Un torto subito da un lavoratore è un torto fatto a tutti (IWW)

La buona scuola, di buono ha veramente nulla

Postato il 27 Gennaio 2016 | in Italia, Scenari Politico-Sociali | da

scuolaLa Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, messa anche come preambolo alla Costituzione francese del 1791, le prime fasi della Rivoluzione, recita quanto segue: “considerando che l’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei diritti dell’uomo sono le uniche cause delle sciagure politiche e della corruzione dei governi….”. L’ignoranza viene indicata come prima causa di ogni male sociale e politico. Ma anche questa osservazione, che pare essere “per sempre”, soffre l’usura del tempo storico.

Qualche decennio fa, un caso emblematico, il vice presidente degli Stati Uniti, Dan Quayle, secondo di George Bush, nel giugno del 1992 durante una visita ad una scuola elementare di Trenton, nel New Jersey, corresse la parola patata – potato – ad uno studente di quel livello che l’aveva scritta in modo corretto, aggiungendo una e alla fine della stessa e dimostrando così di non sapere, neppure, scrivere la parola patata in modo corretto, facendo peggio di un ragazzino delle scuole elementari. Sonora dimostrazione che la cultura non sempre viene vissuta come antidoto ai mali sociali.

In altri momenti storici la menzogna, l’incapacità culturale o l’ignavia concettuale, possono portare molto più lontano che non la virtù e la sapienza. Per non parlare del piano della verità. Pare a volte ozioso, ma così non è evidentemente, richiamare la lezione di George Orwell e del suo 1984. La verità. Non sempre si impone e in ogni caso pare sia sempre più chiaro che la trasmissione del sapere sia oramai considerata come inutile rimasuglio di tempi passati e come la cultura stessa venga ad essere definita come inutile. La sensazione di cui sto parlando si fa sempre più sostanza nelle scuole italiane.

Anche la riforma ora in atto, definita Buona scuola, di buono ha veramente nulla. Invece che incrementare le capacità professionali e di trasmissione delle stesse si pensa a questioni difficili da realizzare, e che comunque sviano dall’obiettivo significativo che è quello dell’innalzamento del sapere tra i giovani e che va sempre assieme, per essere efficiente e duraturo, con la capacità critica impiegata pur di raggiungerlo. Capacità critica vuole dire libero uso della razionalità e della curiosità intellettuale dell’individuo che mette a frutto la sua specificità per innalzare i suoi livelli di acculturazione che gli saranno utili per la vita.

Esempi! Guardiamo come si sta mettendo in atto la cosiddetta alternanza scuola-lavoro in un corpo sociale che vede milioni di giovani disoccupati, sottoimpiegati e/ o impiegati in lavori che rendono a loro pochi euro oppure addirittura nulla vengono chiamati stage. Una alternanza che non mette in chiaro neppure le finalità pedagogiche, esperienziali e di indirizzo.

Altro caso: il CLIL, un percorso per arrivare a porre domande in inglese agli studenti che affrontano la maturità. Il tutto da parte di un corpo docente che l’inglese non lo sa e che dovrebbe essere testato e certificato per sostenere l’atto proposto ma che non lo è, ora, quando il CLIL è già in funzione. All’inizio del percorso, qualche anno fa, era richiesta all’insegante che doveva trattare in inglese la sua materia, il livello C1 di conoscenza della stessa, livello alto. Siccome gli idonei erano una quantità risibile sul totale il MIUR è sceso al B2 e, con alcuni accorgimenti, anche al B1.

Potremmo fare altri esempi di inutilità proposti ma ora è necessario una sottolineatura specificatamente sociale e politica che riguarda l’assottigliarsi sempre più evidente dello spirito critico nelle aule scolastiche. Inseganti e studenti stanno allontanandosi da quella sensibilità per abbracciare ogni proposta istituzionale venga loro imposta. Fare lezione per il piacere di farla non è nelle corde dell’Amministrazione ministeriale che propone, oltre ai due esempi soprariportati un paniere molto vasto di attività che con lo spirto critico, che si forma con studio e continua limatura di capacità concettuale, poco hanno a che fare: lotta alla dispersione scolastica, al fumo, alle droghe, all’alcool, patentino ciclomotori, educazione fra pari (in pratica studenti “insegnano” a loro coetanei, solo più piccoli di due anni, i retroscena di tematiche quali la sessualità cosciente?), lo psicologo a scuola, l’accoglimento delle prime classi nelle settimane iniziali dell’anno scolastico, diritti della cittadinanza, star bene a scuola (dall’imbiancatura di aule a qualsiasi altra idea venga).

Tutte attività che possono essere anche interessanti ma che con la costruzione di una capacità di studio critico poco hanno a che fare. La scuola è oramai questo ed ostinarsi ad insegnane appare come un comportamento desueto che risale ad altri tempi ed evoca parole dimenticate: spirito critico, attenzione vigile, contestazione, voglia di apprendere. Citiamo ancora una volta la scuola di Don Milani, che non chiudeva mai, non un giorno durante tutto l’anno. Proprio per andare incontro alla sete di sapere dei giovani disadattati socialmente. Pare di parlare dell’epoca dei dinosauri.

Tiziano Tussi

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