No alle clausole flessibili nei contratti
Postato il 21 Marzo 2013 | in Lavoro Privato, Sindacato | da admin
Variazione dell’orario lavorativo.
All’ombra degli appalti pubblici, spesso e volentieri si consumano atti “arbitrari” che cancellano tutele collettive e individuali. Capita che le aziende pubbliche non inseriscano clausole sociali a salvaguardia dei posti di lavoro così che tra un cambio di appalto e l’altro si perda occupazione, capita che le aziende diano inizio a procedure di licenziamenti collettivi e poi di fronte alla opposizione dei lavoratori e di qualche sindacato tornino indietro sui loro passi, non prima di avere “imposto” la riduzione dell’orario lavorativo. Portando così i contratti di “solidarietà difensiva” – successivamente introdotti nella contrattazione tra queste aziende e la loro forza lavoro – a diventare strumento a favore dell’azienda piuttosto che strumento di difesa dei lavoratori, come avrebbero voluto i loro albori.
A questo scopo, mettiamo in risalto alcune “anomalie” riscontrate in questi settori, in consulta col nostro legale.ì
- Nell’articolo 2 comma 2 D.Lgs 61/2000, come modificato dalla legge 92/2012 (detta anche “Riforma Fornero”) viene precisato quanto segue:“Nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.Clausole difformi sono ammissibili solo nei termini di cui all’articolo 3, comma 7”. Per clausole difformi, si intendono le “Clausole flessibili” che molti lavoratori – probabilmente a loro insaputa – sottoscrivono e accettano, come se fossero parte imprescindibile dei contratti, cedendo parte della tutela dei lavoratori alle aziende. Esse danno maggiore libertà al datore di lavoro, nella collocazione temporale dell’orario di lavoro, senza dare una giusta ricompensa ai lavoratori, in merito alla variazione subita. L’articolo appena citato, mette in chiaro come la collocazione temporale dell’orario di lavoro debba essere precisata e specificata nel contratto. Dunque non deve risultare indeterminata, mettendo la cosa nella totale discrezione del datore di lavoro e delle esigenze aziendali (come risulta in molti contratti da noi consultati e analizzati). L’attuale normativa stabilisce a favore dei lavoratori unpreavviso di (soli) 2 giorni lavorativi. Situazione, questa, prodotta dalle varie modifiche apportate alla normativa iniziale (l. 61/2000) il cui preavviso era di almeno 10 giorni lavorativi e un indennizzo ben superiore a quello attuale che è di 1.5% della retribuzione oraria.
- Quanto alle clausole flessibili, il comma 9 dell’articolo successivo precisa: “La disponibilità […] richiede il consenso del lavoratore formalizzato attraverso uno specifico patto scritto […] su richiesta del lavoratore, con l’assistenza di un componente della rappresentanza sindacale aziendale indicato dal lavoratore medesimo
- I casi di possibile “revoca” delle clausole flessibili, sono rimessi ai Contratti Collettivi Nazionali dei Lavoratori.
NB: In ogni caso, anche se dal lavoratore sono state accettate, le clausole flessibili non devono comportare “riduzione delle ore di lavoro”.
Cobas Lavoro privato – Pisa
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