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Bombe sunnite sullo Yemen, il target è l’Iran – Attaccare in Yemen per ammonire l’Iran

Postato il 31 Marzo 2015 | in Mondo, Scenari Politico-Sociali | da

In Medio Oriente si è aperto un’altro focolaio di guerra all’interno del paese più povero dell’intero mondo arabo, la cui interpretazione va ricercata al di là dell’immagine di facciata di uno scontro interno fra sunniti, al governo dopo la cacciata di Saleh nel 2011, e sciiti che reclamano maggiore presenza a livello istituzionale e riforme socio-economiche.
Le chiavi di lettura vanno individuate soprattutto nello scontro per la suprenazia regionale fra Arabia Saudita e Iran, fra paesi filo Nato e quelli invisi all’Occidente che in maniera crescente gravitano nell’orbita sino-russa e nel controllo delle rotte marittime del petrolio.
Il tutto avviene in un paese in cui una rilevanete porzione di territorio è sotto il controllo diretto di Al Qaeda. La domanda che sorge spontanea al comune cittadino è perchè la coalizione messa in piedi in tutta fretta dall’Arabia Saudita, sotto la supervisione di Washington, si è precipitata a bombardare gli sciiti yemeniti mentre si lascia indisturbata al Qaeda, nemico acerrimo dell’Occidente e delle ‘corrotte’ petromonarchie del Golfo?
Buona riflessione
Andrea Vento

Bombe sunnite sullo Yemen, il target è l’Iran

di Chiara Cruciati

yemenPio­vono bombe sau­dite sullo Yemen: nella notte tra mer­co­ledì e gio­vedì Riyadh ha annun­ciato l’inizio dell’operazione Tem­pe­sta Deci­siva. Le vit­time civili a Sana’a, secondo il Mini­stero della Salute yeme­nita, sono almeno 25, di cui 6 bam­bini. In campo sono scese le monar­chie del Golfo, i regimi sun­niti, per sof­fo­care la ribel­lione della mino­ranza sciita Hou­thi. I primi raid, lan­ciati a poche ore dall’occupazione Hou­thi di una parte di Aden e la fuga del pre­si­dente Hadi, hanno smen­tito le dichia­ra­zioni di Washing­ton e Riyadh che (men­tre i carri armati sau­diti veni­vano dispie­gati al con­fine) par­la­vano ancora di «azione difensiva».

Sono 100 i jet da guerra e 150mila sol­dati che l’Arabia Sau­dita ha messo a dispo­si­zione del fronte anti-Houthi. O meglio, di quello anti-Iran. Per­ché in gioco non c’è la sta­bi­lità del paese più povero del Medio Oriente o le richie­ste della mino­ranza sciita: in gioco c’è il con­trollo di una zona stra­te­gica per il tran­sito del greg­gio delle petro­mo­nar­chie verso l’Europa, attra­verso lo stretto di Bab al-Mandeb (una media di 3,4 milioni di barili al giorno). Imme­diata è stata la rea­zione dei mer­cati finan­ziari: il prezzo del petro­lio è aumen­tato del 4%, schiz­zando sopra i 58 dol­lari al barile, e le borse euro­pee hanno chiuso in nega­tivo, tra­sci­nate dal segno meno di Wall Street.

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