J.K. Rowling, autrice della celebre serie di Harry Potter, ha di recente firmato una lettera, insieme a noti sostenitori di Israele e pubblicata su The Guardian, contro il boicottaggio culturale di Israele, promuovendo invece “ponti culturali”. Di seguito una selezione delle tante repliche alla Rowling riportate dal Guardian.
• La lettera firmata da JK Rowling e altri (Israele ha bisogno di ponti, non di boicottaggi culturali, 23 ottobre) ha superato la sua data di scadenza. Ponti culturali tra Israele e l’élite britannica hanno fatto parte del paesaggio per decenni – e hanno contribuito a condurci al punto in cui siamo ora, dando ad Israele la patina di rispettabilità di cui aveva bisogno per camuffare le sue politiche espansioniste e razziste.
Oggi non c’è alcun dubbio: un artista o intellettuale che collabora con le attività finanziate o approvate dallo Stato di Israele è complice della pulizia etnica della Palestina.
E’ triste vedere nomi di personalità significative associati ad una sequela di luoghi comuni logora e di comprovata falsità. Ma, alla fine, è una questione di coscienza personale e di quanto le persone prendano con responsabilità la loro arte e il loro ruolo pubblico.
Gli artisti occidentali che hanno firmato in sostegno al movimento per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) lo hanno fatto dopo aver riflettuto e interrogato a lungo la loro coscienza. Si sono presi la briga di conoscere veramente a fondo la situazione, talvolta di verificare di persona. Firmano perché BDS è una modalità di lotta democratica, non violenta, che fa leva sulla coscienza di ciascuno, per cercare di porre fine ad una impresa coloniale del XIX secolo che ancora sanguina nella nostra vita nel 2015.
Molti di loro stanno pagando un prezzo alto per la loro posizione. Ma come una di queste persone coraggiose e serie mi disse: “Il nostro compito è la verità.”
Ahdaf Soueif
London
• E’ consuetudine parlare di questa crisi come se fosse in una situazione di stallo, come se nulla si muovesse. Ma non è vero: ogni giorno coloni israeliani armati stanno occupando illegalmente sempre più terra in Palestina e privando i palestinesi delle poche libertà ancora rimaste, con l’appoggio tacito o palese dell’esercito e dello Stato. E ogni giorno il governo sta costruendo nuovi muri attraverso i quartieri per chiudere fuori ancora di più i palestinesi. Israele trae benefici dalla situazione di crisi permanente e la usa come copertura per estendere – in nome della legittima difesa – il proprio controllo in modo sempre più capillare sulle vite dei palestinesi. Dopo aver promesso in campagna elettorale che non ci sarà mai uno Stato palestinese, Netanyahu sta cercando ora di incolpare gli arabi dell’Olocausto (e lui è descritto come una delle persone più sane dell’ala destra della politica israeliana!). Vi pare un buon modo per iniziare un dialogo su una soluzione a due stati? O è più probabile che sia il preludio di uno Stato israeliano senza arabi?
Io rispetto le buone intenzioni dei firmatari di questa lettera e apprezzo la volontà di dialogo, ma che tipo di dialogo è realisticamente possibile tra un popolo in gran parte disarmato e imprigionato, a cui sta scomparendo la terra davanti agli occhi, e uno stato armato pesantemente che gliela sta prendendo? Suona un po’ come il “dialogo” che fu offerto ai nativi americani mentre un altro gruppo di coloni li stava eliminando.
BDS ha il sostegno di quasi tutti i palestinesi e ha anche il sostegno di molti ebrei israeliani liberal. Nella clima attuale di “morte agli arabi!”, è una posizione coraggiosa per un israeliano – non certo la scelta più facile. Per quel poco di differenza che potrà fare, io continuerò a stare dalla loro parte.
Brian Eno
London
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