November 24, 2024
Nel mese di marzo 2015, la ditta Rossi & Company che governa la Regione Toscana approva in fretta e furia la legge n. 28, con cui assesta un ennesimo uppercut al servizio sanitario regionale, spacciandolo come lotta contro gli sprechi.
Tace, però, il fatto che il colpo di mano riduce le ASL da 12 a 3, per allontanare ancora di più la sanità da chi ha bisogno di ricorrervi, e manda a casa circa 2.000 dipendenti tra medici e infermieri.
Peggiora, quindi, ulteriormente un sistema che fa acqua da tutte le parti (chiusura di ospedali e reparti, liste d’attesa con tempi infiniti, pronto/soccorsi stipati come i bus nelle ore di punta, sale di dialisi installate in seminterrati che si riempiono d’acqua ogni volta che piove, ecc.).
Un sistema che, in compenso (!), taglieggia a man bassa gli utenti a suon di ticket di ogni tipo e trasforma sempre più la sanità in campo di scorrerie finanziarie per società private, la cui filosofia professionale è semplice: “prima il profitto e poi, se c’entra, la salute”.
Questo, in un quadro nazionale in cui i governi da anni praticano il nobile sport del taglio spietato di risorse alla sanità, con sottrazione alla salute di decine e decine di miliardi di euro.
Siamo arrivati al punto che i medici si sono sentiti obbligati a scendere in piazza il 28 novembre e in sciopero il 16 dicembre e hanno in programma altre 2 giornate di mobilitazione per gennaio, non tanto per le loro questioni sindacali, quanto perché non se la sentono di fungere da esecutori e gestori di un politica feroce di attacco alla sanità, di diventarne di fatto complici.
Contro la legge n. 28 e per la sua abrogazione, comitati sparsi in tutta la Toscana (anche il Comitato provinciale per il diritto alla salute di Pisa) hanno raccolto 55.000 firme (ne bastavano 40.000), per dare vita a un referendum da tenersi verso la metà del 2016, che cancellasse quella legge e aprisse la prospettiva di una sanità a misura dei bisogni di chi deve curarsi.
L’accoppiata Rossi Enrico, presidente della Regione, e Saccardi Stefania, assessora regionale alla sanità, ne ha fatte di tutti i colori perché questo referendum non si tenesse: ha tenuto nascosti per settimane i moduli su cui raccogliere le firme; ha cercato d’impedire che essi, una volta firmati da 55.000 cittadini toscani, venissero consegnati alla scadenza al cosiddetto Collegio di Garanzia; ha ostacolato la verifica delle firme, necessaria per poter procedere all’organizzazione del referendum.
E, dulcis in fundo, ha fatto approvare nel mese di dicembre 2015 ai propri consiglieri, veri moschettieri dell’anti-sanità, prima di mandarli in libera uscita a farsi qualche “settimana bianca” felici e contenti, una “nuova” legge di controriforma della sanità, che fa decadere la legge n. 28, cercando così di mettere fuori gioco la raccolta di firme e impedire il referendum.
“Democrazia punta!”, si potrebbe toscanamente dire. Ma questa non è una sorpresa, perché in Italia di democrazia ce n’è sempre stata poca, malgrado le migliaia di giovani partigiani e partigiane morti per conquistarla, contro il fascismo e il nazismo; e ora se ne sta estinguendo ogni residua traccia.
Il non plus ultra della sceneggiata è rappresentato dal fatto che a fare queste operazioni è schierato come un sol uomo un partito autoproclamatosi “democratico”, il PD di Matteo Renzi, di cui Rossi è compare/competitore in politiche anti-sociali e Saccardi è fedele comare di menzogne.
È arrivata al punto (questa esimia signora del governo regionale, passando senza tregua dalla Leopolda di Pisa a quella di Firenze, da una radio privata a una televisione pubblica, da un giornale on line a uno cartaceo, invasata di sacro furore anti-sociale) da dichiarare, riferendosi ai Comitati attivi nella raccolta di firme: “Se loro hanno diritto di fare il referendum, noi abbiamo diritto di fare le leggi”!
Naturalmente, ha taciuto che l’ultima legge serve non solo a ribadire una politica di rottamazione della sanità, ma anche a impedire che si tenga un DEMOCRATICO referendum con cui cancellare non tanto la prima legge, diventata un ferrovecchio, quanto la manovra complessiva contro il diritto alla salute.
Non sarà il caso che ci mettiamo in testa di non farci calpestare?
Comitato Provinciale per il Diritto alla Salute
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