November 29, 2024
La cultura non è una merce. Free cultura, basta profit. A proposito di bookfestival
Negli ultimi anni sono decine le testate che hanno chiuso. Finanziamenti a pioggia per la stampa di partito ma zero sovvenzioni a giornali e editoria non allineate, a farne le spese anche diverse realtà gestite in cooperativa.
In Italia una famiglia su dieci non ha alcun libro in casa, la maggior parte delle famiglie (più del 63%, ne ha meno di 100). Fatti due conti, i dati sono dell’Istat con la rilevazione del maggio 2013, in Italia si legge sempre meno e soprattutto nella scuola dell’obbligo mentre cala il numero dei libri e dei titoli stampati. Tra il 2006 e il 2013 la percentuale di lettori è cresciuta di poco mentre aumentano gli abbandoni scolastici e per molti giovani anche arrivare ad un diploma è diventato un costo insostenibile.
In Italia dominano le baronie, il Ministro Carrozza si presenta come innovatrice che vorrebbe mandare in cattedra i giovani e in pensione i docenti over 65 ma nei fatti il Governo non riapre la porta a concorsi per ricercatori, non investe in ricerca, non aiuta la piccola editoria indipendente a vivere schiacciata com’è dai grandi marchi che spesso e volentieri controllano anche tv , giornali e media.
La decisione di far pagare un biglietto ai visitatori dell’11 Book festival è una decisione sbagliata che va nella direzione di rendere un lusso la cultura, un lusso che solo pochi potranno permettersi.
Numerosi piccoli editori hanno dovuto rinunciare alla presenza del loro stand nella fiera pisana, altri hanno chiesto ospitalità da amici e conoscenti non potendosi permettere il costo di un ostello\albergo.
Mediamente una piccola casa editrice paga 500 euro per lo stand, non c’è neppure un parcheggio gratuito.
La decisione di far pagare un biglietto di ingresso è sbagliata non solo alla luce di questi fatti ma perchè sancisce il principio che non eiste più una cultura libera e accessibile per tutti\e. Che poi questa decisione venga assunta con il silenzio (complice) delle istituzioni locali è un elemento di ulteriore preoccupazione, del resto la politica culturale dell’Amministrazione è basata sui grandi eventi, sui nomi roboanti da spendere sui giornali mentre gli spazi sociali sono ridotti ai minimi termini e gli spazi pubblici lottizzati tra Gioco del Ponte e poche Società sportive mentre tante altre sono impossibilitate a svolgere le loro attività.
Ancora una volta con Filippeschi prevale l’apparenza e il business.
Confederazione Cobas Pisa
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