November 25, 2024
Venticinque anni fa, nelle prime ore del 17 gennaio 1991, iniziava nel Golfo Persico l’operazione «Tempesta del deserto», la guerra contro l’Iraq che apriva la fase storica che stiamo vivendo.
Questa guerra, preparata e provocata da Washington con la politica del «divide et impera», veniva lanciata nel momento in cui, dopo il crollo del Muro di Berlino, stavano per dissolversi il Patto di Varsavia e la stessa Unione Sovietica. Approfittando della crisi del campo avversario, gli Stati Uniti rafforzavano con la guerra la loro presenza militare e influenza politica nell’area strategica del Golfo.
La coalizione internazionale, formata da Washington, inviava nel Golfo una forza di 750 mila uomini, di cui il 70 per cento statunitensi, agli ordini di un generale Usa. Per 43 giorni, l’aviazione statunitense e alleata effettuava, con 2800 aerei, oltre 110 mila sortite, sganciando 250 mila bombe, tra cui quelle a grappolo che rilasciavano oltre 10 milioni di submunizioni. Partecipavano ai bombardamenti, insieme a quelle statunitensi, forze aeree e navali britanniche, francesi, italiane, greche, spagnole, portoghesi, belghe, olandesi, danesi, norvegesi e canadesi. Il 23 febbraio le truppe della coalizione, comprendenti oltre mezzo milione di soldati, lanciavano l’offensiva terrestre. Essa terminava il 28 febbraio con un «cessate-il-fuoco temporaneo» proclamato dal presidente Bush.
La guerra del Golfo fu la prima guerra a cui partecipava sotto comando Usa la Repubblica italiana, violando l’articolo 11, uno dei principi fondamentali della propria Costituzione. I caccia Tornado dell’aeronautica italiana effettuarono 226 sortite, bombardando gli obiettivi indicati dal comando statunitense.
Nessuno sa con esattezza quanti furono i morti iracheni nella guerra del 1991: sicuramente centinaia di migliaia, per circa la metà civili. Ufficiali statunitensi confermavano che migliaia di soldati iracheni erano stati sepolti vivi nelle trincee con carri armati trasformati in bulldozer. Alla guerra seguiva l’embargo, che provocava nella popolazione più vittime della guerra: oltre un milione, tra cui circa la metà bambini.
Subito dopo la guerra del Golfo, gli Stati Uniti lanciavano ad avversari e alleati un inequivocabile messaggio: «Gli Stati Uniti rimangono il solo Stato con una forza, una portata e un’influenza in ogni dimensione – politica, economica e militare – realmente globali. Non esiste alcun sostituto alla leadership americana» (Strategia della sicurezza nazionale degli Stati Uniti, agosto 1991).
La Nato, pur non partecipando ufficialmente in quanto tale alla guerra del Golfo, metteva a disposizione sue forze e strutture per le operazioni militari. Pochi mesi dopo, nel novembre 1991, il Consiglio Atlantico varava, sulla base della guerra del Golfo, il «nuovo concetto strategico dell’Alleanza».
Nello stesso anno in Italia veniva varato il «nuovo modello di difesa» che, stravolgendo la Costituzione, indicava quale missione delle forze armate «la tutela degli interessi nazionali ovunque sia necessario».
Nasceva così con la guerra del Golfo la strategia che ha guidato le successive guerre sotto comando Usa – contro la Jugoslavia nel 1999, l’Afghanistan nel 2001, l’Iraq nel 2003, la Libia nel 2011, la Siria dal 2013 – accompagnate nello stesso quadro strategico dalle guerre di Israele contro il Libano e Gaza, della Turchia contro i curdi del Pkk, dell’Arabia Saudita contro lo Yemen, dalla formazione dell’Isis e altri gruppi terroristi funzionali alla strategia Usa/Nato, dall’uso di forze neonaziste per il colpo di stato in Ucraina funzionale alla nuova guerra fredda e al rilancio della corsa agli armamenti nucleari.
Su tale sfondo il Comitato No Guerra No Nato ricorda la guerra del Golfo di 25 anni fa, nel massimo spirito unitario e allo stesso tempo nella massima chiarezza sul significato di tale ricorrenza, chiamando a intensificare la campagna per l’uscita dell’Italia dalla Nato, per una Italia sovrana e neutrale, per la formazione del più ampio fronte interno e internazionale contro il sistema di guerra, per la piena sovranità e indipendenza dei popoli.
Comitato No Guerra No Nato
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