November 25, 2024
La rete fognaria che ci scorre sotto ai piedi e riceve escrementi e rifiuti dal mondo di sopra e la migliore allegoria del nostro sistema mediatico e delle sue deiezioni. Vale per tutta la stampa e tv dell’Occidente, ma da noi non scarica neppure quelle occasionali verità cui è assegnato il compito di coprire il tanfo paralizzante della cloaca. Se ne è avuta una manifestazione concentrata in occasione dello scarico, particolarmente tossico in questi giorni dell’imminente assalto colonialista alla Libia, preparato alla bisogna dagli sfracelli dell’Isis e dei loro padrini Fratelli Musulmani a Tripoli e Misurata, con parallela decimazione, qui, di spopolati dalle nostre bombe e dai nostri mercenari islamisti, dei quali, per un attimo, si è vantata l’umanitaria accoglienza.
Per il riattivato “scontro di civiltà”, tra la nostra superiore e la loro barbarica, dal letamaio mediatico sono precipitate scorie rigurgitate con orchestrata sintonia. Si succedono, come sparati a raffica da katiuscia, apocalittici, ma imprecisati e nebulosi, atti terroristici, sventati dalla formidabile perizia dei nostri servizi di sicurezza, in parallelo con vandalismi e terrorismi che l’imperizia di altri servizi non hanno saputo impedire. Onde per cui vanno subito adottati potenziamenti ulteriori di controlli, sorveglianza, repressione, misure di Stato di polizia, espulsioni di massa. E’ una situazione win-win.
Per celebrare la ricorrenza di Charlie Hebdo e successivo 13 novembre parigino, su cui la lobby sionista de Il Fatto Quotidiano ha superato se stesso nella scala dei voti del Mossad (alla faccia del Travaglio che fustiga tutti i ciarlatani deontologicamente farabutti), il regime del mazzabubù Hollande è uscito in stracci: ha fulminato un barbone mentecatto che s’era presentato in un commissariato zeppo di armigeri brandendo un coltello da cucina (per la tv diventato “mannaia”, alla Isis). L’Italia del ciarlatano toscano (e quanto mi rode, in quanto battezzato, a mia insaputa, con l’acqua di Arno, dietro le porte del Ghiberti, della sputtanamento di Firenze e della Toscana operato da lui e dal suo giglio magico), rastrellando profughi con foto di jihadisti nello smartphone ed espellendoli, si è coperta di analoga miseria razzista. Le più assennate Svezia e Danimarca si sono limitate a blindare le frontiere, forse consapevoli, come il rigurgito fascio-xenofobo Orban e ormai tutti gli Stati europei, che lo spopolamento di Siria, Iraq, Afghanistan e Libia e il rovesciamento degli spopolati sull’Europa, sono pianificata strategia Usa.
False Flag Colonia
Colpo grosso invece della Germania della Merkel, forse anche questo all’insaputa dell’incosciente che s’era messa in casa un milione di jihadisti siriani (ma non dei suoi servizi segreti che nella loro lealtà preferiscono Cia e Mossad). I pogrom nella notte di San Silvestro di migliaia di bulli, evidentemente “nordafricani” e “arabi” (l’invasione Nato della Libia incombe) e di altre torme di teppisti in giro per il paese, a palpare culi e scippare donne, ha messo nel campo dello scontro di civiltà l’archetipo che fa tremare l’immaginario collettivo nostrano del moro maschio che s’avventa sulle nostre libere donne. Ci hanno marciato alla grande le femministe (principesse anti-pisello del “manifesto”), tornate protagoniste del conflitto vero, quello di genere. Così l’arabo, il musulmano, Isis o non Isis, diventa il bruto che azzanna donne libere di circolare sole e vestite come gli pare, sorvolando sul fatto che nell’Iraq di Saddam, nella Siria di Assad, nella Libia di Gheddafi, nell’Afghanistan del comunista Najibullah, vigevano gli stessi liberi costumi. Sorvolando anche sul fatto che episodi del genere si verificano in tutti le tedeschissime Oktoberfest, senza che alcuno sollevi il sopracciglio. Una volta, al termine della sagra, hanno calcolato 23 stupri, 72 donne aggredite, 300 risse e 1.300 furti.
False Flag a gogò
Quando alcune coincidenze fanno un indizio e molte una prova. Nel cielo più sorvegliato della massima potenza mondiale, con missili pronti ad abbattere perfino aquiloni che si avvicinino a Manhattan, aerei, batterie di missili contraerei, servizi segreti che misurano i peli nel naso a ogni vivente, occhiuti vigilantes su quanto potrebbe infrangere la sicurezza della più importante città del mondo, aerei decollano, volano per decine di minuti, scendono acrobaticamente da 10mila a 100 metri e fanno crollare tre torri che ospitano il gotha del potere ecoonomico mondiale. Non c’ero e, se c’ero, dormivo. In effetti stavo compiendo esercitazioni aeree finalizzate proprio a contrastare (o a garantire?) un simile evento.
Analoga esercitazione, condotta da una ditta israeliana, è in corso nei trasporti di Londra, proprio mentre quattro ragazzotti li fanno saltare per aria (anche se poi risulta fotograficamente che non è stato uno zaino abbandonato in una vettura ad aver causato la strage, bensì una bomba collocata tempo prima (durante l’esercitazione?) tra i binari, sotto la vettura. A Parigi due terroristi farlocconi sbagliano l’ingresso a Charlie Hebdo, se lo fanno indicare da passanti, girano per minuti attorno all’edificio, prima e dopo il massacro, fanno fuori un poliziotto. Niente protezione a uno dei bersagli che dovrebbero figurare tra i più ambiti da islamisti sbertucciati e offesi per anni. Macchine della polizia che osservano tutto dal fondo della strada, si allontanano, si fanno passare davanti i terroristi in fuga senza neanche smettere di ascoltare la musichetta dalla radio e, men che meno, mettere mano alle armi. Però, porca miseria, si rifanno catturando la carta d’identità depositata da uno dei farlocconi sulla vettura.
Passano tre giorni e lo stranoto pregiudicato Coulibaly penetra nello stranoto supermercato ebraico kosher, obiettivo d’eccellenza per qualunque fanatico islamista, di quelli a cui bastano vignette per scatenarsi contro una conventicola di disegnatori ebrei razzisti. Arriva, lemme lemme, la polizia di una Parigi in preda a psicosi terrorista, fulmina quattro ostaggi, ma, soprattutto, Coulibaly quando appare, disarmato e arreso, nel quadro della porta. Gli attentatori non devono parlare. Mai.
A questo punto, però, i due commedianti dello spettacolo, Hollande e Valls, si danno da fare. Che non si dica che, alla falla dei servizi segreti e della gendarmerie, non abbiano posto rimedio e messo in sicurezza il popolo di Parigi. Alle cospicue forze già in campo si sommano ben 10mila gendarmi. Non c’è “obiettivo sensibile” che non sia guardato e difeso a vista. Tranne, ma guarda che sfiga, alcuni famosissimi locali in pieno centro, come il Bataclan, non per niente di proprietari ebrei, dove attentatori, anche questi stranoti a polizia, magistratura e carceri per precedenti malefatte, hanno modo di allestire mattanze di alcune ore, convinti di offrire le loro vite ad Allah e alle 72 vergini che li attendono nell’aldilà. Curioso che qualcuno si stronchi la vita a vent’anni per un nobile ideale, quando fino a ieri gozzovigliava in bordelli, locali notturni, spacci di droga, senza mai aver aperto un corano, tanto da meritarsi che Allah lo cacciasse nel più profondo del jehannam.
False Flag di massa
E a Colonia? Come non c’è servizio segreto senza falla, così non c’è polizia senza ritardi. Salvo quando questi nostri protettori annunciano tremendi attentati sventati. Pratico la stazione di Colonia fin da quando, da un albergo di fronte, accanto al più bel duomo gotico della Germania, ho potuto osservarlo sbriciolarsi, insieme al resto della città, poi percorsa da torce umane accese dal fosforo bianco. Grande impresa di Churchill, uomo sensibile alla bellezza di una delle più preziose città d’arte della Germania. Ci sono tornato via via, fino ai tempi presenti quando era diventata una specie di Fortezza Bastiani, difesa e controllata da una superfetazione di agenti armati.
E lì che si è svolto il fattaccio di ben 2000 bruti organizzati (Duemila! Quando basta una marcetta di qualche decina di pacifisti o ambientalisti per scatenare in tutta Europa le mazzate degli sbirri!), davanti a qualche centinaio di poliziotti attrezzati a fermare perfino le orde di Gengis Khan, ma impassibili per tutta la durata dello spettacolo, fino a quando non si son visti tirare addosso dei mortaretti. Fattaccio simultaneamente realizzato con perfetto sincronismo non solo in varie città tedesche, ma anche in Svizzera, Slovacchia, Cechia, Svezia e altrove. Tanto ben preparato da teppisti avvinazzati (i musulmani, salvo i principi sauditi, non bevono alcol), da portarsi addosso e consegnare alle vittime bigliettini con frasi sconce, tipo “fatti baciare, fatti toccare, fatti…”.
Fattaccio transeuropeo allestito da quella birba del proconsole Nato in Medioriente, Al Baghdadi, o, per essere deliranti complottisti, da coloro che di False Flag hanno un cirruculum più lungo dei peccati di sesso di Alessandro Borgia. Intanto si lecca le ferite e guarda con apprensione alle prossime elezioni la Merkel, unico, ma poderoso, governante europeo che ogni tanto alza un pochino la testa, economica e geopolitica, davanti ai supremi di Washington (vedi pace di Minsk, vedi l’oleodotto North Stream tra Russia e Germania, vedi le riserve sulle sanzioni a Mosca) e osa oppporsi allo scorticamente programmato dagli Usa per tutti i paesi europei, rimpolpando il suo apparato produttivo con un milioncino di baldi, giovani e qualificati siriani.
Fattaccio o segno di una falla poliziesca più vasta di Ground Zero, o dimostrazione di un’originalissima False Flag all’insegna del palpeggio di chiappe. Fatto definito rivoltante da una Merkel che, dopo aver subito il tracollo Volkswagen dell’affidabilità germanica, ora vede svaporare il mito storico dell’efficienza dello Stato. Giusta punizione, a parere di alcuni dei suoi concittadini, ma anche di altre entità più lontane, per aver dato posti di lavoro fin lì sguarniti ai siriani ed aver così trasformato una migrazione come cavallette d’Egitto, programmata per tagliare le gambe a Europa e Germania, in ulteriore rafforzamento della sua potenza produttiva.
Madaja per dimenticare Riyad
Di rincalzo allo tsunami della diabolizzazione di arabi e musulmani, di nuovo con epicentro Assad, le urlate lamentazioni sulla città siriana di Madaja, con tanto di false foto in Tv di bambini morenti prese da altre situazioni, dove 40mila civili morirebbero di fame a causa dell’assedio delle truppe governative. Irrilevanti 250mila siriani ammazzati e quattro milioni sradicati (su 22), due milioni dispersi nel mondo, un popolo decimato, un’antichissima terra depredata da sanzioni feroci, da feroci subumani da noi pagati, addestrati, armati e incaricati di genocidio. Irrilevante il particolare che quella città è occupata dalle bande di mercenari Nato-Golfo, detti Isis, che rubano ai cittadini i rifornimenti di cibo della Croce Rossa e dell’ONU, eppure risultano disporre di illimitati mezzi e vengono magnificati come saggi ed efficienti amministratori e munifici operatori umanitari in un rivoltante documentario del menzognificio propagandistico intitolato “Piazza Pulita” (La7, giovedì 7 gennaio). Da tagliagole, stragisti, stupratori, infanticid, torturatori, a ragionevoli interlocutori in vista della risistemazione di Siria e Iraq, titolari di uno Stato islamico che verrà riconosciuto come “Sunnistan”. Chi, davanti a tali crimini di Assad, si ricorda ancora delle decapitazione di massa in Arabia Saudita?
Aggiungo una nota di Marinella Correggia che fa luce sulla sporca campagna anti-Assad relativa a Madaja:
Ieri sera ero eccezionalmente davanti al Tg1 e ho visto lunghi minuti di denuncia dell'”Assedio di Assad a Madaya”, con foto terribili di sottonutrizione estrema, tipo bambini africani con il kwashiorkor.Viste le menzogne dette su Yarmuk (il punto è sempre “chi assedia”, “chi muore”) mi sono ripromessa di indagare, ed ecco qui – da vedere e diffondere- un video https://www.youtube.com/watch?v=f2jyWMu5kRY nel quale vanessa Beeley, attivista, chiarisce diversi punti, non ho tempo per tradurre ma sostanzialmente, 1) fra le immagini diffuse, molte appartengono ad altri scenari (un giornale inglese si è già scusato), 2) il quartiere è occupato da 600 Nusra e armati vari, la Croce rossa int ha portato a fine ottobre viveri per due mesi, dove sono finiti? I “ribelli”) li hanno accaparrati, 3) a fine dicembre l’Onu ha evacuato “militanti” feriti, possibile che abbia lasciato lì bambini alla fame?
Cui prodest allora? Ho un sospetto: che faccia comodo agli stessi che stanno lanciando l’accozzaglia Isis su Ras Lanuf, massimo terminale libico da ricuperare ad ogni costo per Exxon, Shell, Total ed Eni? O a quelli che decapitano in massa sciti e loro capi spirituali perché il pandemonio interconfessionale determini l’annientamento di chi resiste alla triade Usa-Israele-Golfo e, nell’immediato, il fallimento dei programmati colloqui di pace a Ginevra? O, ancora, agli oligarchi di qua e di là dal mare che dal rinnovato “mamma li mori!” traggono pretesto per fascistizzare la loro società? L’ardua sentenza non ai posteri. Meglio chiarircela subito.
Israele-Nord Corea 200 a 1
Le piogge acide del nubifragio mediatico di questi giorni hanno contaminato l’intero globo terracqueo. Hanno allagato di puttanate sesquipedali e pure paradossali anche la Corea del Nord. Quelle sesquipedali riguardano la solita giaculatoria dei buffoni di corte delle antidemocrazie occidentali sugli orrori del regime di Kim, campi di concentramento, morti di fame e torture, lo zio di Kim Jong Un fatto sbranare dai cani e poi ricomparso in vita e in carriera, roba che i quadri di Hyeronimus Bosh sono un idillio bucolico. Non conosco la Corea del Nord, ma avendo confrontato ciò che ho visto e ciò che i politici hanno detto e gli sguatteri mediatici ripetono sull’Iraq di Saddam, la Jugoslavia di Milosevic, la Siria di Assad, il Venezuela di Chavez, la Libia di Gheddafi, la Russia di Putin, so che quanto riferiscono della Nordcorea non merita il minimo credito.Tanto più che, se quel paese soffre di difficoltà economiche e quindi sociali, la colpa ne va attribuita alle più pesanti sanzioni mai inflitte, dopo quelle all’Iraq (che uccisero 1,5 milioni di persone)
Le minchiate paradossali sono anche le più oscene: le cancellerie della sedicente “comunità internazionale” indignate e inorridite per l’esperimento atomico appena effettuato (da bravi controsensi se ne inorridiscono e, al tempo stesso, lo ridicolizzano definendolo petardo). Geremiadi di un’ipocrisia sublime. Ululano alla violazione del diritto internazionale, quando Pyongyang non ha firmato il Trattato di non Proliferazione e quindi non ha violato una mazza. Latrano sulla provocazione, quando ogni par di mesi Usa e sudcoreani allestiscono esercitazioni sul confine e sparanosu isole del Nord. Strepitano contro la minaccia al Giappone, quando il governo del tardo-samurai, Shinzo Abe, ha appena travolto la costituzione pacifista e si è attrezzato a mercenario di Washington e quando Okinawa subisce da anni una rivolta di popolo contro la sua colonizzazione da parte della più forte e violenta occupazione militare Usa.
Israele, che non ha mai firmato il Trattato ed è il paese canaglia più canaglia del mondo, possiede almeno 200 bombe atomiche. Ha avuto in dono dai tedeschi, grazie a una perenne estorsione fondata sull’ “incancellabile colpa” della Germania da qui all’eterenità, sommergibili nucleari in grado di lanciare missili atomici. Pakistan e India sviluppano da anni il loro potenziale atomico. Tra loro Usa e Russia dispongono di 20mila testate di cui la metà pronte al lancio. Gli esperimenti di Francia, Usa e Regno Unito, hanno decimato le genti degli atolli e contaminato mezzo Pacifico. Washington ha appena stanziato un trilione (mille miliardi) di dollari per ammodernare il suo arsenale nucleare e, nel frattempo, ha commesso genocidi da uranio in Iraq e nei Balcani. Sono da sempre un antinuclearista al 100%, ma so anche che il paese che si dota dell’arma atomica è sicuro di non finire mangiato vivo, come quelli che se ne sono privati.
Quarto: il bue e l’asino
Dove il paradosso, o un’ipocrisia degna di un Renzi al cubo, raggiunge il parossismo è a Quarto, comune campano amministrato dai 5Stelle. I sabotaggi politico-mediatici di altri sindaci pentastellati, da Gela a Livorno, ne erano i prodromi. Sono alle porte pericolosissime elezioni amministrative, probabile giudizio di popolo anche sulle nefandezze della cosca mafio- e guerra-dipendente che ci governa. Il M5S, inattaccabile per come opera in Parlamento, a fronte di un branco di corrotti, poltronisti e trasformisti, può essere aggredito là dove deve combattere contro l’eredità di ladrocinio, sprechi, appalti camorristi, lasciatagli dagli avvoltoi delle precedenti amministrazioni. Da una parte, a Quarto, i 5Stelle hanno dovuto prendere atto, una volta scoperto, denunciato ed espulso De Robbio, consigliere in puzza di camorra, che parte dei loro voti nel Comune ad alta densità criminale erano venuti da chi era riuscito ad infiltrarli. Magari su spinta di coloro che il Comune precedente l’avevano governato, spolpato e perduto. Magari nel plauso di chi dei 5Stelle a livello nazionale, sente il fiato sul collo.
Tranquilli, è solo complottismo.
Il discorso si allarga. Da una parte un Comune conquistato dal nemico mortale, ma che istantaneamente, senza presunzione di innocenza fino al terzo grado, ha cacciato la mela marcia. Cosa doveva denunciare la sindaca Capuozzo rispetto a un consigliere, ancora intonso, che l’aveva amichevolmente avvisata che un abuso edilizio dei suoi famigliari (se esiste) poteva sollecitare le autorità a causarle dei guai? L’infiltrato, una volta scoperti i fili che lo legano al malaffare, è stato fatto volare fuori a pedate. Un infortunio, certo, classico difetto di una disinvolta selezione della classe dirigente, ma anche una trappola allestita da chi ha più malavita tra le sue schiere dell’ultima repubblica delle banane.
Dall’altra parte il PD, con i suoi fratellastri spuri, boss delle larghe intese a più alto tasso di mafiosità della Seconda Repubblica, che vanta 50 comuni sciolti per mafia, consigli regionali zeppi di pregiudicati, condannati, carcerati, Mafia Capitale, la Campania governata da un personaggetto appoggiato dai cosentiniani, condannato per abusi vari, Il sindaco della contigua Ischia arrestato per tangenti presi dalla Cooperativa cara a Poletti. E poi il PD dei quattro sottosegretari indagati, esecutore extragiudiziale a Roma del primo sindaco perbene in un quarto di secolo e dentro fino al collo nella Roma dei Buzzi, Carminati e Spezzapollici. Quello che si tiene in casa gli arrestandi Genovese e Azzolino e, fino all’ultimo gradi di giudizio, un centinaio di “presunti innocenti”, che è coniugato per la buona e cattiva sorte con quell’uomo dabbene di Verdini, inseguito da un nugodo di magistrati. Il PD delle banche, di indagati di bancarotta e malversazione come papà Renzi e papà Boschi. Il PD che doveva assolutamente scongiurare l’effetto che stava facendo sui futuri elettori l’arresto del suo assessore Ozzimo per Mafia Capitale, scagliando i suoi gazzettieri e sodali contro Quarto. Un PD del premier con i suoi compari traffichini che a Riyad, sui Rolex donati dai jihadisti, allestiscono una rissa da far sprofondare nell’imbarazzo principotti che da un secolo si sgozzano a vicenda, ma intanto rapinano il mondo.
Senza parlare di un PD, che ci ruba i soldi per darli ai generali suoi e della Nato. Qui il lezzo di fogna e di zoccole si fa particolarmente acuto
Fulvio Grimaldi
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