November 26, 2024
Il Ministero del Lavoro si era sbagliato, facendo lievitare di 1.195.681 il numero di contratti avviati al netto delle cessazioni tra gennaio e luglio di quest’anno. Un errore clamoroso, che non può essere giustificato come svista nei calcoli data la sua entità e che lo staff di Poletti corregge solo nel pomeriggio di ieri, eliminando dal sito le informazioni contenenti gli errori, così come se nulla fosse.
Nella mattinata invece rilasciavano una dichiarazione su Repubblica in cui l’errore di comprensione e elaborazione dei dati era a carico degli stessi giornalisti che chiedevano chiarimento. Insomma un modo insolito di riconoscere il merito in chi fa davvero il proprio lavoro.
Il problema di fondo non è solo algebrico, ma anche politico. In Italia si persevera nell’idea che le informazioni statistiche siano un giocattolo ad uso e consumo dei governi e non invece il mezzo di sintesi che per eccellenza ci restituisce nitidamente i fatti. Perché come già Paolo Sylos Labini nel suo saggio sulle classi sociali negli anni 80 “Un’analisi della struttura sociale che non faccia riferimento alle quantità si risolve in una pura fabulazione” ed è quindi manovrabile. Ma i dati non bastano serve anche l’onestà intellettuale nella narrazione che segue l’analisi delle informazioni statistiche, la stessa che dovrebbe guidare i governi e i propri entourage, tecnici o meno, pur sempre politici.
Dalle pagine di questo giornale ci si interrogava ieri sulla discrepanza dei dati pubblicati nella tabella riepilogativa del Ministero e quelli che era possibile ricostruire attraverso le note mensili, notando come già solo per i rapporti di lavoro a tempo indeterminato, al netto delle cessazioni, si riscontrava una differenza di circa 303 mila contratti.
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http://www.senzasoste.it/politica/ministero-buffo-e-i-dati-veri-del-jobs-act
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