November 24, 2024
Perfino il Corriere della Sera denuncia (31 dicembre articolo di Milena Gabbanelli) lo stato della crisi in cui versa il paese tra disoccupazione, perdita del potere i acquisto dei salari e delle pensioni, una disoccupazione a livelli sempre più preoccupanti. Basterebbe questo per dimostrare che i patti di stabilità e le politiche dettate dall’Unione Europea sono servite solo a trasferire il debito privato(delle banche) sui bilanci dello stato con tagli al welfare , ai salari, alla sanità e alla istruzione
Una fotografia ancora più impietosa scaturisce dall’ultimo Rapporto sulla Coesione Sociale del 2013 stilato da Inps, Istat e Ministero del Lavoro.
Meno di un anno fa la disoccupazione aveva superato il 10,7%, 4 punti in più solo rispetto al 2008. I dati del 2013 sono peggiori, basti ricordare che la perdita di lavoro e l’incremento della cassa integrazione colpisce tutti i territori, in particolare nel Sud ma senza lasciar fuori le aree industriali e del terziario.
Disoccupati sono soprattutto i giovani ma cresce il numero di chi pur con laurea e specializzazione non trova un nuovo impiego dopo avere perduto il vecchio.
La perdita di lavoro interessa il NOrd dove il lavoro c’era e dove ogni giorno chiudono i battenti imprese di piccola e media grandezza.
Colpisce anche il dato della disoccupazione degli immigrati ai quali per anni sono stati destinati i lavori più umili e sottopagati, senza diritti e tutele.
Fa rabbia vedere i dati degli sipendi che calano vistosamente con fortissime sperequazioni tra uomini e donne, autoctoni e migranti, nord e sud, dal 2008 ad oggi gli immigrati diminuiscono i salari di 18 euro, gli italiani li aumentano di 4, mentre le tassazioni sono raddoppiate e molti servizi fino a pochi anni fa semigratuiti a pagamento.
Per anni i contributi previdenziali sono stati ridotti, immaginiamoci gli scenari tra 20 anni quando andranno in pensione i precari che loro malgrado hanno pochi e insufficienti versamente previdenziali. La conseguenza del precariato si riverserà sulla previdenza di domani e soprattutto sul welfare perchè in presenza di pensioni da fame lo stato sociale sarà il solo ammortizzatore per non piombare nella miseria assoluta. Proprio per questa ragione da anni stanno demolendo il welfare, per impoverirlo a tal punto che un domani non ci saranno soldi e prestazioni da erogare.
Un atteggiamento criminale quello dei colossi finanziari e della politica responsabile di avere regalato enormi capitali alla speculazione e alle privatizazioni.Un dato per tutti: lo stato spenderebbe gli stessi soldi per assumere i custodi per le scuole ma questi soldi li regala alle aziende private che a loro volta assumono con contratti precari a 500\700 euro al mese /e un domani avremo assegni previdenziali da fame).
Quasi un pensionato su due (46,3%) ha un reddito da pensione inferiore a mille euro, il 38,6% ne percepisce uno fra mille e duemila euro, solo il 15,1% dei pensionati ha un reddito superiore a duemila euro. Dal 2010 al 2012 il numero di pensionati diminuisce mediamente dello 0,68%, mentre l’importo annuo medio aumenta del 5,4%. Al 31 dicembre 2012 i pensionati sono 16 milioni 594mila; di questi, il 75% percepisce solo pensioni di tipo Invalidità, Vecchiaia e Superstiti (Ivs), il restante 25% riceve pensioni di tipo indennitario e assistenziale, eventualmente cumulate con pensioni Ivs.
E che dire della poverta? Citiamo testualmente
Nel 2012 si trovava in condizione di povertà relativa il 12,7% delle famiglie residenti in Italia (+1,6 punti percentuali sul 2011) e il 15,8% degli individui (+2,2 punti): sono i valori massimi dagli inizi della serie storica, del 1997. La povertà assoluta colpisce invece il 6,8% delle famiglie e l’8% degli individui. I poveri in senso assoluto sono raddoppiati dal 2005 e triplicati nelle regioni del Nord (dal 2,5% al 6,4%).
Nel corso degli anni, la condizione d povertà è peggiorata per le famiglie numerose, con figli, soprattutto se minori, residenti nel Mezzogiorno e per le famiglie con membri aggregati, in cui convivono più generazioni. Fra queste ultime una famiglia su tre è relativamente povera e una su cinque lo è in senso assoluto. Un minore ogni cinque vive in una famiglia in condizione di povertà relativa e uno ogni dieci in una famiglia in condizione di povertà assoluta, quest’ultimo valore è più che raddoppiato dal 2005. Segni di miglioramento si registrano invece per la condizione di povertà relativa fra gli anziani.
Se gli stipendi sono bloccati, in un solo anno abbiamo perso più di 70 mila posti per non parlare poi di un paese sempre più ignorante con dimostrano gli abbandoni scolastici, la riduzione delle immatricolazioni all’unversità, la chiusura di tante biblioteche e la crisi irreversibile della piccola editoria e delle librerie indipendenti.
Alla luce di queste considerazioni che scaturiscono da dati ufficiali , siamo certi che le politiche intraprese con i patti di stabilità , i tagli e le privatizzazioni siano le ricette vincenti?
Noi pensiamo di no
Confederazione Cobas Pisa
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