November 26, 2024
Un articolo di circa un anno fa (novembre 2014) sulla situazione greca praticamente attuale.
Se la Germania è il nocciolo più duro della costruzione imperialista europea, l’Europa meridionale è invece il punto più debole di essa. Con una serie di paesi candidati ad avviarsi su un sentiero greco: a parte Cipro, la Spagna, il Portogallo, e poi l’Italia – ove la crisi italiana, già pesante, dovesse ulteriormente acuirsi, l’Italia, per il maggiore peso della sua economia in Europa, potrebbe diventare d’improvviso il caso più grave, la miccia più esplosiva rispetto a una sempre possibile deflagrazione dell’Unione europea.
Cominciamo dalla Grecia.
Per il grande capitale europeo, inclusi i ricchissimi armatori greci, padroni esentasse del 39% del tonnellaggio dell’Unione, e i loro commessi di stato, la Grecia è divenuta da anni il laboratorio delle politiche anti-proletarie più estreme. È in corso la trasformazione dell’intero paese in una grande free zone integralmente privatizzata, un primo spicchio di Asia in Europa, per l’Europa del capitale, leva per un’assai più ampia “asiatizzazione” di una fetta del proletariato europeo. Nulla è più sciocco della tesi secondo cui Merkel & Co. vorrebbero la Grecia fuori dall’Unione: la vogliono dentro l’Unione con questo specifico ruolo, e non solo perché ripaghi i suoi debiti alle banche tedesche e francesi, così come la vuole dentro il “nostro” governo, impegnato come gli altri a fare prestiti usurari pur essendo gravato di debiti1. La vogliono dentro perché sia la testimonianza di come anche in Europa occidentale è possibile abbattere brutalmente il valore della forza-lavoro e le condizioni di vita dei salariati se solo si sa tenere la barra dritta.
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