December 21, 2024
Riceviamo e pubblichiamo
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Polemica per un volantinaggio durante l’intervento di Susanna Camusso. I membri del comitato chiedono di non barattare l’occupazione con la tutela della salute.
All’interno della sala congressi della Schiranna è in corso l’incontro con Susanna Camusso e Mohammad Ba, fuori si sentono delle urla e vola qualche spintone. Il tafferuglio, all’esterno dal tendone, ha visto contrapposti gli organizzatori della festa e un gruppo di attivisti della “Assemblea popolare No Elcon” per un volantinaggio. La situazione si è risolta in poco tempo: la contestazione portata avanti dai componenti del comitato, che lotta contro l’apertura di un impianto di trattamento dei rifiuti chimici a Castellanza, era rivolta direttamente anche al sindacato: «Ma quale lavoro, ma quale occupazione? Questa è solo distruzione» si legge sul volantino. «I progetti – prosegue il documento – che hanno in serbo per noi, dalla Elcon all’Expo 2015, dalla Pedemontana alla Tav, devastano ancor di più l’ambiente in cui viviamo producendo condizioni di lavoro sempre più precarie, bestiali e sottopagate. Capire da che parte stare non è una scelta, ma una necessità dettata dalla propria condizione di vita. Elemosinare posti di lavoro è chiedere di continuare ad essere sfruttati e autocondannarsi a vivere una vita di miseria. Delegare il posto di lavoro e la salute al sindacato, alle istituzioni e al padrone è il modo migliore per perderli».
La Elcon Recycling è una multinazionale israeliana specializzata nel trattamento di rifiuti chimico-farmaceutici. Dopo una serie di sondaggi con le autorità locali e regionali, la Elcon ha presentato alla Regione Lombardia il progetto di insediamento di una struttura di smaltimento dei suddetti rifiuti, che occuperebbe circa 11.000 mq nell’area dello stabilimento ex Montedison di Castellanza. La notizia ha immediatamente suscitato una reazione negativa tra la popolazione delle zone limitrofe, memore degli alti costi pagati negli anni passati in termini di inquinamento dell’aria delle acque e del territorio.
L’impianto Elcon allargherà l’inquinamento!
Castellanza è una cittadina di circa 14.000 abitanti, in Provincia di Varese al confine con quella di Milano. Nel territorio comunale si era insediata, all’inizio del secolo scorso, una fabbrica chimica, controllata fin dal 1928 dalla Montecatini. L’area dello stabilimento, di circa 230.000 mq, a ridosso del cimitero, si trova a soli 600 metri dal centro cittadino, sede del Comune. Dopo le distruzioni belliche, nel secondo dopoguerra lo stabilimento venne completamente ricostruito ed entrò a far parte del nuovo gigante della chimica nazionale, la Montedison sorta agli inizi degli anni ’60 dalla fusione tra Montecatini ed Edison. Il polo chimico di Castellana raggiunse il massimo della sua espansione negli anni ’70, occupando oltre 1200 operai adibiti alla produzione di metanolo (metano sintetico) , formaldeide, urea, xilocolla, melamina, esamina e additivi per resine, di cui la Montedison era allora leader in Europa. Queste produzioni avevano un gravissimo impatto ambientale ed appestavano il suolo e l’aria di Castellanza.
Con la fine ingloriosa e lo smembramento del gruppo Montedison, nel 1990 le principali produzioni del polo di Castellanza venivano cedute alla Agrolinz Melanine International Italia, appartenente alla multinazionale austriaca O. M. V. Alla cessione, seguiva la progressiva smobilitazione del polo chimico: nel 1993 venivano chiusi gli impianti di metanolo, nel 1997 quelli di esamina, nel 1998 i laboratori del Centro Ricerche, nel marzo 2007 gli impianti di produzione di melamina. Attualmente all’interno della grande area ex Montedison operano due aziende chimiche, la Perstop e la Chemisol, con meno di 100 addetti, 40 dei quali con contratto di solidarietà fino all’aprile 2014.
L’area dismessa è sempre stata al centro di appetiti industriali e/o speculativi. Nel 2007, la BEC (Bio Energia Castellanza) presentò alla Regione Lombardia un progetto di “cogenerazione di olio di palma” e di costruzione di una centrale elettrica termica a biomasse, che però prevedeva la bonifica del terreno a carico della Regione. Era infatti ben noto e documentato da indagini svolte, che il territorio era stato (ed è tuttora) compromesso in profondità e inquinato da minerali pesanti, mercurio, arsenico penteritrite nonché eternit.
Nascevano così i primi movimenti di opposizione alla costruzione della centrale. Agli inizi del 2008 il progetto della BEC veniva definitivamente abbandonato, soprattutto a causa dei costi della bonifica, che non veniva effettuata.
Quattro anni dopo, agli inizi del 2012, arriva il progetto Elcon. La società israeliana prende contatto con i vertici della Regione Lombardia in materia di rifiuti, invitandoli a Haifa, in Israele, per prendere visione dell’impianto di smaltimento ivi esistente.
L’invito è interessato: serve a far dichiarare l’impianto «innovativo», allo scopo di dare alla sola regione la competenza in materia di Valutazione di Impatto Ambientale e di Autorizzazione Integrata Ambientale, escludendo così Comuni e Provincia. Quindi, nel maggio 2012, la Elcon presenta il suo progetto, sul quale chiede alla Regione di pronunciarsi.
Nel luglio 2012, la Elcon, con l’accordo del Comune di Castellanza, presenta un’integrazione al progetto, per raddoppiare la potenzialità dell’impianto. Si tratta di un vero e proprio raggiro: il primo progetto presentato alla Regione prevedeva l’occupazione di un’area di 11.000 mq e lo smaltimento di 175.000 tonnellate di rifiuti liquidi speciali e pericolosi; il piano effettivo benedetto dal sindaco Farisoglio prevede l’occupazione di un’area di 22.000 mq e lo smaltimento di almeno il doppio di «veleni».
Entrambi i progetti prevedono il contentino della bonifica del suolo fino ad un massimo di 3 metri di profondità e solo in una piccola parte dell’area che l’impianto dovrà occupare. In realtà, come tutti ben sanno, l’inquinamento – in un secolo di devastazione del terreno – è molto più profondo e minaccia, se non l’ha già raggiunta, la falda acquifera e quindi l’acquedotto che pesca nelle vicinanze.
Il progetto Elcon prevede che nell’arco del quadriennio 2013/2016 vengano realizzati: un impianto di smaltimento dei rifiuti chimico-farmaceutici; un centro di ingegneria e ricerca; il centro direzionale europeo di Elcon.
L’impianto dovrebbe trattare rifiuti, trasportati quotidianamente a Castellanza da decine di TIR e derivanti da lavorazioni industriali, da lavorazioni petrolifere, solventi e oli esausti, da prodotti chimici organici e inorganici, recuperandone una minima parte e dunque dando luogo ad ulteriori scarti di lavorazione più concentrati e pericolosi. Si tratta di una lavorazione iper-inquinante per l’ambiente, che si iscrive nella sfortunata storia dell’area di Castellanza.
Contro il super-inquinante progetto Elcon sorge un Comitato, che lancia le prime iniziative di tipo ecologista per sensibilizzare la popolazione alla difesa del territorio. Vengono organizzate numerose assemblee ed una “biciclettata”, ma il Comitato si spacca immediatamente sulla questione di fondo: come contrastare il progetto Elcon; altro motivo di divisione è la partecipazione dell’associazione di estrema destra «Ardito Borgo», di Busto Arsizio.
Il “ Comitato Valle Olona Respira” si muove in un ambito di supporto alle forze istituzionali comunali e regionali. Non si oppone al progetto, ma pretende di limitare al minimo l’impatto dell’impianto, sul territorio e popolazione. Infine accetta la partecipazione dei fascisti di «Ardito Borgo».
La “Assemblea Popolare NO ELCON”, che raggruppa la componente più radicale, si batte contro l’installazione dell’impianto di trattamento rifiuti industriali e denuncia la collusione tra poteri economici e politici (vertici regionali e giunta comunale di Castellanza) in nome dell’affare, accusando il “Comitato Valle Olona Respira” di essere succube e compromesso con le istituzioni e con i fascisti.
Va poi rilevata una terza forza, composta da una parte dei dipendenti operanti attualmente nel polo chimico di Castellanza, rappresentati dalla RSU della Chemisol Italia, che tenta di inserirsi nel dibattito in corso, sostenendo che la Elcon, indipendentemente dal tipo di produzione, porterebbe all’assunzione di 40 dipendenti, con possibilità di ricollocazione per il personale attualmente in esubero, e richiedendo di partecipare ad eventuali incontri con la Regione.
E’ sulla base di queste contrapposte posizioni che si giunge alla manifestazione di lunedì 10 settembre, organizzata a Castellanza in occasione del sopralluogo tecnico nel polo chimico, indetto dalla Conferenza dei Servizi alla presenza di dirigenti Elcon, rappresentanti regionali e dei comuni limitrofi. Il “Comitato Valle Olona Respira” sfila in corteo dalla piazza del Comune al piazzale della fabbrica con i simboli della morte; la “Assemblea Popolare NO ELCON” presidia il piazzale con striscioni spiegando ai microfoni le motivazioni della protesta; la RSU Chemisol presidia la portineria, diffondendo un volantino con le proprie posizioni. Succede qualche tafferuglio con la polizia, intervenuta per impedire ai NO ELCON di bloccare i cancelli.
Nei mesi successivi si sviluppano e radicalizzano le iniziative di protesta e lotta che culminano nella manifestazione del 15 dicembre, promossa dall’Assemblea Popolare No Elcon, cui partecipano un centinaio di giovani antagonisti e militanti politici del varesotto, suscitando un crescente interesse della popolazione locale sulla questione dell’insediamento dell’impianto mortifero.
E’ ora di uscire dal terreno dell’ecologismo “efficientista” o acclassista, per portare la lotta alla Elcon e alle produzioni distruttive e di morte dell’attuale sistema su un terreno di lotta avanzato: non ci si può limitare alla contrapposizione sporcizia-pulizia, inquinamento-disinquinamento, ma va posta la questione dei fondamenti della produzione capitalistica.
La protesta contro il progetto della Elcon sostenuto dai politicaffaristi regionali e locali, nello specifico, viene condotta da comitati esterni alla fabbrica, su base interclassista, investendo la popolazione della zona: artigiani, commercianti, operai, piccoli imprenditori, professionisti, che possono trovarsi momentaneamente d’accordo sul da farsi senza però spingersi oltre un certo livello; la lotta radicale alla produzione mortifera capitalistica la può fare solo la classe operaia.
Infatti, da quando esiste il capitalismo, lo sfruttamento del lavoro salariato e l’inquinamento ambientale vanno di pari passo per aumentare il profitto, e si allargano fino a produrre crescenti stragi di forza-lavoro ed immani disastri ambientali. Ciò vale sotto ogni latitudine, dall’ILVA di Taranto all’Union Carbide di Bhopal, all’ICMESA di Seveso, ecc.
Anche la quasi secolare storia del polo chimico di Castellanza è storia di un “processo di produzione per la distruzione” dell’ambiente e della salute dei lavoratori e di tutta la popolazione locale già denunciata fin dagli anni ’70 da “Medicina Democratica” e dalle rappresentanze sindacali “conflittuali” con la Montedison (allora soprannominata Mortedison).
Pertanto, essendo ben consapevoli di questa lunga storia, gli operai di Castellanza e della Valle Olona non devono limitarsi a difendere l’ambiente e la salute, senza spingersi a lottare per espropriare gli sfruttatori capitalistici e organizzare l’economia per produrre ciò che serve alla collettività e non i veleni per fare profitti. Senza questa prospettiva, che è quella dell’abbattimento del potere dei capitalisti e della costruzione del potere dei lavoratori, non si andrà molto lontano: anzi, in questa fase di franamento storico del sistema capitalistico, si lascerà spazio ad ogni speculatore ed ai politicaffaristi al suo servizio, per imbastire nuovi investimenti devastatori dell’ambiente e delle risorse locali con il pretesto di creare lavoro.
Quindi la difesa della salute e dell’ambiente è imprescindibile dalla lotta dei lavoratori nei luoghi di lavoro e questa lotta potrà avere successo duraturo solo trasformandosi in guerra di classe per il potere.
Conseguentemente i giovani, le ragazze ed i ragazzi, le donne e tutti i «cittadini» di Castellanza, che si oppongono e vogliono impedire l’insediamento della Elcon, produttore di nuovo inquinamento sulle terre già devastate dalla Montedison, devono mobilitarsi con risolutezza e con la consapevolezza che qualsiasi forma di pressione, di protesta, di mobilitazione popolare esterna alla fabbrica può avere incidenza solo ed in quanto si colleghi e si unisca con la battaglia degli operai delle varie aziende inquinanti, presenti in tutta la Valle Olona.
Concludendo: la nostra Sezione di Busto Arsizio interviene a Castellanza nella lotta per la tutela dell’ambiente e della salute, dando il proprio contributo per impedire l’impianto e lo sviluppo di nuovi mostri inquinanti, ma lo fa sulla base degli interessi di classe, non con un’ottica paesana e campanilistica. Per questo ci rivolgiamo prima di tutto alla componente operaia e proletaria della zona, anche se siamo ben consapevoli che essa, sotto il peso dei suoi problemi esistenziali può sembrare restia ad ascoltarci: ma questo non ci scoraggia, anzi ci incoraggia ad aumentare gli sforzi in questa direzione.
(Enzo.)
— Edizione a cura di—
RIVOLUZIONE COMUNISTA
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