November 27, 2024
In Medio Oriente si è aperto un’altro focolaio di guerra all’interno del paese più povero dell’intero mondo arabo, la cui interpretazione va ricercata al di là dell’immagine di facciata di uno scontro interno fra sunniti, al governo dopo la cacciata di Saleh nel 2011, e sciiti che reclamano maggiore presenza a livello istituzionale e riforme socio-economiche.
Le chiavi di lettura vanno individuate soprattutto nello scontro per la suprenazia regionale fra Arabia Saudita e Iran, fra paesi filo Nato e quelli invisi all’Occidente che in maniera crescente gravitano nell’orbita sino-russa e nel controllo delle rotte marittime del petrolio.
Il tutto avviene in un paese in cui una rilevanete porzione di territorio è sotto il controllo diretto di Al Qaeda. La domanda che sorge spontanea al comune cittadino è perchè la coalizione messa in piedi in tutta fretta dall’Arabia Saudita, sotto la supervisione di Washington, si è precipitata a bombardare gli sciiti yemeniti mentre si lascia indisturbata al Qaeda, nemico acerrimo dell’Occidente e delle ‘corrotte’ petromonarchie del Golfo?
Buona riflessione
Andrea Vento
Piovono bombe saudite sullo Yemen: nella notte tra mercoledì e giovedì Riyadh ha annunciato l’inizio dell’operazione Tempesta Decisiva. Le vittime civili a Sana’a, secondo il Ministero della Salute yemenita, sono almeno 25, di cui 6 bambini. In campo sono scese le monarchie del Golfo, i regimi sunniti, per soffocare la ribellione della minoranza sciita Houthi. I primi raid, lanciati a poche ore dall’occupazione Houthi di una parte di Aden e la fuga del presidente Hadi, hanno smentito le dichiarazioni di Washington e Riyadh che (mentre i carri armati sauditi venivano dispiegati al confine) parlavano ancora di «azione difensiva».
Sono 100 i jet da guerra e 150mila soldati che l’Arabia Saudita ha messo a disposizione del fronte anti-Houthi. O meglio, di quello anti-Iran. Perché in gioco non c’è la stabilità del paese più povero del Medio Oriente o le richieste della minoranza sciita: in gioco c’è il controllo di una zona strategica per il transito del greggio delle petromonarchie verso l’Europa, attraverso lo stretto di Bab al-Mandeb (una media di 3,4 milioni di barili al giorno). Immediata è stata la reazione dei mercati finanziari: il prezzo del petrolio è aumentato del 4%, schizzando sopra i 58 dollari al barile, e le borse europee hanno chiuso in negativo, trascinate dal segno meno di Wall Street.
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