari israeliane dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio 2009
56. Durante le operazioni militari le forze armate israeliane hanno radunato e detenuto un alto numero di civili all’interno di case e spazi aperti a Gaza oppure, come nel caso di molti uomini palestinesi, sono stati trasferiti in prigioni israeliane. Nei casi investigati dalla Missione le prove raccolte indicano che nessuno dei civili detenuti era in possesso di armi né rappresentava alcuna apparente minaccia per i soldati israeliani. Il Capitolo XV dell’inchiesta svolta si basa sulle interviste che la Missione ha realizzato con gli uomini palestinesi che sono stati detenuti, così come sulla revisione che la Missione ha fatto di altro materiale rilevante, includendo interviste ai parenti e dichiarazioni di altre vittime sottoposte alla Missione.
57. Dalle prove raccolte la Missione riscontra numerose violazioni del diritto umanitario internazionale e del diritto umano commesse nel contesto di suddette detenzioni. I civili, donne e bambini inclusi, sono stati detenuti in condizioni degradanti, privati di cibo, acqua e accesso a strutture sanitarie ed esposti alle intemperie di gennaio senza alcun riparo. Gli uomini sono stati ammanettati, bendati e continuamente fatti spogliare, a volte denudati, più volte durante la detenzione.
58. Nell’area Al Atatra a nord-ovest di Gaza le truppe israeliane hanno scavato buche di sabbia in cui uomini, donne e bambini palestinesi sono stati detenuti. Carri armati israeliani e artiglieria erano posizionati dentro le buche di sabbia e intorno a loro e sparavano da postazioni vicine ai detenuti.
59. Gli uomini palestinesi trasferiti in centri di detenzione in Israele sono stati costretti a condizioni degradanti di detenzione, interrogatori severi, pestaggi e altri abusi fisici e mentali. Alcuni di loro sono stati accusati di essere combattenti illegali. Quelli intervistati dalla Missione sono stati rilasciati dopo che le procedure contro di loro si sono apparentemente interrotte.
60. In aggiunta alla privazione arbitraria di libertà e alla violazione dei diritti processuali, i casi dei detenuti palestinesi evidenziano tratti comuni dell’interazione tra soldati israeliani e civili palestinesi già emerso chiaramente in altri casi analizzati in altri capitoli dell’inchiesta: abuso continuo e sistematico, oltraggio alla dignità personale, comportamenti umilianti e degradanti contrari ai principi fondamentali del diritto umanitario internazionale e del diritto umano. La Missione conclude che la condotta tenuta nei confronti di questi civili costituisce l’imposizione di una pena collettiva su quelle persone e ad essa aggiunge misure di intimidazione e terrore. Tali atti sono una grave violazione della Quarta Convenzione di Ginevra e costituiscono un crimine di guerra.
12. Obiettivi e strategie delle operazioni militari israeliane a Gaza.
61. La Missione ha riesaminato le informazioni disponibili circa la pianificazione delle operazioni militari a Gaza, la tecnologia militare avanzata a disposizione dell’esercito israeliano e la sua conoscenza del diritto umanitario internazionale (Capitolo XVI). In base ad informazioni ufficiali governative, le forze armate israeliane hanno un elaborato consiglio legale e sistema di training sul posto che è chiamato ad assicurare una debita conoscenza degli obblighi legali rilevanti e a supportare i comandanti riguardo le norme sul posto. Le forze armate israeliane dispongono di hardware molto sofisticati e sono leader sul mercato nella produzione di alcuni dei più avanzati dispositivi di tecnologia militare disponibili, UAVs inclusi. Sono dotati di altissima capacità di precisione in più opzioni di attacco, inclusi gli attacchi aerei e i lanci da terra.
Tenendo in considerazione la capacità di pianificare, l’alta tecnologia a disposizione dei mezzi utilizzati per realizzare i piani e le dichiarazioni dell’esercito israeliano secondo cui praticamente non sono stati commessi errori, la Missione ritiene che quanto considerato nella sua inchiesta sia il risultato di decisioni politiche deliberatamente pianificate.
62. Le tattiche utilizzate dall’esercito israeliano nell’offensiva a Gaza fanno pensare a eventi precedenti, ultima la guerra in Libano del 2006. Il concetto della dottrina Dahiya è emerso successivamente, implicando l’applicazione di una forza sproporzionata e la provocazione di ingenti danni e la distruzione della proprietà civile e delle infrastrutture e la sofferenza della popolazione civile. In base al riesame delle prove raccolte sul campo che essa stessa ha testimoniato, la Missione conclude che ciò che era stato prescritto come la migliore strategia sembra coincidere esattamente con quanto è stato messo in pratica.
63. Nel quadro degli obiettivi militari israeliani che riguardano le operazioni a Gaza, il concetto di “infrastrutture a supporto di Hamas” è particolarmente preoccupante in quanto sembra trasformare popolazione e beni civili in obiettivi legittimi. Dichiarazioni di leader politici e militari rilasciate prima e durante le operazioni a Gaza indicano che il concetto che ha l’esercito israeliano di cosa sia necessario in una guerra contro Hamas, considera una distruzione sproporzionata ed il massimo sconvolgimento delle vite di tante persone un mezzo lecito per ottenere non solo una vittoria militare, ma anche politica.
64. Le dichiarazioni rilasciate dai leader israeliani secondo le quali la distruzione di beni civili sarebbe motivata da una risposta al lancio di razzi (“distruggere 100 case per ogni razzo lanciato”), indica la possibilità di ricorrere a rappresaglie. Secondo la Missione le rappresaglie contro i civili durante le ostilità armate sono contrarie al diritto umanitario internazionale.
13. L’impatto delle operazioni militari e del blocco della popolazione di Gaza e dei suoi diritti umani
65. La Missione ha esaminato l’impatto combinato delle operazioni militari, dell’assedio della popolazione di Gaza e il godimento dei diritti umani spettanti. L’economia, le opportunità di impiego e il sostentamento delle famiglie erano già severamente condizionate dal blocco nel momento in cui l’offensiva israeliana è iniziata. Forniture inadeguate di carburante per generare elettricità hanno avuto un impatto negativo sulla produzione industriale, sull’attività degli ospedali, sulla fornitura d’acqua alle case e sullo smaltimento dei rifiuti. Le restrizioni sulle importazioni e il divieto di qualsiasi esportazione da Gaza ha condizionato il settore industriale e la produzione agricola. Il tasso di disoccupazione e la percentuale della popolazione che vive al livello di povertà o al di sotto di esso stavano crescendo al momento dell’offensiva israeliana.
66. In questa situazione già precaria, le operazioni militari hanno distrutto una parte importante delle infrastrutture economiche. Dato che la maggior parte delle fabbriche sono state prese di mira e distrutte o danneggiate, la disoccupazione, la povertà e l’insicurezza alimentare sono drammaticamente cresciute. Durante le operazioni militari anche il settore agricolo ha sofferto in modo analogo a causa della distruzione dei terreni agricoli, dei pozzi d’acqua e delle barche da pesca. Il perpetrarsi dell’assedio impedisce la ricostruzione delle infrastrutture economiche distrutte.
67. A causa della distruzione delle serre e dei terreni agricoli, si prevede che l’insicurezza alimentare peggiori ulteriormente nonostante le maggiori quantità di cibo introdotte nella Striscia di Gaza dall’inizio delle operazioni. La dipendenza dall’assistenza alimentare cresce. I livelli di sottosviluppo e magrezza nei bambini e la diffusione dell’anemia sia nei bambini che nelle donne incinte erano preoccupanti già prima delle operazioni militari. Gli stenti causati dall’ampia distruzione di case (l’UNDP riporta un numero di case distrutte pari a 3.354 e di 11.112 danneggiate) e il conseguente spostamento di persone, colpisce particolarmente donne e bambini. Nel settore idrico/igienico, la distruzione di infrastrutture (come la distruzione del pozzo di Namar e l’attacco ai danni degli impianti di trattamento dell’acqua descritti nel capitolo XIII) ha aggravato la situazione preesistente. Già prima delle operazioni militari, l’80% dell’acqua fornita a Gaza non rispettava gli standard di acqua potabile dell’OMS. Lo scarico di acque nere non trattate o trattate solo parzialmente nel mare è un ulteriore rischio sanitario che le operazioni militari hanno aggravato.
68. Le operazioni militari e le vittime causate da esse hanno posto il fragile settore sanitario di Gaza in una situazione ancora più critica. Gli ospedali e le ambulanze sono stati presi di mira dagli attacchi israeliani. I pazienti con problemi sanitari cronici non hanno ricevute le cure in modo prioritario a causa del numero di pazienti che riportavano ferite mortali. I pazienti con ferite causate dal conflitto dovevano spesso essere dimessi il prima possibile per liberare i letti. L’impatto sanitario a lungo termine di queste dimissioni, così come le armi contenenti sostanze come tungsteno e fosforo bianco, rimangono motivo di preoccupazione. Il numero esatto di persone che riporterà disabilità permanenti è tuttora sconosciuto. La Missione prende atto che molte persone che hanno subito ferite traumatiche durante il conflitto, corrono ancora il rischio di riportare disabilità permanenti dovute a complicazioni o a riabilitazione e cure inadeguate.
69. Si prevede che il numero di individui che soffrono di problemi di salute mentale aumenti. La Missione ha esaminato un numero di incidenti in cui adulti e bambini sono stati testimoni dell’uccisione di famigliari e parenti. I medici del Programma di Salute Mentale della Comunità di Gaza hanno fornito informazioni alla Missione relativamente a disordini psicosomatici, a diffusi stati di alienazione della popolazione e di “stordimento” come risultato delle gravi perdite subite. Hanno riferito alla Missione che queste condizioni possono favorire l’aumento della facilità con cui viene usata la violenza ed anche l’estremismo. I medici inoltre, hanno comunicato alla Missione che il 20% dei bambini nella Striscia di Gaza soffre di Disordini da Stress Post Traumatico.
70. Le difficoltà di apprendimento dei bambini legate a motivi psicologici sono aggravate dall’impatto del blocco e delle operazioni militari sulle infrastrutture scolastiche. 280 scuole e asili sono stati distrutti in un periodo in cui le restrizioni sull’importazione di materiale edilizio vigenti non permettevano di ristrutturare gli edifici scolastici in condizioni precarie.
71. L’attenzione della Missione è stata attirata dalla particolare modalità in cui le donne sono state colpite dalle operazioni militari. I casi di donne intervistate dalla Missione a Gaza hanno drammaticamente illustrato il dolore provocato dal sentimento d’incapacità di fornire la sicurezza e le cure necessarie ai bambini. Il senso di responsabilità delle donne verso la casa e i bambini le forza spesso a nascondere la loro sofferenza, senza quindi la possibilità di far fronte alle loro necessità. Il numero di donne che incarna l’unica fonte di reddito della famiglia è cresciuto ma le loro opportunità’ di impiego rimangono drasticamente inferiori rispetto a quelle maschili. Le operazioni militari hanno incrementato la povertà e le potenzialità di conflitto interno alla famiglia e anche tra le donne vedove e i loro parenti acquisiti.
72. La Missione riconosce che la fornitura di beni umanitari, in particolare derrate alimentari, permessa nella Striscia di Gaza da Israele, è aumentata temporaneamente durante le operazioni militari. Il livello di beni permessi a Gaza prima delle operazioni, tuttavia, era insufficiente a soddisfare i bisogni della popolazione anche prima che scoppiassero le ostilità, ed è diminuito nuovamente al concludersi delle operazioni. Dai fatti accertati dalla Missione, essa crede che Israele abbia violato i suoi obblighi relativi al libero passaggio di tutte le forniture di medicinali e di materiale medico, cibo e vestiti (articolo 23 della Quarta Convenzione di Ginevra).
La Missione ha inoltre rilevato che Israele ha violato obblighi specifici in qualità di Potere Occupante, come chiaramente illustrato nella Quarta Convenzione di Ginevra, come ad esempio l’obbligo a mantenere in attività centri medici e ospedalieri e fornire i servizi correlati nonché a concordare programmi di soccorso nel caso in cui i territori occupati non siano adeguatamente forniti.
73. La Missione ha inoltre concluso che la distruzione da parte delle forze armate israeliane di edifici residenziali privati, di pozzi, cisterne, terre agricole e serre è stata portata avanti con l’intento di privare la popolazione della Striscia di Gaza del proprio sostentamento. La Missione ha evidenziato che Israele ha violato il suo obbligo a rispettare il diritto della popolazione della Striscia ad avere un adeguato standard di vita, incluso l’accesso adeguato a cibo, acqua e case. La Missione inoltre, ha rilevato violazioni di specifiche disposizioni relative alla protezione dei diritti umani dei bambini, particolarmente di quelli che sono vittime di conflitti armati, ma anche di donne e disabili.
74. Le condizioni di vita a Gaza che risultano dalle azioni deliberate delle forze israeliane e dalle politiche dichiarate del Governo di Israele – come sono state presentate dai suoi autorizzati e legittimi rappresentanti – riguardo alla Striscia di Gaza – prima, durante e dopo le operazioni militari – vanno a indicare l’intenzione di infliggere punizioni collettive alla popolazione di Gaza in violazione del diritto umanitario internazionale.
75. Infine, la Missione ha considerato la possibilità che la serie di atti che hanno privato la popolazione della Striscia di Gaza dei suoi mezzi di sostentamento, lavoro, case e acqua, le azioni che negano la libertà di movimento e il diritto ad entrare e uscire dal proprio paese, le azioni che limitano l’accesso alle corti di giustizia e ai mezzi di ricorso legale, potrebbero essere considerate come persecuzione, un crimine contro l’umanità. Dai fatti a disposizione della Missione, essa crede che alcune delle azioni del Governo di Israele potrebbero giustificare l’indagine di una commissione di giustizia competente che indaghi in merito ai crimini contro l’umanità commessi.
D. I Territori Occupati Palestinesi: Cisgiordania e Gerusalemme Est.
81. La Missione considera gli avvenimenti a Gaza e in Cisgiordania come strettamente correlati e li ha analizzato entrambi al fine di raggiungere un livello di comprensione che fosse suffragato da informazioni e per al fine di riportare i fatti, come descritto nel mandato della Missione.
82. Una conseguenza del rifiuto di Israele a cooperare è che alla Missione non è stato permesso di recarsi in Cisgiordania per investigare presunte violazioni del diritto internazionale in quel territorio. Tuttavia, la Missione ha ricevuto molti rapporti orali e scritti e altro materiale rilevante da istituzioni e organizzazioni per i diritti umani israeliane, palestinesi e internazionali. In aggiunta, la Missione ha incontrato rappresentanti di organizzazioni per i diritti umani, membri della legislatura palestinese e alti esponenti della comunità. Ha sentito esperti, testimoni e vittime in udienze pubbliche, ha intervistato gli individui coinvolti, i testimoni e ha esaminato il materiale video e fotografico ricevuto.
16. Trattamento dei palestinesi da parte delle forze di sicurezza israeliane in Cisgiordania e l’uso eccessivo o letale della forza durante le manifestazioni
83. Diversi testimoni ed esperti hanno informato la Missione del netto incremento nell’uso della forza da parte delle forze di sicurezza israeliane contro i palestinesi in Cisgiordania a partire dall’inizio delle operazioni israeliane a Gaza (vedere Capitolo XIX). Molti dimostranti sono stati uccisi o feriti dalle forze israeliane durante le manifestazioni palestinesi, incluse quelle in supporto della popolazione di Gaza sotto attacco. Durante l’operazione a Gaza il livello di violenza impiegato in Cisgiordania non è calato, e nemmeno al termine della stessa.
84. La Missione esprime particolare preoccupazione riguardo alle accuse di uso eccessivo o letale della forza da parte delle forze di sicurezza israeliane, l’uso di munizioni cariche e le disposizioni delle forze armate israeliane di “aprire il fuoco” secondo regole differenti nei casi di disordini in cui erano presenti solo palestinesi o a cui partecipavano israeliani. Ciò fa sorgere serie preoccupazioni riguardo alle politiche discriminatorie verso i palestinesi. Testimoni oculari hanno anche riferito alla Missione che nel caso di controllo della folla è stato impiegato il fuoco di cecchini. I testimoni hanno riferito di un’atmosfera spiccatamente diversa incontrata nei casi di confronto coi soldati e la polizia di frontiera durante le manifestazioni in cui tutti i controlli e i freni erano stati rimossi. Molti testimoni hanno riferito alla Missione che durante le operazioni a Gaza l’atmosfera in Cisgiordania era di “libertà per tutti”, dove tutto era permesso.
85. Non è soddisfacente il poco che fa l’autorità israeliana riguardo a investigare, accusare e punire la violenza, in certi casi omicidi, degli individui (coloni e membri delle forze di sicurezza) a danno dei palestinesi, se risulta in situazioni di impunità. La Missione ha concluso che Israele ha fallito nel rispettare i suoi obblighi di proteggere i palestinesi dalla violenza di singoli individui sia nel rispetto del diritto internazionale dei diritti umani che del diritto umanitario internazionale.
17. Detenzione di palestinesi nelle carceri israeliane
86. È stato stimato che dall’inizio dell’occupazione, circa 700,000 palestinesi – uomini, donne e bambini – siano stati detenuti in Israele. Secondo le stime aggiornate all’1 giugno 2009, ci sono circa 8,100 ‘prigionieri politici’ palestinesi detenuti in Israele, inclusi 60 donne e 390 bambini. La maggior parte di questi detenuti sono accusati o condannati dal Tribunale Militare israeliano che opera in Cisgiordania esclusivamente per i palestinesi, e in cui i diritti processuali previsti sono molto limitati per i palestinesi. Molti di loro sono trattenuti in detenzione amministrativa e altri secondo la legge israeliana sugli unlawful combatants.
87. La Missione si è concentrata su determinati aspetti relativi ai detenuti palestinesi, che reputa connessi alle operazioni militari israeliane Gaza di dicembre e gennaio o al loro contesto.
88. I procedimenti legali a partire dal ritiro di Israele da Gaza nel 2005, hanno evidenziato trattamenti differenziati per i detenuti di Gaza. Una legge del 2006 ha alterato le garanzie processuali ed è applicata solo ai sospetti palestinesi, la cui stragrande maggioranza proviene da Gaza (secondo fonti governative israeliane). Il Programma di visite familiari del Comitato Internazionale della Croce Rossa nella Striscia di Gaza è stato sospeso nel 2007, bloccando ogni via di comunicazione tra i prigionieri di Gaza e il mondo esterno.
89. Durante le operazioni militari israeliane a Gaza, il numero di bambini detenuti da Israele è aumentato rispetto allo stesso periodo del 2008. Secondo alcuni resoconti molti bambini sono stati arrestati in strada e/o durante le manifestazioni in Cisgiordania nel periodo delle operazioni a Gaza. Il numero di bambini detenuti ha continuato a essere alto nei mesi seguenti alla fine delle operazioni, così come le denunce di abusi da parte delle forze di sicurezza israeliane.
90. Una caratteristica delle pratiche di detenzione di palestinesi da parte di Israele, a partire dal 2005, è stato l’arresto di affiliati di Hamas. Qualche mese prima delle elezioni del Consiglio Legislativo Palestinese (PLC), Israele ha arrestato diverse persone che avevano preso parte a elezioni municipali o del PLC. In seguito alla cattura del soldato israeliano Gilad Shalit da parte di gruppi armati palestinesi, l’esercito israeliano ha arrestato 65 membri del PLC, sindaci e Ministri, per lo più membri di Hamas. Sono stati tutti detenuti per almeno due anni, in genere in condizioni inadeguate. Altri arresti di leader di Hamas sono stati effettuati durante le operazioni militari a Gaza. La detenzione di membri del PLC ha significato che tale organismo non ha potuto funzionare né esercitare le sue funzioni legislative e di supervisione dell’esecutivo palestinese.
91. La Missione ha concluso che tali pratiche hanno costituito violazioni dei diritti umani internazionali e del diritto umanitario, incluso il divieto di detenzione amministrativa, il diritto a uguale protezione in termini di legge e alla non discriminazione basata su credo politici e la speciale protezione a cui hanno diritto i bambini. La Missione ha inoltre sottolineato che la detenzione dei membri del PLC potrebbe equivalere a metodi di punizione collettiva contrari al diritto umanitario internazionale.
18. Restrizioni della libertà di movimento in Cisgiordania
92. Israele ha imposto in Cisgiordania un sistema di restrizioni di movimento per lungo tempo .
Il movimento è limitato attraverso una combinazione di ostacoli fisici come blocchi stradali, checkpoint e il Muro, ma anche attraverso misure amministrative come carte di identità, permessi, residenza assegnata, leggi di ricongiungimento familiare e politiche relative al diritto di entrata dall’estero e il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi. Ai palestinesi è negato l’accesso alle aree espropriate per la costruzione del Muro e le sue infrastrutture, per la costruzione di colonie, zone cuscinetto, basi militari e zone di esercitazioni militari, nonché le strade costruite per collegare questi luoghi. Molte di queste strade sono “solo per israeliani” e quindi proibite ai palestinesi. Decine di migliaia di palestinesi ogni giorno incorrono nel “divieto di spostarsi” imposto da Israele, non potendo quindi viaggiare all’estero. Molti testimoni ed esperti invitati per un colloquio con la Missione ad Amman o alle udienze a Ginevra, non hanno potuto incontrare la Missione a causa di questo divieto.
93. La Missione ha ricevuto rapporti che riferiscono che le limitazioni di movimento sono state accentuate durante l’offensiva israeliana a Gaza. Israele ha imposto una “chiusura” della Cisgiordania per molti giorni. In aggiunta, i checkpoint in Cisgiordania sono stati aumentati, anche a Gerusalemme Est, per la durata delle operazioni. Molti di questi posti di blocco erano i cosiddetti checkpoint “volanti”. Nel gennaio 2009 molte aree della Cisgiordania tra il Muro e la Linea Verde sono state dichiarate “aree militari chiuse”.
94. Durante e in seguito alle operazioni a Gaza, Israele ha accresciuto il suo controllo della Cisgiordania attraverso un maggior livello di espropriazioni, un numero più elevato di demolizione di case, ordini di demolizione e di permessi concessi per costruire case nelle colonie, nonché un maggior sfruttamento delle risorse naturali in Cisgiordania. In seguito alle operazioni a Gaza, Israele ha modificato le norme che regolano le possibilità di una persona che possiede una carta di identità di Gaza di spostarsi in Cisgiordania e vice versa, radicando ulteriormente la separazione tra la popolazione di Gaza e della Cisgiordania.
95. Il Ministero dell’Edilizia israeliano sta pianificando la costruzione di altre 73,000 case nelle colonie in Cisgiordania. La costruzione di 15,000 di queste unità abitative è già stata approvata, e, se i piani saranno realizzati, il numero dei coloni israeliani nei Territori Palestinesi Occupati raddoppierà.
96. La Missione crede che le restrizioni di movimento e accesso a cui sono sottoposti i palestinesi della Cisgiordania siano sproporzionati rispetto a qualsiasi obiettivo militare perseguito, e in particolare in relazione alle ulteriori restrizioni durante, e per certi versi in seguito, l’operazione militare a Gaza. Inoltre, la Missione esprime preoccupazione riguardo alle azioni intraprese recentemente volte a formalizzare la separazione tra Gaza e la Cisgiordania, e quindi tra le due parti dei Territori Occupati.
19. Violenza interna e persecuzione dei sostenitori di Hamas da parte dell’Autorità Palestinese, restrizioni sulla libertà di espressione e di assemblea
97. La Missione ha ricevuto accuse di rilevanti violazioni del suo mandato commesse dall’Autorità Palestinese nel periodo di inchiesta. Queste includono violazioni relative al trattamento dei (sospetti) affiliati ad Hamas da parte dei servizi di sicurezza, compresi arresti illegali e detenzioni.Diverse organizzazioni per i diritti umani palestinesi hanno denunciato che le pratiche impiegate dalle forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese in Cisgiordania equivalgono a tortura e trattamenti e punizioni crudeli inumani e degradanti. C’è stato un numero di casi di morti in detenzioni dove si sospetta che la tortura o altri maltrattamenti hanno contribuito o causato la morte del detenuto. I reclami circa l’utilizzo di queste pratiche non sono stati investigati.
98. Sono state inoltre ricevute accuse relative all’utilizzo di forza eccessiva e alla soppressione di dimostrazioni da parte dei servizi di sicurezza palestinesi (in particolare quelle in supporto alla popolazione di Gaza durante le operazioni militari israeliane). In queste occasioni i servizi di sicurezza dell’Autorità Palestinese hanno presumibilmente arrestato molti individui e impedito ai media di riportare gli eventi. La Missione ha anche ricevuto accuse di persecuzione da parte dei servizi di sicurezza di giornalisti che esprimevano punti di vista critici.
99. L’inattività del Consiglio Legislativo Palestinese in seguito all’arresto e detenzione da parte di Israele di diversi suoi membri ha in effetti impedito la possibilità di supervisione del parlamento sull’esecutivo dell’ANP. L’esecutivo ha passato una serie di decreti e regolamentazioni per permettere il suo funzionamento giornaliero.
100. Altre accuse includono la chiusura arbitraria di Hamas e di altri gruppi islamici, associazioni ed enti di beneficenza affiliati o la revoca o il non rinnovo delle loro licenze, il rimpiazzo forzato dei membri guida delle scuole islamiche e altre istituzioni e il licenziamento di insegnanti affiliati ad Hamas.
101. L’Autorità Palestinese continua a licenziare un largo numero di impiegati civili e militari, o sospendere I loro salari, con il pretesto di “non fedeltà all’autorità legittima” o “non ottenimento dell’approvazione di sicurezza” sulle loro nomine, che sono diventati un pre-requisito nei servizi pubblici. Di fatto, queste misure significa l’esclusione dei sostenitori o affiliati di Hamas dagli impieghi nel settore pubblico.
102. La Missione è del parere che le misure riportate sono in violazione degli obblighi dell’Autorità Palestinese derivanti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (DUDU) e la Legge Fondamentale Palestinese.
20. Impatto sui civili degli attacchi con razzi e mortai da parte dei palestinesi nel sud di Israele
103. I gruppi armati palestinesi hanno lanciato circa 8000 razzi e mortai nel sud del Libano dal 2001 (Capitolo XIII). Mentre comunità come Sderot e Kibbutz Nir-Am sono state nel raggio dei razzi e mortai fin dall’inizio, il raggio è incrementato a circa 40 Km dal confine di Gaza, comprendendo paesi al nord quanto Ashdod, durante le operazioni militari a Gaza.
104. Dal 18 giugno 2008, I razzi lanciati dai gruppi armati palestinesi hanno ucciso 3 civili in Israele e 2 civili a Gaza quando un razzo è atterrato vicino al confine il 26 dicembre 2008. Secondo resoconti, oltre 1000 civili in Israele sono stati fisicamente feriti come conseguenza di attacchi di razzi e mortai, 918 dei quali sono stati feriti nel periodo delle operazioni militari israeliane a Gaza.
105. La Missione ha preso atto in particolare dell’alto livello di traumi psicologici sofferti dalla popolazione civile in Israele. Dati raccolti da una organizzazione israeliana in ottobre 2007 hanno rivelato che il 28.4% degli adulti e il 72-94% dei ragazzi in Sderot hanno sofferto di Disordini di Stress da Post-Trauma. 1596 persone sono state curate in seguito alla fine dell’operazione.
106. Razzi e mortai hanno danneggiato case, scuole e macchine nel sud di Israele. Il 5 marzo 2009 un razzo colpì una sinagoga in Netivot. I razzi e i mortai hanno avuto un impatto negativo sul diritto all’educazione di ragazzi e adulti che vivono nel sud di Israele. Questo in conseguenza della chiusura di scuole e l’interruzione delle lezioni a causa di allarmi e fughe verso i rifugi. Si riscontra anche una diminuzione nella capacità di apprendimento in individui che incorrono in traumi psicologici.
107. I razzi e I mortai hanno avuto anche un impatto negativo sulla vita economica e sociale delle comunità colpite. In comunità come Ashdod, Yavne, Beer Sheba, che sono incorse in in attacchi di razzi per la prima volta durante le operazioni militari a Gaza, c’è stata una breve interruzione della vita economica e culturale dovuta al temporaneo spostamento di alcuni dei loro abitanti. Per i paesi vicini al confine con Gaza che sono stati sotto il lancio di razzi e mortai fin dal 2001, la recente escalation ha ulteriormente incrementato l’esodo dei residenti dall’area.
108. La Missione ha appurato che i razzi e, in misura minore, i mortai, lanciati dai gruppi armati palestinesi non possono essere diretti specificamente contro obiettivi militari e sono stati lanciati in aree con presenza di civili. La Missione ha inoltre appurato che questi attacchi costituiscono attacchi indiscriminati sulla popolazione civile del sud di Israele e dove non ci sono obiettivi intenzionalmente militari e i razzi e i mortai sono lanciati sulla popolazione civile, questo costituisce un attacco deliberato sulla popolazione civile. Questi attacchi sono crimini di guerra e possono equivalere a crimini contro l’umanità. Data l’apparente inabilità dei gruppi armati palestinesi di dirigere i razzi e i mortai verso specifici obiettivi e dato che gli attacchi hanno causato danni molto limitati alle risorse militari israeliane, la Missione trova che ci sono prove significative per suggerire che il proposito primario degli attacchi con razzi e mortai sia la diffusione del terrore tra la popolazione civile israeliana, una violazione del diritto internazionale.
109. Notando che qualche gruppo armato palestinese, insieme ad Hamas, abbia pubblicamente espresso la loro intenzione di colpire i civili come rappresaglia per le vittime civili a Gaza a causa delle operazioni militari israeliane, la Missione ritiene che le rappresaglie contro i civili in conflitti armati siano contrarie al diritto internazionale umanitario.
110. La Missione nota che le perdite relativamente ridotte di civili in Israele sono dovute in gran parte alle precauzioni prese da Israele. Queste includono un sistema di pronto allarme, la fornitura di ripari pubblici e la fortificazione di scuole e altri edifici pubblici a costi elevati – una programmazione di 460 milioni di dollari tra il 2005 e 2011 – per il governo israeliano.La Missione è fortemente preoccupata, in ogni caso, circa la mancanza di sistemi di pronto allarme e ripari pubblici per le comunità israeliane palestinesi non riconosciute e in alcuni dei villaggi non riconosciuti che sono nel raggio dei razzi e mortai lanciati dai gruppi armati palestinesi di Gaza.
21. Repressione del dissenso in Israele, il diritto di accesso all’informazione e il trattamento dei difensori dei diritti umani
111. La Missione ha ricevuto rapporti di individui e gruppi che, visti come fonti di critica delle operazioni militari israeliane sono stati soggetti a repressione o tentata repressione da parte del governo di Israele. Nel mezzo di un alto supporto per le operazioni militari israeliane a Gaza da parte della popolazione ebraica, ci sono state anche diffuse proteste contro le operazioni militari in Israele. Centinaia di migliaia – soprattutto, ma non esclusivamente, palestinesi cittadini di Israele – hanno protestato. Mentre nella maggior parte dei casi le proteste sono state permesse, ci sono stati casi, secondo resoconti, in cui i dimostranti hanno avuto difficoltà nell’ottenere permessi (in particolare in aree abitate principalmente da palestinesi israeliani. 715 persone in Israele e nella Gerusalemme Est occupata sono state arrestate durante le proteste. In apparenza non ci sono stati arresti di contro-manifestanti e il 34% degli arrestati erano sotto i 18 anni. La Missione ha notato che una porzione relativamente piccola dei protestanti è stata arrestata. La Missione esorta il Governo di Israele che le autorità di polizia rispettino i diritti di tutti i cittadini, senza discriminazioni, e includendo la libertà di espressione e il diritto di riunirsi pacificamente, come garantito dalla CIDCP (Convenzione Internazionale Diritti Civili e Politici).
112. La Missione nota con preoccupazione l’esistenza di esempi di violenza psicologica ai danni dei dimostranti commesse da membri della polizia, incluse le percosse sui dimostranti e altri condotte inappropriate da parte della polizia inclusi cittadini palestinesi di Israele che sono stati arrestati per discriminazione razziale e i commenti sui membri femminili delle loro famiglie. L’articolo 10 del CIDCP prevede che gli chiunque venga privato della propria libertà sia trattato con umanità e rispetto per l’inerente dignità della persona umana.
113. Dei dimostranti portati davanti alle corti israeliane, sono stati i palestinesi israeliani ad essere detenuti in modo sproporzionato mentre il processo era in corso. L’elemento di discriminazione e trattamento differenziale tra cittadini palestinesi e israeliani da parte delle autorità giudiziarie, come indicato dai resoconti ricevuti, è causa di sostanziale preoccupazione.
114. Gli interrogatori degli attivisti politici da parte dei Servizi di Sicurezza Generali israeliani sono stati menzionati come azioni che hanno contribuito più significativamente all’istaurazione di un clima di tensione in Israele. La Missione è preoccupata circa l’obbligo per gli attivisti politici di esser interrogati dallo Shabbak, in assenza di qualsiasi obbligo legale a farlo, e in particolare sui presunti interrogatori degli attivisti politici circa le loro attività politiche.
115. La Missione ha ricevuto resoconti di indagini fatte dal governo israeliano su New Profile su accusa di incitamento alla diserzione, un reato criminale, resoconti secondo i quali il governo stava cercando di tagliare i fondi dei governi esteri a “Breaking the Silence”, in seguito alla sua pubblicazione di testimonianze di soldati israeliani sulla condotta delle forze armate israeliane a Gaza nel dicembre 2008 e gennaio 2009. La Missione teme che le azioni del governo israeliano nei confronti di questa organizzazione possa avere effetti intimidatori su altre organizzazioni di difesa dei diritti umani. La Dichiarazione sulla Difesa dei Diritti Umani garantisce il diritto di “sollecitare, ricevere e utilizzare ricorse per l’espresso proposito di promuovere e proteggere i diritti umani e le libertà fondamentali attraverso mezzi pacifici”. Se motivato come reazione all’esercizio da parte dell’associazione del diritto alla libertà d’espressione, facendo lobby verso i governi esteri affinché interrompano i fondi, questo sarebbe contrario allo spirito della Dichiarazione.
116. Il governo israeliano ha imposto un divieto sull’accesso dei media a Gaza in seguito al 5 novembre 2008. Inoltre, l’accesso è stato negato alle associazioni di diritti umani e il divieto continua per qualche organizzazione israeliana e internazionale. La Missione non trova nessuna ragione che giustifichi tale divieto di accesso. La presenza di giornalisti e osservatori di organizzazioni per la difesa dei diritti umani aiutano le ricerche e i resoconti pubblici della condotta delle parti durante il conflitto e la loro presenza può inibire comportamenti scorretti. La Missione trova che Israele, nelle sue azioni contro gli attivisti politici, le ONG e i media, ha cercato di ridurre il giudizio pubblico della sua condotta sia durante le operazioni militari a Gaza sia per le conseguenze che queste operazioni hanno avuto per la popolazione di Gaza, nel tentativo di evitare investigazioni e resoconti pubblici.
a. Responsabilità
22. Procedure portate avanti o che vengono portate avanti e risposte di Israele alle accuse di violazioni da parte delle forze di sicurezza contro palestinesi (Capitolo XXV)
117. Investigazioni e, se appropriati, processi di coloro sospetti di gravi violazioni sono un passo necessario se deve essere assicurato il rispetto per i diritti umani e il diritto umanitario e per evitare lo sviluppo di un clima di impunità. Gli stati hanno il dovere secondo il diritto internazionale di investigare accuse di violazioni.
118. La Missione ha preso in rassegna informazioni pubbliche e rapporti del governo israeliano circa azioni prese per sollevarsi dal suo obbligo di investigare presunte violazioni. Ha destinato a Israele una serie di domande su questa questione, ma senza ricevere risposta.
119. In risposta ad accuse di serie violazioni delle leggi sui diritti umani e del diritto internazionale umanitario, l’Avvocatura Generale Militare ha ordinato qualche investigazione criminale che è stata chiusa due settimane dopo concludendo che le accuse “si basavano su dicerie”. Le forze militari israeliane hanno anche pubblicato i risultati di cinque speciali indagini eseguite da ufficiali degli alti ranghi militari, concludendo che “per tutto il conflitto a Gaza, le FDI (Forze di Difesa Israeliane) hanno agito in conformità al diritto internazionale”, ma le investigazioni, secondo resoconti, hanno riportato un piccolo numero di errori. Il 30 Luglio 2009 i media hanno riportato che l’Avvocatura Generale Militare ha ordinato alla Polizia Militare di indire investigazioni penali di 14 casi su circa 100 accuse di condotte criminali da parte dei soldati. Nessun dettaglio è stato fornito.
120. La Missione ha visionato il sistema interno israeliano di indagine e procedimento in base alla sua legislazione nazionale e alla luce della pratica.
Il sistema comprende: a) procedure disciplinari b) interrogatori operativi c) indagini speciali, eseguite da un ufficiale superiore su richiesta del Capo di Stato Maggiore e d) investigazioni della Polizia Militare, portate avanti dal Divisione Investigativa Criminale della Polizia Militare. Al centro del sistema giacciono le cosiddette “indagini operative”. Queste sono revisioni di incidenti e operazioni condotte da soldati della stessa unità o linea di comando insieme ad un ufficiale superiore. Sono intese a servire propositi operativi.
121. Il diritto internazionale sui diritti umani e il diritto umanitario richiede agli stati di indagare e, se è il caso, perseguire accuse di serie violazioni da pare del personale militare. Il diritto internazionale ha anche stabilito che tali investigazioni devono conformarsi a parametri di imparzialità, indipendenza, prontezza ed efficacia. La Missione sostiene che il sistema israeliano di indagine non si conforma a tali principi. Per quanto riguarda le “indagini operative”, usate dalle forze armate israeliane come strumento di indagine, la Missione è del parere che uno strumento designato per la revisione dei comportamenti e per imparare lezioni può difficilmente essere uno strumento di indagine efficace ed imparziale che dovrebbe essere istituito dopo ogni azione militare dove vengono mosse accuse gravi di violazioni. Non si conforma ai principi internazionalmente riconosciuti di imparzialità e prontezza nelle indagini. Il fatto che indagini penali appropriate posso solamente iniziare dopo che le “indagini operative” sono finite è un difetto grave nel sistema israeliano di indagine.
122. La Missione conclude che ci sono seri dubbi circa la volontà di Israele di portare avanti investigazioni genuine in modo imparziale, indipendente, tempestivo ed efficace come richiesto dal diritto internazionale. La Missione è anche del parere che il sistema israeliano nel complesso presenta inerenti caratteristiche discriminatorie che rende il perseguimento delle vittime palestinesi molto difficile.
23. Procedure eseguite e che vengono eseguite dall’autorità Palestinese (Capitolo XXVI)
(a) Procedure relative alle azioni nella Striscia di Gaza
123. La Missione non ha trovato nessuna prova di alcun sistema pubblico di monitoraggio pubblico o assegnazione di responsabilità per gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e delle leggi sui diritti umani istituito dalle autorità di Gaza. La Missione è preoccupata della consistente mancanza di considerazione del diritto internazionale umanitario con cui i gruppi armati nella Striscia di Gaza hanno condotto le proprie attività armate, con razzi e mortai, diretti contro Israele. Nonostante qualche resoconto mediatico, la Missione è convinta che le autorità non abbiano preso alcuna iniziativa efficace e genuina per affrontare la questione seria delle violazioni del diritto internazionale umanitario nella condotta di attività armate da parte dei gruppi militanti nella Striscia di Gaza.
124. Nonostante dichiarazioni o qualsiasi azioni che le autorità di Gaza possano aver preso, e delle quali la Missione non è al corrente, la Missione considera anche che le accuse di uccisioni, tortura e maltrattamenti all’interno della Striscia di Gaza siano passate per la maggior parte senza indagini.
(b) Procedure relative ad azioni in Cisgiordania
125. Per quanto riguarda violazioni rilevanti identificate in Cisgiordania, con rare eccezioni, sembra che ci sia stato un grado di tolleranza verso le violazioni dei diritti umani degli oppositori politici, il che è risultato in una mancata attribuzione di responsabilità per tali azioni. Il Ministro degli Interni ha anche ignorato le decisioni dell’Alta Corte di rilasciare un numero di detenuti o di riaprire qualche associazione chiusa dall’amministrazione.
126. In tali circostanze, la Missione non può considerare come significative le azioni prese dall’Autorità Palestinese per una significativa attribuzione di responsabilità di coloro che hanno commesso serie violazioni del diritto internazionale e crede che la responsabilità inerente nell’autorità di proteggere i diritti delle persone, come assunto dall’Autorità Palestinese, devono essere rispettati con maggior impegno.
24. Giurisdizione universale
127. Nel contesto di crescente indisposizione da parte di Israele di aprire procedure penali conformemente ai parametri del diritto internazionale, la Missione supporta la fiducia sulla giurisdizione universale come via per gli Stati per indagare grandi violazioni delle clausole della Convenzione di Ginevra del 1949, impedire l’impunità e promuovere la perseguibilità a livello internazionale (Capitolo XXVII).
25. Riparazioni
128. Il diritto internazionale stabilisce anche che laddove si verifichi una violazione del diritto internazionale, ci sia anche un obbligo di riparazione. È parere della Missione che la presente struttura costituzionale e la legislazione in Israele lascia davvero poco spazio, se mai lo lascia, affinché i palestinesi possano chiedere compensazioni. È necessario che la comunità internazionale fornisca un meccanismo addizionale o alternativo di compensazione per i danni o le perdite inflitte ai civili palestinesi durante le operazioni militari (Capitolo XXIX).
E. Conclusioni e raccomandazioni
129. La Missione trae conclusioni generali sulla questioni indagate nel Capitolo XXIX, che include anche un sommario delle sue conclusioni legali.
130. La Missioni fa quindi una serie di raccomandazioni ad un certo numero di corpi delle Nazioni Unite.
Israele e le Autorità palestinesi responsabili e alla comunità internazionale nelle aree di: (a) Attribuzione di responsabilità per gravi violazioni del Diritto Umanitario Internazionale (b) Riparazioni (c) Gravi violazioni della legge sui diritti umani (d) Il blocco e la ricostruzione (e) L’utilizzo di armi e procedure militari (f) La protezione di difensori ed organizzazioni per i diritti umani (g) Seguito alle raccomandazioni della Missione. Le raccomandazioni sono esposte dettagliatamente nel Capitolo XXX.
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