November 29, 2024
Non si è ancora spenta l’eco delle polemiche per la sentenza della Cassazione di qualche giorno fa che ha prescritto il reato commesso dal magnate svizzero Stephan Schimdheiny, in quanto non sarebbe a lui imputabile il disastro sociale e ambientale avvenuto a Casale Monferrato dopo il 1986, anno di chiusura della fabbrica. Come se quelle polveri maledette non fossero rimaste ad avvelenare l’aria, come se i cortili, i tetti e tutti gli altri manufatti realizzati e distribuiti a piene mani nel corso degli anni non avessero causato la morte di tremila persone, al di là degli operai che lavoravano alla Eternit, con l’incubo del picco dei morti previsto per il quinquennio fra il 2020 e il 2025. Già, Schmidheiny il cattivo, Schmidheiny il colpevole, Schmidheiny il responsabile: tutto giusto, ma non è certo il solo. Perché anche la politica si è voltata dall’altra parte, anche l’informazione non ha svolto a dovere il suo mestiere, anche l’opinione pubblica ha preferito dire “a me che importa”, in un circolo vizioso di indifferenza e menefreghismo che si è spezzato solo quando il numero delle vittime non è stato più contenibile in una semplice tabella statistica.
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