November 24, 2024
L’ipotesi di accordo per la riduzione da 11 a 4 comparti si iscrive nell’attacco generalizzato a tutto il personale della Pubblica amministrazione. Dopo il fannullonismo sbandierato da Ichino, il superamento dei contratti per via legislativa voluto da Brunetta, l’addio ad ogni traccia di contrattazione sancito dai governi Berlusconi, Monti, Letta e Renzi (autore anche della mobilità coatta e dell’azzeramento del personale delle province e delle camere di commercio) arriva il primo tassello del nuovo Sistema contrattuale: basta leggere le dichiarazioni del Ministro Madia che parla di un sistema più semplice e innovativo per lavoratori pubblici e Paese”.
In nome della semplicità e della innovazione recentemente hanno approvato il nuovo codice degli appalti che cancella la obbligatorietà delle clausole sociali rimettendosi alla discrezione del datore di lavoro.
In assenza dell’obbligo di inserire clausole sociali ben precise nei capitolati delle gare , il datore di lavoro potrà lasciare al loro destino migliaia di lavoratori e lavoratrici, anzi alla mercè della ditta vincitrice.
Poco conta che le clausole siano in qualche modo previste laddove esista una massiccia presenza di personale, migliaia sono i piccoli appalti che impiegano una forza lavoro già oggi senza reali tutele
Non basta del resto fare riferimento a contratti nazionali quando allo stesso tempo si accettano deroghe agli stessi che lasciano i lavoratori sguarniti e senza reali tutele
Ma l’ipotesi di accordo del 5 aprile, firmato da tutti i sindacati maggiormente rappresentativi ad eccezione della CISAL (USB inclusa), è una concessione al Governo che ora potrà con il rinnovo dei contratti applicare a piene mani la Legge Brunetta: un punto su cui tanto il Governo quanto i Sindacati firmatari evidentemente concordano.
In queste settimane , il personale della Pubblica amministrazione non fa altro che pensare alle progressioni orizzontali (che saranno date non “a pioggia” ma con procedure concorsuali destinate per altro ad un numero esiguo di posti e senza alcun incremento del fondo della produttività per altro in decremento non solo per la mancata firma dei contratti nazionali ma per le nuove norme previste (chi andava in pensione fino ad oggi lasciava al fondo la sua quota di produttività , da quest’anno non sarà piu’ cosi’ e se pensiamo alle migliaia di pensionamenti e alla possibilità di assumere solo 1 dipendente su 4 che vanno via, da qui a pochi anni rimarrà ben poco dei vecchi fondi del salario accessorio). La legittima aspettativa per le progressioni orizzontali rischia di essere una arma di distrazione di massa per deviare l’attenzione dai problemi reali dividendo ulteriormente il personale pubblico.
Tutti vogliamo il rinnovo dei contratti ma non per questo siamo disposti ad aumenti irrisori come quelli previsti dalla Legge di stabilità 2016, indisponibili alla applicazione della Brunetta che esclude a priori il 25% del personale dalla produttività, da quel salario accessorio che i sindacati hanno demandato alla contrattazione decentrata quando sarebbe stato piu’ giusto e semplice erogarlo in busta paga come una sorta di quattordicesima che nel Pubblico del resto non esiste.
L’ipotesi di accordo del 5 aprile altro non è che l’attuazione del Decreto Legislativo 150/2009 che prevedeva incentivi legati alla performance del singolo lavoratore. Ricordiamo che nella Scuola, la Legge 107/2015 ha introdotto un nuovo sistema di valutazione che prevede aumenti per pochi lavoratori, lasciando quasi l’80 per cento del personale senza un euro.
Avere sottoscritto questo accordo rappresenta un formidabile regalo al Governo Renzi, spiana la strada alla applicazione della Brunetta e alla firma di contratti senza reali aumenti, il tutto dopo 7 anni di blocco.
Chi ha sottoscritto questo accordo non tutela i lavoratori e le lavoratrici della Pa, attacca piuttosto il nostro potere di acquisto e di contrattazione e trasforma i sindacati, e le rsu, in una cinghia di trasmissione del Governo.
Il modello Marchionne ormai ha fatto breccia anche nel Pubblico impiego, chi lo ha accettato nel privato oggi lo ripropone nel pubblico con l’ipotesi di accordo del 5 aprile.
Ai lavoratori pubblici oggi serve altro. Per questo è necessaria una decisa inversione di rotta che blocchi questa deriva privatistica sottoponendo l’ipotesi di accordo a referendum tra tutti i lavoratori pubblici (oppure iniziando una raccolta di firme per la cancellazione del decreto legislativo 150/2009 e per sostenere la non sottoscrizione dell’accordo sulla riduzione dei comparti)
Cobas Pubblico Impiego
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