November 26, 2024
Qualche sera fa, dopo molte settimane, ho nuovamente acceso la TV e intorno alle 21 ho assistito ad un “talk show informativo” che veniva trasmesso da una rete nazionale.
Sono davvero rare le occasioni in cui decido di dedicare del tempo a visioni di questo genere ma, con l’inconscia e assurda speranza che qualcosa fosse mutato, ancora una volta ho provato ad ascoltare i “capitori” (ovvero quelli che ne capiscono, che se ne intendono, come direbbe un mio anziano collega) che si accapigliavano sul tema della crescita economica di questo Paese.
L’accento, per l’ennesima volta, era posto sul perchè la crescita sia necessaria, su come sia possibile ottenerla e su come andassero letti i più recenti dati macroeconomici e un modestissimo incremento del PIL.
Nel dibattito sono comparsi giornalisti, politici, sindacalisti, docenti universitari, “maître à penser”, e tutti, dico tutti, non mostravano alcun dubbio sulle loro competenze e su quanto stavano affermando: i punti di vista apparivano dissimili, ciascuno aveva una sua ricetta e i contenuti sembravano ben argomentati ma ogni dichiarazione rientrava nel grande contenitore del progresso inteso come sinonimo di crescita materiale e dunque di ricchezza prodotta e accumulata, di importexport, di acquisti e di vendite, di salari e livelli di tassazione e quindi di trasporti, uso di energia, produzione industriale, secondo uno schema chiaramente consolidato e considerato sostanzialmente immutabile, se non in alcune sue sfaccettature.
Leggi tutto l’articolo di Max Strata nel documento in allegato:
Lascia un commento