November 27, 2024
Una settimana fa, al Salone aerospaziale di Le Bourget a Parigi, la Direzione armamenti aeronautici del Ministero Difesa ha firmato un contratto con la canadese Cae per la realizzazione ad Amendola (Foggia) della prima scuola di volo europea di droni militari Predator (Predatori) della statunitense General Atomics. Un precedente contratto prevedeva la fornitura di un simulatore di volo solo per il modello MQ-1 Predator, mentre il nuovo permette di addestrare i telepiloti anche per il Predator B/MQ-9 Reaper, ambedue in dotazione all’aeronautica italiana.
Si avvera così il sogno di Roberta Pinotti che aveva annunciato il progetto al «Convegno sul futuro del dominio aerospaziale nazionale ed europeo» (Firenze, 24 ottobre 2014). Progetto sostenuto dal Pentagono, nelle cui scuole si sono addestrati finora i telepiloti europei dei Predatori: poiché deve oggi formare più telepiloti di droni che piloti di cacciabombardieri, il Pentagono ha bisogno di altri centri di addestramento in ambito Nato. L’aeronautica italiana e quelle di altri paesi Ue appartenenti alla Nato disporranno quindi, entro il 2016, della scuola di Amendola.
Qui i telepiloti europei saranno addestrati a missioni sia di ricognizione e individuazione obiettivi, tipo quelle effettuate finora dai Predatori usati dall’aeronautica italiana, sia di attacco con gli MQ-9 Reaper, tipo quelle effettuate dal Pentagono e dalla Cia in Afghanistan, Pakistan, Iraq, Yemen, Somalia e altri paesi. Il Reaper (Mietitore, ovviamente di vite umane), lungo oltre 10 m e con un’apertura alare di 20 m, può essere armato di 14 missili AGM-114 Hellfire (Fuoco dell’inferno), oltre che con due bombe a guida laser GBU-12 Paveway II o GBU-38 JDAM a guida satellitare. I telepiloti, seduti davanti agli schermi della consolle a migliaia di km di distanza, una volta individuato il «bersaglio» tramite i sensori elettro-ottici e altri del drone, comandano con il joystick il lancio dei missili e delle bombe.
È il nuovo modo di fare la guerra, presentato come «chirurgico». I «danni collaterali» sono però frequenti: per colpire un presunto terrorista, i droni killer distruggono spesso una intera casa uccidendo donne e bambini, oppure il telepilota scambia un gruppo di persone a un matrimonio per un pericoloso gruppo di armati e lancia il «Fuoco dell’inferno» a testata termobarica o a frammentazione, oppure lo lancia perché è sotto stress per i faticosi turni alla consolle.
A tutto questo contribuirà la scuola europea di droni militari, la cui collocazione in Italia non è casuale. L’Italia è stata la prima nella Ue ad acquistare i Predatori statunitensi e a usarli nelle «missioni» internazionali (Afghanistan, Iraq, Libia, Corno d’Africa), la prima che ha consentito ai droni militari di operare nello spazio aereo nazionale mettendo a rischio i voli civili. Da Sigonella operano da anni i droni Global Hawk (Falchi globali), e anche Predatori armati, della U.S. Navy. Nella stessa base entrerà in funzione dal 2016 il sistema Ags della Nato che, con Global Hawk, sorveglierà una vasta area, dall’Africa al Medioriente, a supporto delle operazioni Nato.
L’uso dei droni militari si intensificherà con la missione Ue «contro i trafficanti di esseri umani nel Mediterraneo», grimaldello di un’operazione sotto regia Nato per un intervento militare in Libia. E la ministra Pinotti, visitando Amendola, potrà congratularsi con i telepiloti dei Predatori, come fece nella stessa base il premier D’Alema quando, il 10 giugno 1999, si congratulò con i piloti italiani che avevano bombardato la Jugoslavia, sottolineando che la loro era stata «una grande esperienza umana e professionale».
(tratto da Il Manifesto, 23 giugno 2015)
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