November 27, 2024
La Cassa Depositi e Prestiti raccoglieva, nell’Italia unita, il risparmio postale e lo prestava a tenue interesse agli enti locali per gli investimenti infrastrutturali. Con la riforma – artifex Bassanini – la Cassa è stata “privatizzata”: sono entrate le Fondazioni bancarie (detengono poco più del 18% del capitale), le quali hanno però preteso che gl’investimenti della Cassa, ancorché strategici, fossero fruttiferi (e il dividendo atteso non era banale). Ciò ha reso la Cassa più simile ad una Banca d’investimento, orientata a sorreggere imprese già “produttive”. È vero però che, così facendo, la Cassa ha evitato d’imbarcarsi in salvataggi difficili e rischiosi (vedi Ilva). Ora il governo vorrebbe di nuovo cambiarne la natura e renderla più flessibile, impegnandola in salvataggi temporanei, giusto il tempo di rimettere in sesto le industrie. Come fanno in America. Ma le fondazioni temono una nuova Iri, e nicchiano. In tutto questo, i Comuni e le Regioni potrebbero chiedere, sommessamente, che la Cassa tornasse alla funzione originaria, cioè di sostegno alle “infrastrutture dei beni comuni” (acquedotti, reti telematiche, ecc.)? In fondo, se ha funzionato ai tempi di Giolitti (che era un liberale)…
Roberto Balzani
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