Un torto subito da un lavoratore è un torto fatto a tutti (IWW)

Benessere organizzativo o assuefazione del dipendente ai programmi di mandato del Sindaco?

Postato il 21 Gennaio 2014 | in Lavoro Pubblico, Sindacato | da

Numerosi Enti hanno sviluppato sull’ argomento ricerche e hanno prodotto una letteratura vasta e di derivazione anglosassone con tomi di centinaia di pagine. Ma perchè l’Amministrazione Comunale e in primis l’Assessora Chiofalo parlano tanto di benessere organizzativo mentre le motivazioni del personale sono ai minimi storici ? Non era necessario chiedersi prima di tutto le ragioni?

Proviamo a fissare alcuni elementi preliminari sul tema dai quali sviluppare altre considerazioni:

Tra le fonti normative ne ho trovata una che farebbe al caso nostro, la riporto testualmente:

Dichiarazione Ministeriale di Londra del 1999, in cui si sostiene – nel documento che prelude – che le buone prassi nella gestione della salute, dell’ambiente e della sicurezza si propongono principalmente di: 1) Assicurare un ambiente di lavoro sano e sicuro; 2) Assicurare l’equilibrio ottimale tra interessi diversi dell’organizzazione, da un lato, e le capacità di lavoro e la salute di tutto il personale e delle relative famiglie, dall’altro; e 3) Fornire servizi sani e sicuri dal punto di vista ambientale.

  1. Da un po’ di tempo si parla di benessere organizzativo per preparare la forza lavoro ai processi di cambiamento, non per migliorare le condizioni di vita e di lavoro. Non è casuale leggere ricerche sulla intelligenza emotiva e sui suoi benefici effetti sulla performance, che però presuppongono una visione globale in cui il risultato operativo del dipendente è legato al suo agire nella società. Nel mondo anglosassone ci sono esperti che hanno studiato metodologie innovative e percorsi di studio\didattica per favorire la performance e favorire i processi di cambiamento. La grande attenzione al B.O non può essere solo funzionale ai cambiamenti che il Comune di Pisa vuole portare nella macchina organizzativa e soprattutto al modo di pensare e di agire dei suoi dipendenti, se non si affronta a priori sia i metodi con cui si coinvolgono i dipendenti sia le condizioni di vita in cui gli stessi vedono negarsi o non riconoscersi diritti
  2. Per cui più che di BO dovremmo parlare di processi formativi che forniscano certezze sul futuro, a partire dal modello di gestione diretta dei servizi pubblici, per cui non prima di avere compreso quale sarà il futuro del nostro Ente, quale comune avremo nei prossimi anni , quali servizi saranno considerati centrali e quali invece destinati a processi di privatizzazione già delineati nell’ultimo Bilancio. Proprio per questo motivo nutriamo dubbi sulla oggettività della dicitura del benessere organizzativo, quando non si riesce a porre termini a processi che fanno sentire inutili e non partecipi dell’ erogazione di un servizio pubblico, privando il lavoratore almeno della soddisfazione “morale” di aver contribuito, percependolo e sentendosi attore, alla sua creazione\ erogazione. Ecco perché l’ iniziativa appare piuttosto una operazione culturale mirante a plasmare il modo di pensare del dipendente pubblico, rendendolo debole e individuale, non solo di fronte al martellamento minaccioso della “performance imposta”, per l’impossibilità di relazionarsi in forma collettiva con i colleghi e con gli utenti del servizio che contribuisce ad erogare.
  3. Bo significa anche lavorare in sicurezza, in ambienti non ostili, in luoghi dove si riesca a tenere a bada il microclima, dove i rapporti con i superiori gerarchici siano ben diversi da quelli che registriamo in alcune direzioni dove lo stretto rapporto tra dirigenti\Po e politica significa correre su una corsia preferenziale Sarebbe interessante confrontare i giudizi dei dirigenti e P.O. con quelli espressi, in forma riservata, dal personale assegnato a tali strutture, almeno su alcuni aspetti organizzativi, di formazione, conoscenza, motivazione. Il benessero organizzativo si può costruire anche dal basso, ascoltando prima di tutto chi opera, e non secondo modelli teorici avulsi dal contesto.

Ci chiediamo come sia possibile raggiungere questi obiettivi in un Ente che da anni attende di definire un assetto organizzativo soddisfacente. Un Comune dove i percorsi formativi sono spesso e volentieri carenti, deve partire da questioni concrete, avere l’ esatta percezione di quanto “malessere e demotivazione” hanno prodotto politiche nazionali e locali in materia di lavoro pubblico e di gestione dei servizi. Se non viene fatto prima tutto questo la discussione sul benessere organizzativo si riduce ad una grande operazione ideologica, ad un dibattito avulso dalla realtà, magari per finalità mediatico-comunicative visto che l’ argomento, nella sua esteriorità nominale, va molto di moda.

L’efficienza, l’efficacia e l’economicità sono i principi fondativi che orientano l’agire pubblico. Assegnamo a questo concetto un valore assiomatico e proviamo a ragionarne insieme?

Servizi in economia sono quelli erogati oggi direttamente dal Comune di Pisa, ma l’economia “ di spesa” viene costruita sul sostanziale blocco della contrattazione nazionale e decentrata, ma anche attraverso progetti che tagliano fuori più della metà del personale.

Per essere efficiente un servizio deve avere innanzitutto organici adeguati e una organizzazione del personale e dei servizi in grado di raggiungere gli obiettivi programmati. Questo presuppone fin dalla fase iniziale del PEG processi di formazione e aggiornamento continui, che accrescano le competenze del singolo dipendente, permettendogli di avere esatta conoscenza di tutti i processi e delle singole fasi di lavoro, al fine mettere in pratica la propria capacità operativa. Tutto ciò accade al Comune di Pisa? Manco per sogno, chiunque può girare per gli uffici e i servizi e toccare con mano una realtà diametralmente opposta a quella che sta alla base del benessere organizzativo. Come può essere motivato il personale da vertici dirigenziali, che accettano supinamente gli obiettivi di PEG, non definiscono compiutamente i Piani degli obiettivi, e poi con un organizzazione del lavoro del “giorno per giorno” pretendono di motivare le risorse umane loro assegnate solo in funzione, e sotto la pressione minacciosa, della valutazione della perfomance individuale?

E’ dei giorni scorsi la proposta di Renzi di abolire i dirigenti a tempo indeterminato nella Pa, sostituirli con personale a tempo determinato e\o a progetto per rispondere direttamente al Sindaco! Della serie, se vuoi essere confermato devi muoverti per raggiungere gli obiettivi di mandato del Primo cittadino, in caso contrario vai a casa. E’ questo sinonimo di efficienza ed economicità o ricattabilità? E dov’ è la tanto decantata trasparenza della Pubblica amministrazione?E quale benessere organizzativo si pensa produca il Codice di Comportamento aziendale che incentiva la “delazione” interna, penalizzano oltremodo l’ accettazione di oggetti di modico valore, ma che non si preoccupano di mettere in atto sistemi di protezione in funzione anticorruzione derivanti dall’ insusisstenza dell’ autonomia dirigenziale rispetto a certi indirizzi e modi di operare della politica?

In questi anni negli enti locali sono aumentate le Posizioni organizzative e i fondi destinati alle responsabilità a discapito di una distribuzione equa del salario accessorio (al resto ci ha pensato la performance) . Non è con questi metodi che si costruisce il benessere organizzativo, che si forniscono certezze e tranquillità sul futuro in un ambiente di lavoro in cui le persone sentono di non poter avere certezze e realizzarsi anche socialmente.

L’obiettivo del BO è apparentemente creare strutture non gerarchiche, tuttavia costringe il personale ad assumersi sempre maggiori responsabilità senza alcuna contropartita economica, a caricarsi sulle spalle l’aumento dei carichi di lavoro. Anche questo vuol dire risparmio, un risparmio costruito però sulla pelle di chi lavora vendendo l’immagine di strutture innovative e orizzontali, ma che lasciano inalterate le strutture di vertice dirigenziale, come elementi immodificabili, che fanno pensare che attraverso queste si esercitano poteri. (l’esatto contrario di quanto accade nei Comuni con i Sindaci che hanno un potere analogo ai podestà del Fascismo)

Siamo concordi nel ritenere che il fattore umano acquisti un’importanza fondamentale quale leva cruciale per il successo dell’organizzazione e il buon funzionamento dei suoi elementi strutturali, sia in base ad una prospettiva sociale, sia individuale.

Ma il fattore umano deve essere formato, informato, responsabilizzato, pagato, contrattualizzato e in numero adeguato alle necessità. E’ ciò che accade nella Pubblica amministrazione? No!! Lo ripeto vorremmo esprimerli noi i giudizi sulla performance organizzativa dei Dirigenti, per dimostrare le incongruenze gestionali che non coinvolgono ne motivano chi realmente opera.

Ma vediamo infine altri luoghi comuni sul benessere organizzativo:

  • L’ascolto: strumento per la raccolta delle esigenze e delle proposte dell’utente interno, per favorirne la partecipazione alle scelte e alle politiche dell’amministrazione. Da anni diciamo che ogni singolo dipendente dovrebbe avere la forza di proporre progetti incentivanti ma alla fine chi presenta i progetti sono sempre e solo gli stessi dirigenti in base ai programmi del sindaco. Dov’è allora l’ascolto?;
  • La comunicazione: strumento che incide sulla capacità di circolazione e condivisione delle informazioni all’interno dell’organizzazione· Nel nostro Ente perfino la comunicazione sul web è resa ardua, le comunicazioni sono in realtà imposizioni, ordini di servizio o notizie che non incidono sulla organizzazione del servizio;
  • La comunicazione interpersonale e la gestione dei conflitti per prevenire e gestire le eventuali situazioni relazionali critiche.

Il ricorso sulla performance si scontra con l’assenza di una figura superpartes (l’OIv non dovrebbe avere anche questo ruolo ???) ragion per cui il singolo dipendente è abbandonato a sè stesso in balia del dirigente \po. La comunicazione dovrebbe far parte di una quotidianità che non esiste in gran parte dell’Ente, del resto le attuali organizzazioni sono concepite solo per piazzare nei posti nevralgici alcuni dirigenti. Una direzione con 150 dipendenti e una con 10 non rappresentano una nonsense? E i conflitti tra dirigenti e assessori chi va a gestirli e prevenirli? di certo non il sindaco e il segretario generale?

Per concludere:

Il benessere organizzativo serve a vendere una immagine falsa del Comune, a costruire nell’immaginario collettivo l’accettazione di processi organizzativi alla base dei quali ci sono riduzione degli organici, diminuzione del salario, divisione dei dipendenti.

L’ obiettivo è sempre lo stesso. Rendere i lavoratori/lavoratrici individualmente deboli di fronte alla controparte datoriale, che così avrà l’opportunità e il potere di farli sentire responsabili delle disfunzioni che si verificano nella gestione dei servizi e alimentare e giustificare i processi di privatizzazione/esternalizzazione.

Disfunzioni che invece hanno origine e conseguenza sia nella continua incertezza di indirizzi, ma anche nella improvvisazione organizzativa di dirigenti e assessori che mirano a liberarsi degli operatori ed esecutori, perché è più facile controllare il rispetto di un contratto di global service anziché organizzare servizi e le persone che vi operano (visto che nessuno va a controllare il global e i suoi costi effettivi tra spese ordinarie e straordinarie).

E allora si torna a quel Comune leggero che la politica da tempo al Comune di Pisa cerca di realizzare…per cui non ci raccontate balle con le vostre operazioni di immagine.!!!

Cobas Pubblico Impiego

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