November 25, 2024
Siamo ancora a piangere i nostri morti: tra martedì 3 e giovedì 5 agosto sono morti Laila El Harim, incastrata e stritolata da un inefficiente e insicuro macchinario per imballaggi (una morte che ricalca drammaticamente quella di Luana solo pochi mesi fa) e Salvatore Rabbito, schiacciato tra due macchinari durante un’attività di manutenzione.
Le “morti” sul lavoro non cessano, si susseguono giorno dopo giorno con cadenza inesorabile, mentre si aprono indagini per le presunte, e possiamo dire assai probabili, responsabilità dei titolari delle aziende, con la complicità dei responsabili della sicurezza e per l’assenza nella maggior parte dei casi di rappresentanti dei lavoratori o di RSU che segnalino anomalie o situazioni pericolose. Le continue morti ci dicono che non si tratta più di “incidenti”, fatalità, inadempienze casuali, ma di un sistema che mette in conto una certa quantità di danno a lavoratori e lavoratrici (non ci sono solo gli incidenti, ma anche le malattie professionali e il logoramento per lavori particolarmente pesanti o usuranti) derivanti non solo da mancanza di adozione delle misure di prevenzione e di protezione (spesso con il ricatto occupazionale a lavoratori e lavoratrici), ma anche con l’incremento della produttività , cioè l’imposizione di aumento dei tempi e dei ritmi di lavoro, sottrazione di pause, allungamento dell’orario che provoca comportamenti incontrollati per la stanchezza, infine l’assegnazione di mansioni senza formazione adeguata.
Dall’inizio dell’anno, nei primi sei mesi, siamo già a 538 morti sul lavoro, con una media di circa tre decessi quotidiani: è intollerabile, lo diciamo ogni volta, ma le parole sono terminate, la solidarietà diventa una macabra ripetizione, perché sappiamo già che nei prossimi giorni e settimane saremo ancora a contare morti e feriti sul lavoro, ci ritroveremo a pretendere di individuare le responsabilità padronali, con indagini che prometteranno di fare giustizia, ma che si concluderanno con qualche condanna marginale e insoddisfacente.
Purtroppo, sappiamo che ci ritroveremo a piangere lavoratori e lavoratrici su cui si cercherà di scaricare la responsabilità della sicurezza, per qualche probabile imprudenza o per dispositivi di protezione personale non indossati correttamente: ma il problema reale è che le aziende stanno imprimendo ritmi di lavoro sempre più intensivo della manodopera e lo sfruttamento di lavoratori e lavoratrici è sempre più feroce.
La verità insopportabile è che la violenza padronale è senza controllo: da poco più di un mese si è avviata la stagione dei licenziamenti selvaggi, le morti per lavoro continuano senza alcun intervento del governo e del ministero, la concorrenza sui mercati e i profitti continuano ad essere gli unici criteri che dominano il mondo del lavoro.
Non è più rinviabile una mobilitazione generale: non ci bastano le poche ore di sciopero indette dai confederali CGIL-CISL-UIL, oppure manifestazioni e presidi dove politici e sindacalisti possono fare passerella senza poi dare indicazioni che diano delle risposte; non bastano i tavoli al MISE per gestire le crisi diffuse e che in poche settimane saranno generalizzate in tutta Italia.
Dobbiamo promuovere e proporre lo stato di agitazione permanente, costruire coordinamenti di lavoratori e lavoratrici contro licenziamenti e gli incidenti sul lavoro, rilanciare e ritrovare l’unità di lavoratori e lavoratrici tra comparti diversi, per rilanciare una visione unitaria di difesa del lavoro.
Non è più possibile attendere i prossimi licenziamenti, i prossimi incidenti, i prossimi morti con le mani in mano: lavoratori e lavoratrici uniti nella lotta, dobbiamo rialzare la testa con una vera e propria ribellione operaia che imponga a sindacati e forze politiche di assumere la questione del lavoro come emergenza sociale prioritaria.
Costruiamo le condizioni per uno sciopero generale e generalizzato in autunno.
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BASTA CON LA VIOLENZA PADRONALE _ MOBILITAZIONE E SCIOPERO GENERALE
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