November 24, 2024
L’attacco al lavoro, da qualche mese riguarda anche il Pubblico impiego. Manovre a tenaglia che di fatto stanno costruendo un fossato quasi invalicabile, togliendo pezzo a pezzo tutele e garanzie fondamentali. Quello che sta avvenendo con la spending review nelle aziende partecipate, che a torto il sindacato considera lavoro privato, a torto perchè le stesse regole che valgono per il pubblico sono estese anche a queste aziende, è emblematico.
Con la consueta “annunciazione” mediatica, il governo ha anticipato l’ intenzione di inserire nella legge di stabilità incentivi alle società partecipate al fine di favorire aggregazioni e fusioni fra di loro.Come al solito questo puntuale e mirato decisionismo della politica non è casuale. D’altronde sono ormai più di venti anni che i processi di aziendalizzazione e privatizzazione delle ex municipalizzate sono stati fortemente voluti dai poteri economico finanziari interessati ad appropriarsi, a prezzo d’occasione, di società pubbliche che gestivano alcuni servizi degli enti locali. Particolarmente negativo è stato il ruolo delle autonomie locali.
I Comuni, avendo accettato passivamente i vincoli di bilancio, hanno rinunciato a difendere la propria autonomia finanziaria divenendo così “ostaggio” dei governi centrali e di fatto della troika europea attraverso i patti di stabilità, per cui al fine per mitigare gli effetti hanno utilizzato ampiamente il sistema di costituire “società partecipate”. Volenti o non volenti , i sindaci hanno applicato pedissequamente le normative ammazza comuni e l’hanno fatto anche quando avrebbero potuto rallentarne l’applicazione. Per almeno un decennio si è aggirato il problema, i tetti imposti sulla spesa del personale costituendo società in house, ma anche di rispondere ai veri interessi di certi amministratori locali, molto attenti ai posti nei C.d.A. e a garantirsi “risorse fresche”, attraverso le cessioni di quote, per finanziare i programmi di mandato dei Sindaci.
Purtroppo queste società, strumentali e non, in molti casi sono servite anche per alimentare e costruire un variegato sistema di subappalto con l’ intreccio di partecipazioni pubblico private, che ha dato luogo ad una voluta precarizzazione del lavoro creando un diffuso precariato, accompagnata dall’ applicazione di contratti sostanzialmente al ribasso in termini di diritti e salari.
Eppure queste società, in house o partecipate, che hanno spesso “sottratto” cospicue risorse dai bilanci dei Comuni, seppur gestiste con criteri nominalmente privatistici aziendali, non sono state spesso in grado di assicurare ( neppure quando ci sono stati gli utili) il loro impiego in forma di equità e di utilità sociale come servizi resi agli utenti in termini di qualità e costi del servizio. La riflessione da fare è che i vari movimenti per i beni comuni hanno scelto di non andare fino in fondo mettendo in discussione la natura economica di certi processi, se lo avessero fatto avrebbero toccato con mano la ipocrisia di settori della sinistra che hanno votato per la pubblicizzazione dell’acqua solo per salvaguardare le società cosiddette pubbliche. Il problema non puo’ ridursi alla quota degli utili ma bisogna guardare alla funzione di queste società. Vogliamo chiederci allora quale sia la posta in gioco?
E’ in questo quadro che il Governo Monti prima e quello Renzi dopo, adeguandosi ai voleri di Confindustria e Bce, hanno dato nuovo impulso ai processi di liberalizzazione e privatizzazione, che hanno già fallito negli ultimi 20 anni, ora si sta aprendo una nuova stagione di privatizzazione che comincia dalla grande abbuffata attorno alle partecipate e necessita di distruggere le tutele collettive e individuali come l’art 18.
Anche se il Consiglio di Stato ha ridisegnato i confini e le finalità del servizio pubblico, per il governo Renzi, pubblico è ormai sinonimo solo di attività imprenditoriale, per cui il controllo a fini sociali perderà ogni significato, e per servizio pubblico erogato dagli enti locali si intenderanno anche servizi interamente gestiti in assenza di controlli da soggetti privati, peraltro con contratti di lavoro sempre più sfavorevoli per le lavoratrici e i lavoratori. Attorno alle partecipate si gioca così una partita importante! Ecco perché sono forti le pressioni delle lobbies delle privatizzazioni e degli interessi legati al capitalismo italiano, che con i soldi della collettività andranno a costruire grandi società che faranno profitti e speculazioni azionarie, e che non porteranno beneficio alcuno ai cittadini, ai lavoratori e alle comunità.
Bisogna denunciare con forza il controllo partitico sulle partecipate ma senza dimenticare che la manovra del governo Renzi la butta sul risparmio dimenticando che in qeuste aziende operano decine di migliaia di lavoratori, molti dei quali solo nell’ultimo anno sono rimasti senza lavoro. In questo contesto acquista particolare importanza l’opposizione che andremo a costruire contro la prossima legge di stabilità
Facciamo un esempio: l’ incentivo alle fusioni fra società partecipate pubbliche attraverso bonus e agevolazioni fiscali, che sarà inserito nella prossima legge di Stabilità, quale soluzione della maggioranza politica al governo per rispondere (o occultare?!) a inefficienze e conflitti d’ interesse nelle società partecipate che la stessa politica, attraverso amministratori da lei stessa nominati, ha prodotto.
Una cosa è certa: ogni qualvolta i governi centrali e gli interessi dei poteri economici finanziari coincidono, si innescano processi di contrazione degli spazi di democrazia che di norma si concretizzano in processi di “fusioni”, che sia nel caso dei riordini istituzionale incentivati di comuni e province che nei processi di riorganizzazione delle aziende pubbliche si connotano sempre con la stessa caratteristica: allontanare cittadine e cittadini dal “centro decisionale”.
Siamo oltremodo convinti di un perverso intendimento governativo, mascherato dagli studi della spending review, per regolare al contempo interessi interni di potere attraverso l’ operazione di sfoltimento delle partecipate pubbliche, senza che da ciò gli utenti ne traggano benefici sia termini tariffari che operativi, costretti come saranno ad interfacciarsi con un servizio di servizio pubblico garantito da un call center. Sotto il profilo tariffario sarà infatti sempre più difficile, da parte dell’ autorità preposta ad esempio nel ciclo delle acque, controllare in maniera precisa l’ entita degli investimenti realmente effettuati da questa “aggregazione” di macroaziende, che continuano nonostante tutto a pesare sulle bollette.Mentre per quanto riguarda il ciclo dei rifiuti è evidente che il processo di fusione renderà più difficile lo sviluppo della raccolta differenziata, perché le aziende pubbliche più grandi hanno continuato ad effettuare investimenti sugli impianti di incenerimento e non hanno certo interesse a farsi mancare “lucrosa” materia prima per alimentare gli impianti. E anche quando ci sarà raccolta differenziata la organizzeranno con carichi di lavoro insostenibili che mettono già oggi a rischio la salute e sicurezza dei lavoratori. Sotto l’aspetto occupazionale anche il personale di numerose aziende partecipate anche a livello locale è a rischio. La mobilità di personale prevista tra aziende è un segnale preoccupante che fa presagire una politica fatta di esuberi, di prepensionamenti (sempre con soldi pubblici), di esternalizzazioni con cessioni di rami di azienda comprensivi del personale, che non trarrà alcun beneficio , anzi non potrà neppure portarsi dietro i trattamenti di miglior favore, a dimostrazione che l’ obiettivo primario dei “padroni pubblici” è la contrazione dei salari e dei diritti.
Già in numerose aziende ci sono stati tagli occupazionali, o mancate stabilizzazioni, avvenuto con il silenzio assenso delle organizzazioni sindacali presenti in questa azienda. Ci sono poi aziende di scopo che in questi anni sono state volutamente fuori da ogni controllo, perché utilizzate come “cimitero degli elefanti” di amministratori che avevano perso una poltrona e secondo le ferree regole della spartizione lottizzatoria della maggioranza, e che oggi stanno per essere cancellate senza prima preoccuparsi del personale, di come sarà utilizzato, o di chi gestirà un complesso immobiliare che ospita numerose aziende. Anche la figura dell’amministratore unico nelle società partecipate è stata presentata come risparmio e taglio di poltrone e ruoli burocratici, in realtà cela anche soprattutto l’accentramento del potere decisionale nelle mani dei soliti noti, ovvero ruoli tecnici ricoperti da soggetti riciclicati e divenuti tali dopo decenni di ruoli politici.
Cobas pubblico impiego
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