December 27, 2024
Solo il Governo ormai, seppure in forma mediaticamente sempre più sfumata, difende con imbarazzo il processo messo in atto, perché fra leggi contrastanti per finalità, circolari che cercano di riscrivere le leggi, e circolari successive che interpretano quelle precedenti, il caos regna incontrastato.
Per avere conferma basta guardare il comportamento, ai limiti del complice ostruzionismo, di molte Regioni nel legiferare in materia, che fra l’ altro ha coinciso con una sostanziale inerzia e impreparazione del Dipartimento della Funzione Pubblica nell’allestire l’indagine sui posti disponibili nelle PA e nell’elaborare ed approvare il decreto indispensabile per dare il via alla mobilità. Così la prima scadenza è trascorsa, quella del 31 Marzo 2015, e quasi nessuna provincia a quella data aveva predisposto e pubblicato l’elenco nominativo del personale in sovrannumero interessato ai processi di mobilità.
Ovviamente tutto questo rende impossibile un efficace processo in termine di incontro di domanda-offerta di ricollocazione, situazione resa ancor più caotica dallo schema di Decreto relativo alle tabelle di equiparazione tra le posizioni di inquadramento del personale dei diversi comparti pubblici. Si ha infatti l’ impressione che questo provvedimento sia rivolto in special modo ad affermare in via definitiva, non solo l’ instabilità della sede di lavoro del personale delle P.A., ma anche un utilizzo della mobilità spesso coattiva, in funzione di effettuare operazioni al ribasso in termini di costo del lavoro, a partire dalla riduzione delle quote di salario variabile.
E l’utilizzo della mobilità per rendere precario il posto di lavoro e la stessa retribuzione sono solo le prime anticipazioni del decreto di Controriforma della Pubblica amministrazione
In sostanza si sta andando oltre quelli che erano i pessimi contenuti della legge “Delrio”, in termini di contrazione degli spazi di democrazia con la negazione del diritto di voto dei cittadini, per effetto di una legge di stabilità che ha alterato quel minimo rapporto di coerenza e proporzionalità contenuto nella legge n. 56/2014 tra le funzioni provinciali non fondamentali da trasferire ad altri enti (regioni, comuni e loro forme associate) e le risorse economiche, finanziarie, patrimoniali e di personale necessari a gestirle.
Infatti il trasferimento di tali funzioni dalle Province alle Regioni e agli enti locali destinatari di esse, avrebbe dovuto comportare per il personale solo assestamenti di tipo organizzativo, senza incidere sui contenuti professionali, in termini di mansioni e competenze (il riferimento era quello delle funzioni già svolte a livello provinciale).
In tal modo il principio che “il personale segue la funzione” avrebbe dovuto realizzare le pur minime garanzie contenute nella Legge n. 56/2014 in ordine alla posizione giuridica ed economica, con riferimento alle voci del trattamento economico fondamentale e accessorio in godimento all’atto del trasferimento, nonché all’anzianità di servizio maturata.
Infatti la legge di riordino prevedeva espressamente che gli enti destinatari non avrebbero dovuto assumersi alcuna spesa in conseguenza dell’ acquisizione delle nuove funzioni e del personale già impiegato in esse dalle province, intendendo in tal modo che i costi inerenti le medesime funzioni ed il maggior numero di dipendenti sarebbero stati finanziati integralmente dalle province stesse con il trasferimento di equivalenti risorse.
Purtroppo la legge di stabilità ha imposto alle Province tagli di entità tale da impedire, con specifici vincoli di bilancio, l’ attuazione della Legge Delrio. Con la Legge di stabilità, le province non sono in grado di trasferire le risorse agli enti destinatari del personale e delle funzioni non fondamentali fino ad oggi a carico delle stesse Province. Ci chiediamo allora come sarà possibile svolgere funzioni senza soldi, non essendo possibile ricorrere alle disponibilità di cassa di Regioni ed Enti Locali per i vincoli imposti dal governo centrale, a partire da quelle dei fondi svuotati da oltre un quinquennio di mancati rinnovi dei CCNL?
Gli enti locali destinatari delle funzioni sono a loro volta per certi aspetti le vittime dei tagli della legge di stabilità (n. 190/2014) imposti dal governo, ma per altri responsabili di aver accettato e assecondato la distruzione progressiva dei servizi pubblici e dei diritti sociali in quanto si sono resi disponibili a supplire ai minori trasferimenti con un aumento di tasse e imposte locali.
In sostanza sono venute meno di fatto le garanzie individuali previste dalla legge n. 56/2014 in termini di trattamento economico fondamentale e accessorio, in godimento all’atto del trasferimento.
Infatti un processo così strutturato implicherebbe come conseguenza diretta una costituzione pressoché immediata dello specifico fondo per il miglioramento dei servizi e la produttività a livello regionale, che anche se destinato esclusivamente al personale trasferito, di fatto determina ora o nell’immediato futuro, una equiparazione in termini di salario accessorio variabile, non dipendente da condizioni di lavoro. In questa situazione chiunque capisce che verrà meno ogni trattamento di miglior favore derivante dai contratti decentrati se vigenti nelle singole province all’ atto del trasferimento.
Questo comportamento applicativo inoltre diventa propedeutico ad una modifica degli assetti organizzativi, perché una volta venute meno per effetto della legge di stabilità le garanzie della legge di riordino non vi è certezza che il personale trasferito venga reimpiegato nelle stesse funzioni da parte dell’ ente destinatario. Infatti anche un utilizzo conforme ai contenuti del profilo professionale, una volta mutati gli assetti organizzativi, può determinare per mansioni e competenze attribuite condizioni diverse sotto il profilo del salario variabile facendo cadere anche quelle minime garanzie soggettive contenute nella legge Delrio.
L’ aspetto molto grave è che come in queste circostanze il sindacato confederale, nel sottoscrivere il 19 Novembre 2013 un improvvido protocollo di intesa con il Governo non si sia accorto di nulla. Protocollo che nonostante ci fosse scritto che con esso si intendeva “..governare il cambiamento..garantire la funzionalità degli Enti e dei servizi, in particolare quelli connessi al welfare…valorizzare il lavoro, le lavoratrici ed i lavoratori..” si è rivelato sostanzialmente inutile, nonostante che anche prima e dopo l’ approvazione della legge n 56/2014 fossero state denunciate le enormi contraddizioni in esso presenti. Peraltro anche in sedi regionali sono stati sottoscritti analoghi protocolli senza che i sindacati confederali si siano posti, o resi conto, di cosa stava accadendo preoccupati di assicurarsi solo spazi di potere e rappresentatività ma disinteressandosi, come i loro livelli nazionali, degli effetti della legge di stabilità.
E allora è chiaro che sono tutti caduti dall’ albero, Anci, Upi, Conferenza delle Regioni,e sindacati confederali cgil, cisl, uil , quando la stessa Funzione Pubblica ha ammesso che per effetto della legge di stabilità “La riduzione della spesa corrente, disposta per effetto dei commi 418 e 419 della legge 190/2014, determina che, per gli enti di area vasta, la mobilità del personale dipendente degli stessi enti non comporta trasferimento di risorse finanziarie”.
Ma ai tavoli che ci stanno a fare questi soggetti “novelle tre scimmiette” che non vedono, non sentono e non parlano?
Un dato è certo le drammatiche incertezze di tante persone che nelle province operano, per colposa ignavia di questi soggetti, si sono ulteriormente complicate!
In sostanza le scelte governative hanno addossato, nell’ indifferenza e nel disinteresse di regioni, province, comuni e sindacati confederali, agli enti destinatari gli oneri relativi tutti i costi della gestione delle funzioni provinciali.
E non saranno certo le tabelle di equiparazione a garantire al personale trasferito dalle Province il trattamento salariale accessorio legato alle condizioni professionali e di lavoro.
E soprattutto non ci sono garanzie che le amministrazioni pubbliche, che accettino dipendenti provinciali in mobilità senza essere destinatarie delle funzioni provinciali, si vedano riconosciuti oltre gli allentamenti dei vincoli di bilancio anche le risorse per garantire lo stesso salario variabile.
Il Decreto che conterrà tali tabelle verrà infatti emanato per favorire i processi di mobilità fra i comparti delle pubbliche amministrazioni, per cui per incentivare un uso, da parte dei “padroni pubblici”, del personale secondo condizioni di flessibilità, determinando così incertezza in ordine alle sedi di lavoro ma anche al salario accessorio, visto che sicuramente sarà disponibile solo per chi si piegherà a certi “ricatti”.
E’ innegabile perciò che il riordino istituzionale conseguente alla legge n. 56/2014 si inserisce in quell’ attacco sistematico alle tutele, che gradualmente e in maniera preordinata, è stato portato avanti per neutralizzare, a partire dal pubblico impiego, ogni diritto e beneficio derivante dalla contrattazione collettiva, e di cui i decreti attuativi del “Jobs act” rappresentano il punto di arrivo della controffensiva datoriale.
Si resta perciò senza parole di fronte al comportamento di Regioni, Anci, Upi e Cgil, Cisl,Uil, che solo a cose fatte, quando il disordine era ormai grande, si sono accorti che il sistema di trasferimento e finanziamento delle funzioni aveva di fatto cancellato quel minimo sistema di garanzia occupazionale e reddituale immaginato dalla legge Delrio.
Di questi accordi e relazioni sindacali il personale provinciale oggi ne vede i risultati sulla propria pelle. Ecco perché non possono e non devono più fidarsi di chi aveva detto “ state sereni”!
COBAS PUBBLICO IMPIEGO
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