November 27, 2024
Riceviamo e pubblichiamo
Il 17 marzo 2015 si è staccato, frantumandosi al suolo, l’ultimo rimasuglio della cieca fiducia che da anni spinge studenti e insegnanti ad affidarsi all’instabile struttura del Liceo Scientifico Filippo Buonarroti di Pisa. Lo schianto è stato forte: ma fortunatamente non c’è stato nessuno a sentirlo. Per una fatale coincidenza al momento del crollo del soffitto in vetro il laboratorio di lingue era vuoto, e i suoi soliti ‘ospiti’ erano fuori città in aria di gita: nell’attimo del crollo lo spazio soprastante i banchi deve aver tirato un sospiro di sollievo tale da percorrere l’intero corpo scolastico come una brezza silenziosa, che però ha lasciato molti echi dietro di sé. “In che dimensione ci troviamo?” è opportuno chiedersi, poichè in una situazione analoga il liceo si sarebbe chiuso nell’atroce lutto per due o tre ragazzi, colpevoli solo di aver scelto una scuola dalle sembianze futuristiche, ma dai materiali fatiscenti. Colpevoli solo di essersi intrufolati nell’ultima fila, dalla parte vicina alla finestra per scrutare le cime degli alberi. Colpevoli di essere nati in una società che aspira a grandi mete, ma che realizza davvero poco. Colpevoli di essere nati già vittime. Eppure, allo schianto non sono seguite urla: e, paradossalmente, il rumore non è sembrato poi così grave come avrebbe potuto essere. La burocrazia e le istituzioni non sono state sfiorate dall’ansia in cui invece è sprofondato chi vive quotidianamente la scuola, chi è abituato ad amarne e a sopportarne ogni dettaglio, a respirarne l’aria. Dall’alto della loro ‘inafferrabilità’ hanno risposto seccamente che prima di ulteriori, e inutili controlli non avverranno cambiamenti, non ci si potrà mettere in salvo, non si potrà sfuggire al rischio. Bisogna aspettare. Eppure la scuola vanta della sua instabilità strutturale, e dei pericoli che questa comporta, dalla sua fondazione. Se chiedeste ad un buonarrotino, cosa andrebbe fatto, nel maggiore dei casi la risposta oscillerebbe tra la futura nostalgia per un liceo fatiscente sì, ma mitico, e la voglia di poter studiare in un luogo tutelato. Sentimentalismo comprensibile,ma superabile, contro la logica, che si ispira tra l’altro semplicemente a un istinto umano di sopravvivenza. E in questo scontro emerge l’assurdo: la logica viene spezzata, la logica, che consiglierebbe un trasferimento in altre strutture pisane (di cui si ha già qualche idea), affossata dalle lentezze di una burocrazia nauseante e dalle solite risposte “mancano i fondi”. Come sempre nella scuola italiana, tanto scalpore solo se preceduto dal peggiore dei mali. E nessun ascolto invece degli avvertimenti, che in questo caso le stesse mura continuano a ripeterci sull’orlo della loro vita malata e instabile. Ci saremo ancora per sentirle spirare?
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