November 27, 2024
Riceviamo e pubblichiamo da Aldo Zanchetta alcuni articoli di Raul Zibechi
Reputo importante rifletterci sopra: serve pensare a un piano B, tanto per riferirsi al linguaggio politico. Perché le implicazioni su “Allora, che fare?” sono diverse.
Una delle difficoltà che affrontano i movimenti antisistemici e quanti di noi continuano ad essere impegnati nel costruire un mondo nuovo, consiste nel non riuscire a definire con certezza quanto sta succedendo davanti ai nostri occhi. A grandi linee, coesistono due punti di vista non necessariamente contrapposti, però ben diversi: quelli che sostengono che ci troviamo davanti ad una crisi, sebbene superiore alle crisi cicliche dell’economia capitalista, e quelli che propendono nel ritenere che l’umanità sta andando verso una situazione di collasso causata dal sistema.
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Una situazione, quella del dominio sulle nostre vite, che ci riguarda tutti e che si va stringendo sempre di più ogni giorno. La galoppante progressiva perdita di sovranità nazionale a favore dell’Europa del capitale ci riguarda da vicino. Anche qui, che fare?
In ogni tempo è stato importante conoscere i modi in cui le classi dominanti esercitano il dominio. Una buona parte del pensiero anti-sistemico, nei suoi più diversi versanti, si è occupata della comprensione di quei modi, soprattutto nei periodi di cambiamento e di svolta, quando los de arriba creano nuove forme di oppressione, alle volte brutali, il più delle
volte sottili e invisibili.
Lo storico catalano Josep Fontana ha pubblicato alcune settimane fa un articolo inquietante intitolato “La logica del campo di concentramento” (“La lógica del campo de concentración“) (Sinpermiso, 19 luglio 2015). Sostiene che la Grecia si è trasformata in un campo di concentramento dove i lavoratori non hanno diritti e avranno pensioni miserabili, che è il modo per “eliminare quelli che non sono più produttivi“
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Un ulteriore invito a riflettere lucidamente sulla situazione che stiamo vivendo. Una provocazione sulla pratica democratica è uno dei punti salienti.
Uno dei pochi vantaggi delle grandi crisi è che ci aiutano a sollevare il velo con il quale il sistema nasconde e dissimula le sue modalità di oppressione. In questo senso la crisi che vive la Grecia, può essere una fonte di apprendimento. Per questo propongo di rifarci al lungo cammino percorso da Karl Polanyi nello scrivere La grande trasformazione. Per comprendere l’ascesa del nazismo e del fascismo, Polanyi è risalito alle origini del liberalismo economico, situate nell’Inghilterra di David Ricardo.
Il capitalismo del libero mercato, i mercati non regolamentati, ha disgregato le relazioni sociali e distrutto le comunità, sottoponendo gli individui, strappati dai propri villaggi, alla fame e all’umiliazione. Polanyi sostiene che la recinzione dei campi – l’ inizio di questo processo – è stata una rivoluzione dei ricchi contro i poveri. Dopo la Pace dei Cent’anni si è verificata la disintegrazione dell’economia mondiale e “lo Stato liberale è stato rimpiazzato in molti paesi da dittature totalitarie” (La Piqueta, 1997, p. 62).
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Un consiglio di lettura ulteriore:
Mauro Bonaiuti, LA GRANDE TRANSIZIONE, Bollati Boringhieri
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