Un torto subito da un lavoratore è un torto fatto a tutti (IWW)

Aumenta la speranza di vita? Dimuniscono le pensioni

Postato il 9 Luglio 2015 | in Italia, Lavoro Pubblico, Scenari Politico-Sociali, Sindacato | da

pensioniNon sono di facile comprensione i coefficienti che trasformano i contributi nella effettiva pensione da oercepire

Ora si scopre che la speranza di vita non solo aumentà anche l’età lavorativa ma ha anche ripercussioni negative sull’assegno previdenziale

I nuovi coefficienti avranno valore per il triennio 2016/2018, saranno operativi dal 1 gennaio 2016 e riguarderanno lavoratori\trici  del pubblico e del privato che andranno in pensione dal 1 gennaio 2016; insomma chi a fine 2015 sarà ancora al lavoro, pur avendo maturato i termini per la pensione,  subirà i coefficienti del successivo triennio e una riduzione della pensione (per i lavoratori del privato il termine è anticipato al 30 novembre

  Questi sono alcuni dei riflessi del metodo contributivo che danneggia il potere di acquisto dei pensionati , soprattutto quanti al 31 dicembre 1995 avevano meno di 18 anni di contributi, per chi aveva raggiunto questa fatidica soglia l’impatto negativo sarà dal 2012.

Per capire meglio la situazione citiamo testualmente da Il sole 24 ore on line  http://www.quotidianoentilocali.ilsole24ore.com/art/personale/2015-07-07/pensioni-subito-evitare-taglio-200850.php?uuid=AB4kO8j

 Prendendo ad esempio una lavoratrice di 63 anni con uno stipendio medio 22mila euro annui lordi, con un’anzianità contributiva di 43 anni alle fine del 2015, l’importo della pensione varia di circa 30 euro annui lordi passando da 22.835 a 22.805, a parità di montante contributivo. La differenza è legata esclusivamente alla revisione dei coefficienti. Pertanto, avendo l’interessata già ampiamente perfezionato un diritto a pensione (nel 2014 ha raggiunto i 41 anni 6 mesi di contributi), dovrebbe lasciare il proprio lavoro prima della fine di quest’anno.
A parità di età i coefficienti sono scesi. Per trovare un coefficiente vicino a quello utilizzato fino a oggi per la pensione di vecchiaia (66 anni 3 mesi = 5,675%) occorrerà, dal prossimo anno, attendere i 66 anni 11 mesi (5,684%). In realtà dal prossimo anno la pensione di vecchiaia si conseguirà – generalmente – con 66 anni 7 mesi di età, a cui corrisponderà un coefficiente di rendimento del 5,619 per cento. I nuovi coefficienti, così come i vecchi, si fermano in corrispondenza del 70esimo anno di età. Il decreto Salva Italia (Dl 201/2011) stabilisce infatti che solo quando la sommatoria delle speranze di vita supereranno l’unità (+1 anno), il coefficiente di trasformazione sarà esteso a tali maggiori età. Pertanto si dovrà attendere l’ulteriore adeguamento del 2019 dove si stima che l’aumento sarà di cinque mesi arrivando a una “speranza di vita cumulata” di un anno.

L’obiettivo del Governo è quindi un altro, ossia portare l’età lavorativa ai 70 anni di  età per il settore privato e magari in prospettiva potranno rivedere il limite dei 65 anni valido per la Pubblica amministrazione, limite che non vale per docenti universitari e magistrati che hanno uno stipendio superiore anche di 7\8 volte un dipendente di basso livello degli enti locali (e questo rappresenta un privilegio di casta da abbattere)

Ad oggi, nel pubblico, è possibile  restare al lavoro dopo i 65 anni di età solo in casi eccezionali ossia per acquisire il diritto alla pensione di vecchiaia

Se consideriamo che nella Pa ormai si entra( per concorso) abbondantemente oltre i i 30 anni di età, al compimento dei 65 anni questi lavoratori non avranno raggiunto il massimo dei contributi;  senza una proroga ai 70 anni oggi andrebbero in pensione con un assegno irrisorio pari a circa 65% dell’ultima retribuzione.

Chi oggi è precario avrà domani una pensione da fame e il ricatto di lavorare fino a 70 anni per non avere una previdenza da fame

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