November 24, 2024
DA ASSOCIAZIONE ITALIANA ESPOSTI AMIANO (AIEA) PADERNO DUGNANO
UNITI CONTRO L’AMIANTO!
SIT-IN martedì 5 febbraio 2019 del Coordinamento Nazionale Amianto davanti alla Corte di Cassazione per il processo per i “morti di amianto” all’ILVA di Taranto
“Giustizia per i morti di amianto all’ILVA di Taranto!”: Sit-In del CNA, Coordinamento Nazionale Amianto, presidente Salvatore Nanìa, e che riunisce numerose associazioni-comitati-movimenti, martedì 5 febbraio davanti alla IV Sezione Penale della Corte di Cassazione a Roma dalle ore 9:00 alle 13:00, in attesa della sentenza per i 5 imputati, ex dirigenti dello stabilimento ITALSIDER-ILVA di Taranto. Questi i nomi: Sergio Noce, condannato a giugno 2017 dalla Corte d’Appello di Taranto , sezione staccata di quella di Lecce, a 2 anni e 4 mesi (9 anni e 6 mesi in primo grado), Giambattista Spallanzani a 2 anni e 8 mesi (9 anni in primo grado), Attilio Angelini a 2 anni (9 anni e 2 mesi), Fabio Riva, l’ex vicepresidente di Riva Fire, e Luigi Capogrosso, questi ultimi due precedentemente assolti in Corte d’Appello. L’accusa per la morte di 5 operai, deceduti per mesotelioma pleurico, il terribile cancro provocato dalle micidiali fibre di amianto, respirato per decenni sul posto di lavoro è di omicidio colposo e di omissione dolosa di cautele per i primi quattro, e solo di omissione dolosa di cautele per il quinto . Ed e’ questo il punto chiave, come sottolinea il CNA, e cioè, che nonostante l’esiguità della pena, la sentenza del 2017 ha riconosciuto il nesso di causalità fra l’esposizione all’amianto e il mesotelioma e quindi il nesso fra l’amianto e la morte della gran parte degli operai, 31 in tutto per mesotelioma e patologie asbesto correlate. Tuttavia al processo in Cassazione gli imputati, ci arrivano ulteriormente “alleggeriti”: per i primi due le pene sono state dichiarate coperte da indulto e quindi di fatto condonate; per il terzo è stata dichiarata la sospensione condizionale della pena!
Questa che arriva in Cassazione a Roma, è una vicenda processuale, complessa e dolorosa come troppe ormai in Italia, cominciata nel 2012 al Tribunale di Taranto: Erano 31 in tutto gli operai dell’ITALSIDER-IlLVA di Taranto morti per mesotelioma pleurico, il terribile cancro delle pleuri causato dalle fibre di amianto e per patologie asbesto correlate. Ma i dirigenti dello stabilimento ITALSIDER-ILVA di Taranto condannati per complessivi 189 anni di reclusione in Primo grado, nel processo alla Corte di Appello di Taranto, sezione staccata di quella di Lecce, a giugno 2017 furono tutti assolti, tranne tre: una sentenza clamorosa, che ribaltò in buona parte la sentenza di condanna a varie pene emessa dal Tribunale di Taranto nel maggio 2014. Di fatto la Corte d’Appello dichiarò l’estinzione del reato di “omissione dolosa di cautele antinfortunistiche per intervenuta prescrizione” già alla data del primo processo. Una storia che si ripete troppo spesso, quella del tentativo di “negazionismo”, di “abolizionismo” rispetto alle patologie causate dall’amianto e alle responsabilità, da un capo all’altro della penisola, isole comprese. La solita ennesima “beffa” per chi è morto per il lavoro e non potrà mai più difendersi contro chi ne ha provocato la morte e contro i meccanismi “perversi” di una “giustizia, ballerina”, che a volte condanna e a volte assolve, e dove tempi elefantiaci e meandri burocratici vincono troppo spesso sui diritti fondamentali delle persone. Per gli altri 26 lavoratori morti a causa dell’amianto All’ILVA diTaranto, nessun responsabile, nessuna colpa, nessuna, pena,
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