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Israele, uno Stato di rapina a mano armata

Postato il 6 Settembre 2014 | in Mondo, Scenari Politico-Sociali | da

Israele, uno Stato di rapina a mano armata

Il regime israeliano si basa sull’appropriazione di terre e sul foraggiare l’apparato che mette al sicuro la refurtiva – l’esercito, nel gergo locale.

di Amira Hass, 2 settembre 2014
Haaretz

La cosa sorprendente è che ci sia ancora qualcuno che fa finta di sorprendersi venendo a sapere di un altro fatto compiuto di rapina a mano armata, noto in termini burocratici come dichiarare proprietà dello Stato un lembo di terra. Sembrano stupiti che il ministero della Difesa sia diventato una priorità quando si è arrivati al bilancio dello Stato, e che l’educazione abbia sofferto il più grande taglio di spesa del governo.

Il nostro regime si fonda su tre punti: rubare la terra ed espellere quelli che ci vivono; destinare risorse all’apparato di guardie del corpo – l’esercito, nel gergo locale – che garantisce la conservazione del bottino; e distruggere il sistema di welfare cancellando il principio di solidarietà collettiva.

Se non avesse questi tre principi fondamentali, non sarebbe il nostro regime. Ma prendere in considerazione i dettagli, lo stupore ad hoc, la sorpresa per questo fatto specifico, ci fa dimenticare il quadro complessivo. Ci fa dimenticare che questo è un regime.

Se in giugno tre ragazzi israeliani non fossero stati rapiti a Gush Etzion ed uccisi, i nostri ladri armati avrebbero trovato un altro pretesto per costruire un altro insediamento più grande e, in questo modo, creare altre enclave, gabbie a cielo aperto (un ulteriore principio fondamentale del nostro regime) per i membri dell’altra nazione. Se la guerra di Gaza non avesse avuto luogo, le guardie del corpo avrebbero trovato altri modi per persuadere il governo che i loro forzieri dovessero essere riempiti. Anche senza la necessità di riempire i forzieri del sistema di sicurezza dopo un’operazione militare, l’attuale governo israeliano avrebbe comunque evitato di salvaguardare i principi di uguaglianza socioeconomica.

In un mondo ideale e razionale, tutti quelli che sono stati colpiti dal regime avrebbero unito le proprie forze e chiesto tutti insieme un cambiamento. In un mondo ancora più ideale e razionale, avrebbero provocato questo cambiamento. Ma nel mondo reale, l’onere di provocare questo cambiamento spetta ai palestinesi.

Nel frattempo possiamo dimenticarci dei cittadini ebrei di Israele (tranne un pugno di militanti di sinistra). Noi, gli ebrei, beneficiamo del regime, anche quando la sua religione è di aumentare il benessere di pochi, mentre la maggioranza naufraga nella lotta per rimanere a galla. Lo stato del benessere per i soli cittadini ebraici è vivo e disponibile in quello che i coloni chiamano Giudea e Samaria, il cui acronimo in ebraico è Yosh.

Yosh incarna la possibilità di realizzare il sogno di un miglioramento socioeconomico individuale per tutti gli ebrei di Israele, i quali soffrono collettivamente le conseguenze di politiche contrarie allo stato sociale. Fai i bagagli e spostati di pochi chilometri nelle colonie o in piccole comunità della Galilea, e la tendenza a tagliare i servizi sociali si inverte.

La chiara coscienza che c’è un modo veloce di soddisfare il legittimo desiderio di migliorare il proprio livello di vita fa scomparire la forza collettiva di protestare da parte degli ebrei. E’ esattamente così che si è creata un’alleanza tra Yesh Atid [il secondo partito politico israeliano, di tendenza laica e centrista. N.d.Tr.], che ha tratto la sua forza dalle proteste che sono iniziate a proposito del prezzo del formaggio di fattoria, e Habayit Hayehudi [partito sionista dell’estrema destra religiosa], che propaganda il sogno di una fattoria in Cisgiordania. Aggiungiamo a ciò il terzo principio fondamentale e scopriamo come ogni cosa è fusa insieme come cemento armato: le guardie del corpo di oggi sono i futuri manager di compagnie internazionali, produttori ed esportatori di armi, istruttori degli eserciti di dittatori miliardari. La temporanea missione per proteggere il bottino del furto (la sicurezza, nel gergo locale), garantisce la prosperità di ogni membro di questa influente corporazione. Il desiderio di unirsi ad essa, insieme alla possibilità di farlo, contribuisce a neutralizzare il danno causato dalle politiche del nostro regime contro lo stato sociale.

I palestinesi sono l’unico gruppo del paese (dal mare al fiume) ad essere danneggiato dai tre principi fondamentali del regime e che cerca di lottare per un cambiamento (anche per gli interessi degli ebrei a lungo termine). Noi di solito riduciamo in pezzi questa lotta , che poi condanniamo e reprimiamo: lancio di pietre, terrorismo, manifestazioni, scontri, agitazioni, lancio di razzi Qassam, tunnel offensivi, l’ONU, razzi, rivolte dei civili, infiltrazioni, BDS, costruzione di edifici senza permesso.

Per la corporazione della sicurezza, tutto è ugualmente pericoloso, e a ragione. La discussione sui dettagli – l’ efficacia, il valore e l’ eticità dei mezzi utilizzati nella lotta – non ci devono spingere a perdere di vista il quadro generale. I palestinesi si stanno difendendo contro lo Stato della rapina a mano armata.

(traduzione di Amedeo Rossi)

tratto da: http://www.haaretz.com/opinion/.premium-1.613551

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