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Servizi pubblici locali e cooperative sociali

Postato il 24 Luglio 2015 | in Lavoro Pubblico, Sindacato | da

cooperativeServizi pubblici locali e cooperative sociali

illegittimo laffidamento diretto, ai sensi dell’articolo 5 della legge 381/1991 in favore di una societ cooperativa sociale, del servizio di spazzamento manuale, svuotamento dei cestini, raccolta domiciliare di rifiuti ingombranti, pulizia a chiamata, raccolta di sporte di rifiuti abbandonati ed altri simili. Le prestazioni oggetto dellaffidamento rientrano a pieno titolo, non nel campo degli appalti di fornitura e di servizi, oggetto della predetta disposizione, ma nel distinto novero  dei servizi pubblici locali, trattandosi di prestazioni svolte direttamente a favore della cittadinanza poich dirette a soddisfare i bisogni dellintera collettivit“. quanto statuito dal TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. II, nella sentenza 6.7.2015, n. 637.

la questione riguarda anche la Toscana ove non mancano situazioni analoghe con affidamenti diretti a  Cooperative Sociali impegnate nell’igine ambientale, nella gestione e rimozione dei rifiuti di vario genere. Al di sotto di una certa soglia è possibile un affidamento diretto ma non mancano enti locali che modificano i loro regolamenti sui servizi per promuovere il piu’ possibile l’affidamento diretto e senza gara a evidenza pubblica

Se da una parte le clausole sociali non sono sufficienti a fornire tutele reali, dall’altra gli enti pubblici tendono a spezzettare gli appalti di fornitura e servizi proprio per evitare la gara a evidenza pubblica

vediamo allora un approfondimento  di Massimiliano Alesio pubblicato sulla Gazzetta degli enti locali edita da Maggioli

Il TAR, primariamente, respinge le eccezioni di inammissibilit, avanzate dalla stazione appaltante e dalla Cooperativa controinteressata, affermando che l’impresa ricorrente, in quanto operante nello specifico settore di affidamento, ha un sicuro interesse a ricorrere, in quanto potrebbe giovarsi dell’annullamento degli atti impugnati, indipendentemente da quelle che potranno essere le successive scelte della stazione appaltante medesima. Chiarito tale punto, i giudici amministrativi accolgono il ricorso, principiando la loro analisi proprio dall’indicata ultima doglianza. La precedente versione dell’articolo 5 stabiliva che possibile, “anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione, stipulare convenzioni con le cooperative che svolgono le attivit di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b (attivit diverse – agricole, industriali, commerciali o di servizi – finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate), per la fornitura di beni e servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi, purch finalizzate a creare opportunit di lavoro per le persone svantaggiate”. Ora, sembra chiaro che siffatta previdente disposizione, applicabile ratione temporis agli effettuati affidamenti, si riferisce agli appalti di servizi e non alle concessioni di pubblici servizi locali. Le complessive attivit (spazzamento manuale, svuotamento dei cestini, raccolta domiciliare di rifiuti ingombranti, pulizia a chiamata, raccolta di sporte di rifiuti abbandonati ed altri simili) oggetto degli affidamenti, molto difficilmente possono rientrare nell’alveo degli appalti. Al riguardo, il TAR perentoriamente afferma che: “Le prestazioni oggetto dellaffidamento rientrano a pieno titolo nel novero  dei servizi pubblici locali, trattandosi di prestazioni svolte direttamente a favore della cittadinanza poich dirette a soddisfare i bisogni dellintera collettivit. Siffatta statuizione appare fortemente fondata. Infatti, occorre ricordare che l’articolo 112 del d.lgs. 267/2000 ha definito i servizi pubblici locali come quelli aventi per oggetto produzione di beni ed attivit rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunit locali, con espressione che, in sostanza, rinvia lindividuazione degli scopi sociali e di sviluppo di cui si tratta a scelte di carattere politico-amministrativo (in tal senso: Cons. Stato, sez. V, n. 7369/2006). Quindi, la nozione di servizio pubblico si fonda sui seguenti elementi: 1) la preordinazione dell’attivit a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti; 2) la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l’espletamento dell’attivit a regole di continuit, regolarit, capacit tecnico- professionale e qualit (in tal senso: Cons. Stato, sez. V, n. 911/2013); 3) la vigenza di una norma legislativa che, alternativamente, ne preveda l’obbligatoria istituzione e la relativa disciplina oppure che ne rimetta l’istituzione e l’organizzazione all’amministrazione (in tal senso: Cons. Stato, sez. VI, n. 2021/2012). Pertanto, non vi dubbio che il servizio pubblico locale, in quanto volto al perseguimento di scopi sociali e di sviluppo della comunit, finalizzato al soddisfacimento diretto di esigenze collettive della stessa con effetto generalizzato sul suo assetto socio-economico. Riguarda, di conseguenza, unutenza indifferenziata, anche se sia fruibile individualmente, ed sottoposto ad obblighi di esercizio imposti dallente pubblico, perch gli scopi suddetti siano garantiti, inclusa la determinazione del corrispettivo in forma di tariffe. Infatti, la giurisprudenza ben ferma nell’evidenziare che: “partendo dalla nozione comunemente accolta da dottrina e giurisprudenza del servizio pubblico locale (in contrapposizione a quella di appalto di servizi), va osservato che essa accorda tale natura a quelle attivit che sono destinate a rendere un’utilit immediatamente percepibile ai singoli o all’utenza complessivamente considerata, che ne sopporta i costi direttamente, mediante pagamento di apposita tariffa, all’interno di un rapporto trilaterale, con assunzione del rischio di impresa a carico del gestore (Cons. Stato, sez. V, n. 2012/2011).

Il TAR Bologna fortemente persuaso di tale elemento di differenziazione e lo radica proprio all’interno dell’illustrato articolo 5, ove si fa espresso riferimento a “fornitura di beni e servizi”. In tal senso, occorre tener conto che, in relazione ad un’altra fattispecie di servizio pubblico locale, la giurisprudenza ha escluso l’applicabilit dell’articolo 5. Precisamente, si affermato che: “la gestione di una manifestazione fieristica un servizio pubblico, in quanto rivolta principalmente ai cittadini, comportante lassunzione del rischi di gestione e limposizione di specifici obblighi di servizio da parte del Comune; devono, pertanto, seguirsi le regole generali previste per laffidamento di un servizio pubblico locale. La norma relativa allaffidamento diretto a cooperative sociali riguarda, invece, un tipologia di appalti la cui prestazione rivolta allamministrazione per soddisfare una specifica esigenza” (Cons. Stato, sez. VI, n. 2342/2013). Invero, bisogna tener conto che proprio l’articolo 5 ha subito, recentemente un’importante modificazione. Precisamente, il comma 610, dell’articolo 1, della legge n. 190/2014, con decorrenza dal 1 gennaio 2015, ha revisionato l’originaria formulazione della norma, stabilendo che: “le convenzioni di cui al presente comma sono stipulate previo svolgimento di procedure di selezione idonee ad assicurare il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di efficienza”. In buona sostanza, il Legislatore ha imposto una procedura ad evidenza pubblica, eliminando la primigenia deroga (applicabile agli affidamenti in esame) prevista per gli affidamenti sotto soglia comunitaria. La precedente versione fu introdotta, per consentire affidamenti riservati alle cooperative, che impiegano soggetti svantaggiati, iscritte alla speciale sezione B degli albi regionali. Le relative convenzioni dovevano, peraltro, riportare specifiche clausole che evidenzino i piani di impiego dei lavoratori in condizione di svantaggio. La disposizione stata, tuttavia, interpretata sovente in modo alquanto disinvolto dalle amministrazioni, intendendo la deroga come possibilit di affidamento diretto, senza necessit di alcuna forma di confronto concorrenziale. Infatti, l’Autorit di Vigilanza, con la determinazione n. 3/2012, ha evidenziato come la deroga non escluda l’effettuazione di procedure selettive e come le stesse debbano invece essere poste in essere, per garantire la concorrenza anche in questo particolare settore. La determinazione dell’Avcp (ora ANAC), in particolare, delineava un percorso, che prevedeva una forma di pubblicit, mediante un avviso pubblico volto a sollecitare manifestazioni di interesse, al quale seguono procedure di gara ad invito, coinvolgenti le cooperative sociali di tipo B, che hanno rappresentato la loro intenzione a risultare affidatarie degli appalti di forniture e di servizi. L’Autorit si preoccup anche di specificare la necessit che le procedure siano svolte nel rispetto dei principi dell’ordinamento comunitario. A fronte di tali prassi illegittime, intervenuto il Legislatore, modificando, appunto, il pregresso impianto normativo. Ad ogni buon conto, il TAR, nella pronuncia in esame, evidenzia che la disposizione normativa in questione, anche prima dell’intervenuta modificazione, avendo valenza eccezionale, deve e doveva essere interpretata in modo restrittivo e, quindi, limitata al suo alveo naturale di applicazione: gli appalti di forniture e servizi. Un’interpretazione rigorosa, che si impone anche in ragione della sospetta condotta posta in essere dalla stazione appaltante e consistita in: frazionare artificiosamente gli appalti, per mantenerli al di sotto della soglia di rilevanza comunitaria e poter, quindi, operare gli affidamenti diretti

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