November 24, 2024
DECRETO 100
Leggendo i giornali su questo decreto si nota che per gli statali che lasceranno in anticipo il lavoro utilizzando lo scivolo di Quota 100 la buonuscita verrà pagata soltanto al momento in cui matureranno i requisiti previsti dalla legge Fornero, ossia una volta raggiunti i 67 anni.
Pagare immediatamente le liquidazioni ai dipendenti pubblici avrebbe avuto un costo proibitivo per le casse dello Stato, oltre 7 miliardi di euro, che andrebbero sommati ai 21 miliardi che già costa in tre anni la misura.
Il pagamento, dunque, sarà posticipato
e nei casi più estremi potrebbe arrivare anche dopo otto anni.
La regola infatti sarà questa: la liquidazione potrà essere incassata solo nel momento in cui saranno maturati i requisiti previsti dalla normativa Fornero, ossia 67 anni di età, o 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva. Il decreto prevede però, che rimangano in vigore anche le regole di liquidazione attuali della buonuscita. Oggi il Tfr e il Tfs vengono liquidati solo fino a 50 mila e se l’importo supera i 50 mila euro, ma è inferiore a 100 mila euro, viene liquidato in due rate annuali (con un ritardo quindi di 12 mesi); se l’importo supera i 100 mila euro, le rate annuali diventano tre. Insomma, se un dipendente pubblico lasciasse il lavoro a 62 anni di età avendo versato 38 anni di contributi (come previsto da Quota 100), e avesse maturato una liquidazione superiore a 100 mila euro, per avere l’intera cifra dovrebbe aspettare i 70 anni.
Il governo sarebbe consapevole di questo problema e starebbe contrattando con l’Abi la possibilità di un anticipo bancario per permettere agli statali di ottenere in tempi più brevi la liquidazione. Anche il nodo della finestra di uscita per i dipendenti pubblici sarebbe stato definitivamente risolto. Le prime uscite avverranno a luglio, mentre per i dipendenti privati lo scivolo inizierà a funzionare da aprile. Confermato anche il congelamento per il pensionamento con l’anzianità contributiva. Rimarrà fissata a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Siccome lo scatto è già entrato in vigore il primo gennaio, il decreto prevede che la nuova regola venga applicata retroattivamente. Stesso discorso per Opzione Donna, la possibilità di andare in pensione con 35 anni di contributi e 58 di età accettando il calcolo contributivo (e dunque un taglio dell’assegno) della pensione. Rinnovata anche l’Ape sociale, il meccanismo ideato dal precedente governo per permettere il pensionamento anticipato attraverso un prestito pensionistico a carico dello Stato a categorie svantaggiate di soggetti.
Per il resto il decreto conferma quasi tutte le anticipazioni della vigilia. Il pensionamento potrà essere anticipato anche di altri tre anni grazie ai fondi bilaterali delle imprese, le quali però, potranno avere accesso a questo ulteriore scivolo per i dipendenti solo se assicureranno un certo numero di nuove assunzioni. La bozza conferma anche che il prepensionamento attraverso
Quota 100 sarà sperimentale e avrà una durata di tre anni. Poi, a bocce ferme, si tornerà alle regole della Fornero, a meno che il governo non riesca a mantenere la promessa di introdurre una regola generale di pensionamento con 41 anni di contributi versati.
Nel testo, poi, è stato inserito l’azzeramento dei vertici dell’Inps e dell’Inail. La misura cancella dieci anni di gestione semicommissariale e reintroduce il consiglio di amministrazione.
Il riordino avrà come effetto collaterale quello di azzerare gli attuali vertici dei due enti, il presidente dell’Inps Tito Boeri, particolarmente inviso alla Lega per le sue continue bocciature delle modifiche alla Fornero, e il presidente dell’Inail Massimo De Felice. La nuova governance prevede un consiglio di amministrazione composto da quattro consiglieri e dal presidente. Sarà nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
AUMENTI
Due mini-aumenti in attesa del rinnovo del contratto infatti sembrerebbero salvi la vacanza contrattuale e l’elemento perequativo.
Nel 2019 per i dipendenti pubblici sono in arrivo due mini- aumenti, che saranno garantiti fino al prossimo rinnovo contrattuale. E’ quanto stabilito nell’ultima Legge di Bilancio.
Quest’ultima infatti ha stanziato 1,1 miliardi per il 2019 a favore dei dipendenti statali, 1,4 miliardi per il 2020, per arrivare a regime con 1,8 miliardi.
Il rinnovo contrattuale 2016-2018, aveva visto l’introduzione dell’elemento perequativo, il bonus di circa 20 euro, con carattere di temporaneità, che servì per raggiungere gli 85 euro medi di aumento.
Lo stesso rinnovo contrattuale aveva visto l’abolizione dei 14 euro di vacanza contrattuale, erogati per l’appunto in assenza di contratto.
Con il 2019, e la scadenza del rinnovo contrattuale al 31 dicembre 2018, l’elemento perequativo sarebbe dovuto scomparire dalla busta paga, e contestualmente anche la “vacanza contrattuale” ormai non più monetizzata.
Con i fondi stanziati dal Governo, entrambe i due elementi saranno salvi:
Da Aprile i dipendenti pubblici riceveranno la vacanza contrattuale dello 0,42%, ovvero il 30% dell’indice dei prezzi armonizzato, il cosiddetto Ipca; materialmente 8 euro, che diverranno 14 euro a Luglio, quando l’aumento salirà al 50% dell’indice Ipca.
Elemento perequativo, mini- bonus da 20 euro fino al prossimo rinnovo contrattuale.
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