December 29, 2024
Da: Circolo Alternativa di Classe via Fiume, 189 La Spezia
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Il 15 Marzo 2019 un milione e mezzo di studenti hanno partecipato agli scioperi scolastici e alle manifestazioni organizzate in duemila città di 123 Paesi, per chiedere azioni concrete contro il cambiamento climatico. In Italia la città con la più elevata partecipazione è stata Milano, dove centomila ragazzi hanno manifestato in Piazza del Duomo.
E’ il punto più alto raggiunto finora dal movimento “Fridays for future”, ispirato dalla svedese Greta Thunberg, ragazza di 16 anni, che dall’Agosto 2018 ha cominciato a scioperare ogni venerdì per manifestare davanti al parlamento di Stoccolma.
La prima ondata globale di mobilitazioni per l’ambiente fu scatenata alla fine degli anni sessanta dai timori per la sovrappopolazione, l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, e l’estinzione delle specie. Un altro movimento di massa nacque alla fine degli anni ottanta, alimentato dall’inquietudine per il buco dell’ozono, la deforestazione dell’Amazzonia e le prime ipotesi di cambiamento climatico, conosciuto all’epoca con il nome di “effetto serra”.
L’attuale ondata di attivismo ambientale è cominciata nel 2018, con il movimento “Extinction rebellion”. Alcuni mesi prima la ragazza svedese Greta Thunberg aveva cominciato il suo sciopero solitario a Stoccolma, mentre contemporaneamente ragazzi statunitensi avevano lanciato le manifestazioni per il clima “Zero hour”.
Nel 2015, 195 Stati hanno sottoscritto il famoso Accordo di Parigi, impegnandosi a fare tutto quello che è necessario per contenere l’aumento delle temperature “ben al di sotto dei 2°C”, ed è stato raggiunto l’accordo per tagliare le emissioni di anidride carbonica entro il 2020.
C’è anche chi contesta la ricerca sui cambiamenti climatici e la responsabilità dell’uomo nel riscaldamento del pianeta. Secondo questi negazionisti, l’aumento di temperature sul pianeta sarebbe contenuto (solo 0,8 gradi) e la crescita dell’anidride carbonica paragonabile a quella causata da una candela in una stanza vuota, cioè praticamente niente. Questi “negazionisti climatici” sono propagatori di un verbo antiscientifico e continuano ad agire, indifferenti al destino nostro, a quello delle generazioni a venire e dell’intero pianeta. A livello internazionale sono in minoranza, ma rappresentano un incoraggiamento ai politici al servizio del capitale, che devono assecondare ogni strategia economica, senza porsi problemi.
Sul fronte politico borghese, in Italia, la Lega di Salvini, parla nel suo programma di “transizione ene
rgetica” e di economia sostenibile, ma finora ha contrastato ogni misura concreta sul cambiamento climatico. Al Parlamento europeo, nella scorsa legislatura, ha votato contro tutte le proposte di politica energetica e sul clima, salvo una Direttiva sul risparmio energetico nell’edilizia. Nel Parlamento italiano, la Lega si è astenuta dal ratificare gli Accordi di Parigi del 2015 (accordi fra gli Stati membri della Convenzione quadro delle Nazioni Unite): “non perché non concordi con questi obiettivi, ma perché l’accordo raggiunto è un compromesso al ribasso, che permette alle aziende cinesi e ai Paesi in via di sviluppo di fare concorrenza sleale alle imprese italiane, in regola con produzioni rispettose dell’ambiente”, spiegava così il deputato della Lega, Gian Luca Pini, nell’Ottobre del 2016. Il 24 Marzo 2018, Matteo Salvini scriveva su Twitter che “non si può usare un argomento serio come il clima, per legittimare l’immigrazione illegale”.
Per quanto riguarda il Movimento 5 stelle, la stella dell’ambiente del primo partito di maggioranza, rimane piuttosto spenta. Ad oggi, non sono pervenuti segnali forti sul tema del cambiamento climatico. A Rimini, nel Novembre del 2018, durante l’improvvisato discorso del Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, a “Ecomondo”, la Fiera per l’innovazione industriale e tecnologica dell’economia circolare (“l’economia pensata per potersi rigenerare da sola”), si è solo sfiorato il tema del cambiamento climatico. Luigi Di Maio non parla mai di clima. Il silenzio, probabilmente, serve a gratificare una base “NO clima – stop scie chimiche”, che continua a sopravvivere dentro i meandri dei social network.
Nell’attuale sistema capitalistico domina la precarietà, non solo sociale ed economica, ma anche ambientale. La rincorsa al profitto ha colpito duramente l’ecosistema con danni incalcolabili. Gli effetti più visibili sono il cambiamento climatico, dovuto al surriscaldamento del pianeta, l’inquinamento atmosferico, la perdita della biodiversità, il consumo di suolo e l’inquinamento delle acque.
Un potente segnale d’allarme è stato lo sforamento storico di anidride carbonica, avvenuto nel 2016, registrato dal Bollettino annuale sui gas-serra dell’Organizzazione meteorologica mondiale. Dati che non si vedevano da tre milioni di anni, secondo la stima basata sui carotaggi nei ghiacciai, quando le temperature erano superiori di 2-3 gradi e il livello dei mari 10-20 volte al di sopra di quello attuale. Si è scoperto che è possibile prelevare carote di ghiaccio nei ghiacciai; queste carote forniscono indicazioni sull’evoluzione delle condizioni climatiche della Terra, dall’epoca attuale, fino ai periodi più lontani.
Senza alcun dubbio, il nostro pianeta, nel suo complesso, si sta riscaldando. A 550 km. dal Circolo polare artico, sulle coste orientali della Groenlandia, si trova Warming Island, l’isola del riscaldamento globale, riconosciuta tale nel 2005: quando il ghiacciaio che la univa alla terraferma si sciolse, a causa dell’aumento della temperatura globale.
Quali che siano le effettive conseguenze del riscaldamento globale, in un mondo dominato dal capitalismo imperialista, il costo umano, misurato in forma di distruzioni ambientali e di malattie, è a carico dei proletari di tutti i Paesi. E non si può estendere a tutta l’umanità la responsabilità del drammatico cambiamento climatico. L’umanità non è un’unica entità omogenea, che agisce collettivamente; è, invece, suddivisa in nazioni e classi sociali. Il rapporto dell’uomo con la natura è guidato dal meccanismo di produzione capitalistico: plusvalore e accumulazione.
La crescita economica, raggiunta nei decenni passati, è stata sviluppata a scapito della biodiversità. La biodiversità è la varietà di organismi viventi, nelle loro diverse forme. Secondo il Rapporto FAO, riguardante “Lo stato mondiale delle risorse idriche e fondiarie per l’alimentazione e l’agricoltura”, un quarto dei terreni a livello mondiale è ad alto rischio di biodivesità ed è fortemente degradato, l’8% è moderatamente degradato, il 36% è leggermente degradato. Anche il consumo di suolo, il suo utilizzo commerciale e la cementificazione, sono causa di perdita di biodiversità.
Nella situazione attuale, emerge poi che il dato di anidride carbonica è superiore a quello pre-industriale, e l’inquinamento atmosferico ha raggiunto livelli insopportabili. Secondo il Rapporto dell’Organizzazione mondiale per la sanità (OMS), il 92% della popolazione del pianeta vive in luoghi dove il livello della qualità dell’aria ha superato i limiti fissati per legge. Il 98% dei cittadini urbani è a contatto con un’esposizione all’ozono molto superiore ai limiti stabiliti dall’OMS stessa.
Altri inquinanti sono i benzopireni e gli idrocarburi. Secondo l’OMS, ogni anno circa tre milioni di decessi nel mondo sono legati all’inquinamento atmosferico esterno; considerando anche quello degli ambienti chiusi, i decessi per motivi di degrado ambientale salgono in totale a sei milioni e mezzo. I Paesi poveri sono quelli che pagano il prezzo più alto in termini di vite umane. In particolare, due decessi su tre si concentrano nel Sud-Est asiatico e nell’area del Pacifico orientale.
In Cina e India ogni anno si registra un terzo dei morti per smog del pianeta; circa due milioni di persone, equamente distribuite tra i due Paesi. Questo lo afferma il Rapporto di State of Global air, pubblicato dall’Health Effects Institute statunitense.
La siccità, causata dal cambiamento climatico, ha compromesso buona parte dell’agricoltura nel nostro Paese. Sul piano dell’inquinamento, secondo l’Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), nei fiumi, nei laghi e nelle acque sotterranee, sono presenti pesticidi, tra cui il glifosato e, duranti i controlli, sono state trovate più di duecento sostanze diverse, registrando un sensibile aumento rispetto agli anni passati. Gli erbicidi sono i più numerosi, ma aumentano anche gli insetticidi. Nel 21,3% delle acque superficiali, le concentrazioni sono superiori ai limiti di qualità ambientale, mentre in quelle sotterranee si sfiora il 7%. In alcune regioni la contaminazione è molto più alta rispetto al dato nazionale.
Peggioramento della qualità dell’aria, maggiore frequenza delle ondate di calore, aumento della diffusione di malattie infettive: queste sono alcune delle principali conseguenze dell’aumento delle temperature medie. In comune fra loro hanno la causa, il cambiamento climatico, ma anche l’effetto: rappresentano un serio pericolo per la salute delle popolazioni di tutto il mondo.
Il concetto di sviluppo infinito, base del capitalismo, si sta scontrando con la realtà, che mette in evidenza i limiti imposti dalla natura. L’accumulazione del sistema capitalistico è in piena antitesi con il rapporto uomo-natura. I tentativi di utilizzare razionalmente le risorse del mondo, e di contrastare il degrado ambientale, si scontrano contro il modo di produzione capitalistico, che si basa sulla proprietà privata dei mezzi di produzione: le fabbriche, le nuove tecnologie, il suolo, ecc. Per il capitale il pianeta è un deposito di risorse da sfruttare, per il capitalista si tratta di trasformare la natura in valore.
Con Marx diciamo che nel duplice carattere della merce, valore d’uso e valore di scambio, sta la contraddizione fondamentale; da un lato vi è il processo di lavoro, dall’altro quello di valorizzazione. Il primo, quella forza in grado di regolare il ricambio organico con la natura, una forza del tutto naturale, che sta nel semplice atto di movimento e trasformazione della materia e dell’energia; il secondo esce da questa logica e da un orizzonte collettivo, trasformando il lavoro in uno strumento per l’accumulazione capitalistica, e imponendo un dominio, che è sfruttamento dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sulla natura. Fino alla sua distruzione, come mostrano i dati odierni sul cambiamento climatico e l’inquinamento del pianeta.
Ecologisti e politici borghesi si preoccupano del fatto che gli inquinanti emessi da un processo industriale hanno un impatto sul loro benessere fisico, e non solo su quello degli schiavi salariati. I rappresentanti politici del capitale sono allarmati per il riscaldamento globale, a causa delle conseguenze economiche e sociali negative per la loro classe, che ne possono scaturire. Il “capitale verde” della green economy è solo un mistificante tentativo di riconciliare un’economia predatoria con il concetto di ecologia.
Affrontare il cambiamento climatico, senza tenere conto delle cause strutturali economiche, è una visione idealista, scollegata dalla realtà. La borghesia esprime la propria linea ideologica, cercando di oscurare la contraddizione fondamentale del sistema capitalistico, che riguarda le forze produttive ed i rapporti sociali di produzione.
Politici “progressisti”, al servizio della borghesia, propongono un ambientalismo generalista e interclassista, il quale non può risolvere la contraddizione fra le forze produttive e i rapporti di produzione, ma può rappresentare bene, invece, il riflesso del pensiero borghese, che si sostanzia nell’utopia di un capitalismo ecologicamente sostenibile.
La questione del cambiamento climatico è direttamente collegata al sistema di produzione capitalistico, e non ci sono soluzioni all’interno di questo modello di sviluppo. La soluzione non risiede in una filosofia ecologista, ma in un diverso piano di produzione sociale. Le lotte contro il cambiamento climatico, per la difesa dell’ambiente e del territorio, devono avere una prospettiva anticapitalistica per risultare alla lunga davvero efficaci.
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