November 26, 2024
Ci sono tanti modi, tutti parziali, per analizzare gli attentati di Parigi. Partiamo da noi, cioè da alcune brevi considerazioni su ciò che ci sta intorno, che possiamo definire opinione pubblica di movimento, visibile da una rapida osservazione sui social network e dalle valutazioni a caldo in rete. Lo diciamo così, in modo secco: l’opinione pubblica di movimento riflette drammaticamente l’opinione pubblica dominante, aggiungendo magari qualche secondario e ininfluente accenno di distinzione ideologica. In queste ore l’attivista medio (usiamo appositamente questo termine debole) sembra essere mosso alla tastiera da una doppia urgenza. La prima è il bisogno di dire che l’Isis non ha niente a che vedere con noi (!). La domanda è: con chi vi state giustificando? La seconda è di aggiungersi al coro dell’orrore, urlare alle bacheche degli amici che gli attentatori sono nazisti, esprimere cordoglio per le vittime, affermare come sia brutto quello che è successo. Come se l’opinione dell’individuo contasse qualcosa, soprattutto di fronte ad eventi di natura globale e tellurica.
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