Un torto subito da un lavoratore è un torto fatto a tutti (IWW)

Comunicato dalla Rete Salute e Sicurezza sul Lavoro e sui Territori

Postato il 14 Giugno 2013 | in Sicurezza sul lavoro | da

Riceviamo e pubblichiamo

COMUNICATO DALLA RETE SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO  E SUI TERRITORI

NODO DI TARANTO – RETE NAZIONALE

OGGI SONO 10 ANNI!

Il 12 Giugno del 2003 morirono all’Ilva di Taranto per il crollo di una gru, assassinati dal profitto di padron Riva, i giovani operai Paolo Franco e Pasquale D’Ettorre.

Dopo le tanti morti del periodo dell’Ilva/Italsider pubblica, Paolo e Pasquale aprirono la tragica stagione delle morti della nuova giovane generazione operaia che è continuata fino ai mesi scorsi con le morti di Claudio, Francesco, Ciro. Una nuova generazione, allora, assunta – come staffetta con i loro padri – da Riva; una nuova generazione che era entrata piegando la testa e che doveva lavorare dicendo sempre sì ai capi. A questi giovani operai i “padri” non gli trasmisero una memoria di lotta e di ribellione, che pur vi era stata nei decenni passati, ma al massimo le regole su come lavorare bene e in sicurezza.

Ma senza ribellione e lotta non si potevano salvare le vite degli operai. Lo capì sulla propria pelle anche il padre di Paolo Franco che aveva “riempito la testa” del figlio sulle norme di sicurezza, ma non gli aveva insegnato una sola cosa necessaria: la giustezza di fronte a lavori a rischio di dire NO! Ma allora, per l’azione dello Slai cobas per il sindacato di classe e di alcuni, pochi, tenaci operai dell’Ilva primo tra tutti Cosimo Semeraro, nella tragedia cominciò a spuntare un “fiore”. Per la prima volta a degli assassini operai, si rispose a Taranto e poi a livello nazionale non solo con le lacrime e la rabbia impotente ma con l’azione per rendere concrete le parole d’ordine “BASTA MORTI SUL LAVORO” – “SI LAVORA PER VIVERE NON PER MORIRE!”.

Per la prima volta i familiari degli operai uccisi, con alcuni operai dell’Ilva, cominciarono a organizzarsi. Si costruì a Taranto il “Comitato 12 Giugno”. Unendo in questo e attorno ad esso anche avvocati, artisti, giuristi, ispettori del lavoro, democratici, compagni e compagne di lotta. Per la prima volta, grazie ad “Attricecontro” di Roma, con il toccante spettacolo, costruito insieme ad operai e familiari dell’Ilva, “Se questo è un operaio – viaggio nell’inferno dell’Ilva”, venne portata sulla scena di teatro la verità della condizione operaia di sfruttamento, di subordinazione ai capi, di oppressione, controllo/ricatto in una fabbrica come l’Ilva che sta dietro la morte degli operai – uno spettacolo che ancora oggi dopo anni gira in tante città d’Italia.

Per la prima volta l’Ilva con il suo carico di morti per infortunio, malattia fu portata come uno “schiaffo” a livello nazionale e anche internazionale, e ruppe il complice silenzio di governi, Stato, mass media, sindacati confederali. Per la prima volta con il costante lavoro dello Slai cobas e del “Comitato 12 Giugno”, con altre realtà operaie e di familiari di altre città, in particolare gli operai della ThyssenKrupp di Torino, si mise sù la Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro – diventata poi “Rete nazionale per la sicurezza e la salute sui posti di lavoro e territori” con l’emergere sempre più forte delle micidiali ricadute sulle popolazioni dei territori della logica padronale di profitto contro la vita, la salute, l’ambiente.

E la Rete ha dato vita alle uniche manifestazioni nazionali (oltre quelle, tante, locali e specifiche che si sono fatte e si fanno), all’unità necessaria delle realtà di fabbrica come dei territori, degli operai come dei familiari, dei lavoratori come di esperti, di democratici, avvocati, ecc. – e a Taranto dalla manifestazione del 9 aprile 2009 a quella recente del 22 marzo 2013.

NOI QUESTO 12 GIUGNO VOGLIAMO RICORDARE E RENDERE VIVO. IL 12 GIUGNO DEGLI OPERAI, E DI TUTTI COLORO CHE VOGLIONO DIRE – E FARE: BASTA CON IL PROFITTO DEI PADRONI SULLA VITA DEGLI OPERAI E DELLE MASSE POPOLARI.

Questa data, purtroppo, è stata poi di fatto consegnata alle istituzioni, ai preti, arcivescovi, ai rappresentanti delle Forze dell’ordine – che per 364 giorni non fanno nulla e sono o complici col loro silenzio, o direttamente responsabili della morti in fabbrica e dopo della mancanza di giustizia. I padroni, come Riva, dovevano già stare in galera, se non ci fossero governi i cui rappresentanti sono arrivati a dire che le morti sul posto di lavoro sono da mettere in conto negli inevitabili costi della produzione, se non ci fosse parte della magistratura (sì, questa di Taranto tanto osannata da alcuni ambientalisti) che nei processi, come quello per Franco e Pasquale, ma come quello per Antonino Mingolla, e tanti altri, negasse palesemente giustizia, limitandosi al massimo a condannare i capetti per pochissimi anni (e in questi casi non abbiamo sentito neanche il Proc. Sebastio dire qualcosa).

Noi abbiamo molto rispetto per Cosimo Semeraro per la sua coerenza, tenacia, determinazione a mantenere, spesso anche da solo, sempre alta la memoria del 12 Giugno. Ma questa data deve tornare prima di tutto agli operai, anche se la situazione non è affatto facile. Nello stesso tempo, noi non pensiamo che per i proletari le morti siano tutte uguali, pur se avvengano in servizio. Vi sono morti più leggere di una piuma – come quelli di chi cade nelle missioni militari all’estero al servizio di uno Stato che va solo per difendere gli interessi imperialisti contro le popolazioni di quei paesi – e morti più pesanti di un macigno – come quelle degli operai che producono ricchezza e devono anche “donare” il loro sangue per questi padroni.

NOI QUESTE MORTI OPERAIE VOGLIAMO RICORDARE E RENDERE SEMPRE PIU’ VIVE PER TRASFORMARLE IN RAGIONI DI LOTTA PER CAMBIARE/ROVESCIARE DA CIMA A FONDO QUESTO SISTEMA CAPITALISTA DI SFRUTTAMENTO E MORTE.

Rete nazionale per la sicurezza e la salute sui posti di lavoro e suim territori – nodo di Taranto

e-mail: bastamortesullavoro@gmail.com

mailinglist: bastamortesullavoro@domeus.it

blog: http://bastamortesullavoro.blogspot.com

347-1102638

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