November 27, 2024
IL DISFACIMENTO DELLA SCUOLA PUBBLICA IN ITALIA
di Tiziano Tussi
Proprio in queste settimane verrà a definirsi il percorso per il quale il governo Renzi porterà, a completo disfacimento la scuola pubblica in Italia, oppure non ci riuscirà. Le due possibilità sono ampiamente in gioco. Il momento attuale è figlio di un lungo periodo di destrutturazione scolastica che parte da molto lontano. Per non andare troppo in là verso un’origine ideologica, nel senso buono del termine, è possibile trovare un punto di partenza dalla volontà di distruzione di quello che potremmo definire il “senso della scelta”. Certo, è sempre possibile fare meglio, pensare meglio e proporre nuove soluzioni di pensiero che adattate alla realtà portino veramente a nuovi comportamenti, ruoli, rapporti sociali. Ma l’obiettivo dovrebbe essere quello di fare vivere meglio gli uomini reali, tendenzialmente tutti, e non solo badare ad uno “stare bene” di un ristretto cerchio o gruppo umano.
Quando non si capisce oppure si persegue instancabilmente, mistificando, lo scambio dell’interesse della collettività con l’interesse di pochi, quando non si capisce che l’imbecillità non deve vincere sulla decenza, l’ignoranza sulla cultura – vengono in mente gli slogan di Orwell in 1984, tra i quali “l’ignoranza è forza” – , quando una di queste o altre simili situazioni accadono ecco che allora lo stare meglio di tutti si perde decisamente di vista.
“Oggi dobbiamo interessarci alle trasformazioni concrete della cultura, analizzare il vissuto, le passioni reali. []La destra e la sinistra quali le conosciamo si sono formate durante lo sviluppo del sistema industriale, oggi non hanno più senso, non ci sono più borghesi ed operai, c’è una crisi di rappresentatività politica che apre delle possibilità…” Parole con accenti profetici visto che sono state pronunciate nel dicembre del 1987da Alain Touraine1. L’analisi era onesta ma Touraine forse non immaginava, se non come possibilità remota, l’accodarsi su questo crinale di troppi opportunisti che hanno usate, stravolgendole le sue parole. Ma il sociologo francese qualche sospetto lo aveva anche allora tanto che termina il suo pensiero così “…e che tuttavia nasconde dei pericoli.”2 Ed anche in una recente intervista, al quotidiano la Repubblica, sostanzia tali pericoli, dell’evanescenza che si è formata, se questo fosse possibile, da quel tempo, ad ora. Ben gli sta! Giocare con categorie deboli si finisce in pasto ai pescecani della finanza. Anche questo da lui sottolineato nell’intervista che stiamo citando, nella quale si parla di un suo recente lavoro sulla fine della società3. Perché partire da questo momento, uno fra i tanti, per discutere della scuola?
Perché la perdita del senso della scelta in campo educativo e didattico ha lasciato il posto per un’evanescenza culturale che non finisce mai. Ma altre parti della società proseguono nel loro percorso, non vergognandosi di seguire appunto la strada della scelta.
“I dipendenti di Mc Donald’s hanno manifestato per diversi giorni prima di ottenere un aumento di stipendio …incremento di un dollaro l’ora per il salario minimo legale. Si parte dai nove dollari di oggi per arrivare a dieci.[] Dal Wall Street Journal: nel 2014 il chief executive officer (ceo) della Morgan Stanley ha incassato 22,5 milioni di dollari, il 25% in più del 2013.”4 Basti confrontare l’inconfrontabile lontananza delle due cifre, un dollaro di aumento versus 22,5 milioni di dollari.
Nell’articolo poi vi sono anche altri casi ma ne basti uno. La chiarezza di fondo di quello che accade pare vivere ancora, ma non a livello culturale, (dato che, ad esempio, tali sperequazioni non fanno gridare allo scandalo generalizzato), bensì a livello reale, con altri vestiti di esplicazione. Non c’è lotta di classe, la scuola di classe, la classe, ma solo l’uomo, e la scuola è appunto la scuola dell’uomo – la persona, tanto cara ai cattolici, da CL al papa – salvo poi ritrovarci tutto l’armamentario che ci dicono essere andato in pensione, ma, scopriamo, solo a livello superficiale, riapparire nella sua pesantezza a livello reale:1$ contro 22,5 milioni di $.
Quindi anche la scuola in Italia può tranquillamente continuare a seguire lo stesso trend. Innovazione di facciata e continuità nel suo grembo profondo. L’Italia è divisa economicamente tra Nord che arrancando rimane un pò a galla ed un Sud che affoga? E pronta risponde l’università: “Università, crolla numero laureati. Al sud -45 mila iscritti. UDU: “Atenei stanno morendo”5 e giù cifre per dimostrare l’ovvio, la società italiana sta morendo e la scuola ne recepisce i segnali necrofili, ed è solo un indicatore tra i molti. A fronte di tutto questo vi sono situazioni che si ostinano a richiedere ancora più inutilità e modernismo, Basti scorrere le pagine de Il sole 24 ore, che si dimostrano per la verità un pò contraddittorie, per scoprire perle di insulsaggini che sono a volte addirittura bacchettate dallo stesso giornale. Quindi troviamo sia esaltazioni del modernismo sia la richiesta di cultura, sempre in veste meritocratica, perbacco. “È paradossale che chi ha una visione liberale dell’istruzione è scontento (hai! hai” il congiuntivo questo sconosciuto, ndr) della riforma Renzi perché di meritocratico trova ben poco… eppure questo pochissimo è sufficiente ad incendiare gli animi di insegnanti, studenti e sindacati (cioè della scuola in toto, ndr). Il sistema dell’istruzione a quanto pare, è l’unico settore in cui la produttività anziché aumentare è in costante diminuzione da decenni.”6 Gli fa da anticipazione un pezzo di Lorenzo Bini Smaghi sul Corriere il 19 maggio che piange sulle disuguaglianze sociali “…la scuola italiana accentua le disuguaglianze sociali. Non consente neppure nella media di raggiungere standard accettabili, dato che un giovane su due è disoccupato.” Ma attenzione la ricetta qual è: “… Promuovere una riforma della scuola pubblica ancora più incisiva…che ponga veramente al centro il merito…”7
Sembra essere di fronte al paradosso del lavoro che manca, colpa del lavoratore, da risolvere cercandolo, anche se non esiste. Karl Marx aveva messo in fila nel I° libro de Il Capitale un bell’elenco di leggi sul lavoro in Inghilterra dal 1400 in poi. I fraintendimenti assoluti colpivano i poveri emarginati, che tali erano proprio a causa dell’assenza del lavoro. Le misure che li colpivano, dato che non lavoravano, erano pesanti ed ironicamente tragiche, quasi il lavoro dovesse uscire improvvisamente dalla terra come fungo dopo una bella pioggia. Funghi che crescono così senza che la società abbia nulla a che fare. Siccome un individuo ha del merito, perché la sua persona si mostra così, come sotto gli alberi di castagno nascono naturalmente meglio e si possono trovare più funghi, bisogna riconoscergliela. Quasi come se l’individuo si formasse in società come un fungo così, come viene. Quindi ha ben diritto ad essere valorizzato. Queste fanfaluche a volte convincono anche persone in perfetta buona fede, oltre che essere sponsorizzate da navigati calcolatori.
Ma vi sono anche altre categorie che fanno male pesando di agire bene. Un esempio in questo intervento di Mario Lodoli su la Repubblica. Questi si lamenta, dopo che ha inventato il titolino “Buona scuola“, che i suoi colleghi non lo capiscano. Un pezzo che diremmo di colore scritto con ironia. Di fronte a tutta la sua buona volontà gli affamati colleghi lo distruggono con la realtà della loro situazione: bassi stipendi, bassa considerazione sociale, lavoro sempre più angosciato.8
Certo che di buone intenzioni è lastricata la via dell’inferno. Anche i buonisti portano acqua pura e frizzante al campo delle fregature, solite vecchie fregature, ideologico-economiche. Il contratto della scuola è fermo oramai da circa sette-otto anni, secondo il parametro che si intende tenere.
Ed ecco quindi, dato che non vi sono soldi per nessuno, aumentare gli impegni. La “buona scuola” tende a quello. E c’è chi dice anche sì, va bene. Quindi il governo si ritaglia ben otto deleghe bianche, parte integrante della riforma con le quali, avuta la votazione favorevole al Senato, potrà legiferare senza più impedimenti parlamentari. Quindi oltre la riforma anche un’ampia libertà di azione autonoma per convitti, riordino delle classi, disabilità, istituti professionali, governance, asili.
Come si legge, alcune di queste deleghe, cambiali in bianco, sono così generiche che il ministro potrà mettere dentro di tutto. Ad esempio sul problema degli insegnanti di sostegno vi era già indicata una strada che associazioni di sostegno alle famiglie degli alunni con handicap rifiutano e cioè un percorso professionale diverso per gli insegnati di sostegno rispetto al reso della categoria. Se passa la legge, così com’è con quelle deleghe il governo e/o il ministro potrebbero tranquillamente legiferare senza più confrontarsi con chicchessia.
Un regime che non si veste più di nero ma che ha la smagliante simpatia – per chi la vuol vedere – dei denti di Renzi che luccicano ad ogni selfie che si fa fare dal primo che passa per la sua via. “[non c’è bisogno di fascismo] l’autoritarismo è già in atto, equamente distribuito tra chi governa a colpi di fiducie e tra chi in Europa gli da gli ordini. Non c’è bisogno del manganello.”9
Ecco quindi che i sindacati si sono svegliati da un torpore decennale ed hanno stretto un poco le fila attorno al governo, però purtroppo solo alla fine dell’anno scolastico – sciopero generale all’inizio di maggio e mini scioperi degli scrutini, ad inizio giugno – per cercare di dare segnali. La base ha raccolto questi inviti ed ha scioperato in massa. In piazza si sono cominciati a vedere cartelli quali : NON voteremo più PD. Forse qualcuno in quel partito avrà pur cominciato a fare un po’ di conti. Cosa che non sembrano fare gli esponenti della cosiddetta minoranza di sinistra del PD. “Bersani: Poche correzioni al Senato e votiamo” nell’articolo di riferimento dice: Con qualche correzione al Senato tutti saranno felicissimi di votare. (21 maggio 2015)10 Ma ancora Roberto Speranza si augura che i vecchi capiscano che “questo è un tempo nuovo e ci vogliono nuovi protagonisti. I primi a saperlo sono proprio loro. – e si riferisce a Bersani e D’Alema NDR”11 salvo poi avere rivotato un quasi novantenne come Presidente della repubblica, uomo dal quale è dipeso proprio il governo del giovane Renzi. Ma questi giovani del PD hanno la memoria cortissima e gliela ricorda un articolo di spalla lo stesso giorno su un giornale della free press, Metro, edizione di Milano. L’estensore è un insegante che ricorda proprio al responsabile scuola del PD, tale Francesca Puglisi, che solo poco tempo fa, nel 2011, si scagliava contro la chiamata diretta degli insegnanti in mano ai presidi. “La chiamata diretta è una stravagante sperimentazione…”12 Il governo era quello di Monti, altra invenzione dell’ultra ottuagenario presidente di anzi.
Certo si può cambiare idea ma viene da pensare che la sola differenza veramente significativa che si è prodotta nel frattempo sia che ora al governo ci sono loro, i giovani del PD. Certo cose semplici si potrebbero comunque fare. Ad esempio pagare chi nella scuola lavora di più, dato che si parla sempre di impegno, merito, e via discorrendo?
“Attività informatiche, di contabilità, di assistenza ai disabili, e primo soccorso, sono svolte dal personale ATA [lavoro in più da pagare, ma] queste mansioni non vengono remunerate. Basandosi sulla legge Tremonti del 2010 che vietava l’aumento degli stipendi ai dipendenti pubblici, nel 2014 il ministero dell’Economia ha sospeso il pagamento degli emolumenti al personale ATA, chiedendo anche indietro i compensi già percepiti dal 2011.”13 Evidentemente un assurdo ma tant’è. Oppure basterebbe porre attenzione agli elementi di vulnus giuridico che il Tar del Lazio, in questo caso, ha fatto rilevare, con conseguente cogenza giuridica. Si tratta della riduzione degli orari di lezione introdotti dalla riforma Gelmini, da riportare alla situazione precedente.
Ora un commissario ad acta, nella persona del prefetto di Roma, deve fare rispettare tale sentenza a breve.14
In definitiva con il buon senso, per legiferare in questo settore, la formazione e trasmissione della cultura, si potrebbe fare molto di più delle roboanti invenzioni post moderne, novelle futuristiche, che i vari ministri nel tempo hanno tirato fuori per sfuggire al solo compito della scuola, compito serio: fare cultura. Mettere gli studenti in grado di esercitare le proprie capacità di curiosità e di organizzazione di un pensiero sistemico e non importa in quale campo dello scibile umano verrà poi esercitato.ù
Anche in un recente articolo su la Repubblica, Nadia Urbinati richiama questi compiti come precipui per la scuola pubblica nata proprio per cercare di raddrizzare storture che la scuola privata acuisce. La scuole private, meglio se esclusive – rette, soldi – hanno il compito di formare, coltivando e continuando nel tempo le differenze di classe tra i giovani, la classe dirigente di domani: chi ha di più dalla famiglia avrà di più dalla vita. “È proprio questa ingiustizia radicale che la scuola pubblica ha voluto correggere quando è nata, nell’Italia repubblicana, affinché la scuola possa premiare le potenzialità dei ragazzi, indipendentemente dalla famiglia di provenienza.”15 Di fronte a tanto buon senso non si può non concordare. Ma sembra che la semplicità d’approccio sia merce rara. Riprendiamo il crinale dell’industria e della finanza, sempre con l’aiuto della sua Bibbia quotidiana, il Sole 24 ore. Settori trainanti il mondo dell’impresa esprimono aspettative contraddittorie, a volte conflittuali tra loro, specchio di un mondo che non riesce a trovare una sua pacificazione e che si sbraccia tra un’idea capitalistica positivista, rigettando l’ignoranza, di cui non saprebbe che farsene e la ricerca di fantasiose modernità senza contenuto reale, che sarebbero all’opposto funzionali ad un capitalismo senz’anima. I nostri politici, i ministri non sanno che pesci pigliare e rimangono sospesi tra la ricerca della buona scuola e la scelta della bontà a scuola, virtù teologale, senza altro pretendere, in quanto tutti quanti figli di Dio e quindi passibili di salvezza. Ognuno con la sua piccola o grande croce da portare. Quest’ultima proposta è ora vincente.
Quindi non cultura, non rivoluzione costante dell’io e della società ma acquiescenza al dettame del buonismo più disarmante ed ignorante. Del resto il nostro capitalismo non sa anch’esso in quale direzione andare.
Basti leggere alcuni passaggi recenti dalla Bibbia giornaliera, appunto il Sole 24 ore.
Giulio Ferroni, sulla povertà lessicale delle giovani generazioni: “In mezzo agli usi linguistici correnti, alle varie forme del linguaggio giovanile, alla pressione dei media e della pubblicità, la resistenza della scuola resta essenziale e imprescindibile: solo ad essa può essere affidata un’adeguata gestione della lingua, una salvaguardia della specificità logica, emozionale, culturale dell’italiano, della sua stessa forza di lingua del dialogo, dell’arte e della scienza.”16 Parole assolutamente centrate. Ma si possono leggere anche altre e ben più banali affermazioni: “…da noi il problema [della scuola] è stato aggravato [dal] sindacato della scuola [che] è stato la principale agenzia di collocamento attiva …senza alcun filtro e non di rado senza neppure una reale propensione personale nell’insegnamento… la scuola è diventata la principale valvola di sfogo per coloro che non trovavano un’occupazione diversa…stipendi modesti in cambio di nessuna valutazione e sostanzialmente della rinuncia ad ingerirsi in quel che accadeva in classe.”17 Al di là di accenni critici condivisibili vi sono affermazioni decisamente ridicole. I sindacati che a forza hanno cacciato in classe persone che si disinteressavano, mentre erano lì, messi lì a forza, della stessa. E chissà cosa facevano in quelle ore? Ma un’affermazione veramente deprimente è la seguente: “La didattica attiva, infatti, riduce drasticamente la quota di apprendimento nozionistico necessaria allo studente. Lo “studiare” si trasforma in una pratica di “ricerca” e scoperta.”18 Dove si evince che ricercare in rete equivale, anzi è superiore, allo studiare, chissà perché tra virgolette. Un’imbecillità che trova completa accoglienza in Finlandia, Paese nel quale, a scuola, si sta trattando la capacità di scrittura manuale, come materia di secondo livello, che ha lasciato il posto all’uso della tastiera del computer ed alla ricerca in rete. Ma non è detto che ogni cosa facciano i Paesi del Nord Europa sia buona.
Cerchiamo ancora. E per farlo facciamoci accompagnare da un ottalogo che riprendiamo da un’intervista che Vincenzo Viola ha fatto a Roberto Casati, direttore del CNR di Parigi, per l’Indice dei libri di giugno . Il Corriere della sera l’ha ripreso e sintetizzato e da lì citiamo. Ci interessa il punto finale, l’ottavo: Accesso all’informazione non è informarsi e informarsi non è conoscere. La cultura non è accesso, ma assimilazione delle conoscenze che si raccolgono. A questo scopo, il libro resta la tecnologia migliore e forse insuperabile.19■
Note:
1- Enrico Filippini, Frammenti di una conversazione interrotta. Interviste 1976- 1987, a cura di Alessandro Bosco, Castelvecchi, Roma, 2013, p. 307-311.
2- ibidem.
3- Fabio Gambaro, Touraine:”Siamo tutti soli come attori in un teatro vuoto“, la Repubblica, 31 ottobre 2013,
4- Giuseppe Sarcina, La crisi non ferma i bonus, al capo di Morgan Stanley 22,5 milioni, www.corriere.it, 3 aprile 2015.
5- www.repubblcia.it, 27 maggio 2015, di Claudio Zunino.
6- Luca Ricolfi, Se l’inclusione produce esclusione, in Il sole 24 ore, 24 maggio 2015.
7- Lorenzo Bini Smaghi, Il dilemma del merito per la buona scuola, il Corriere della Sera, 19 maggio 2015.
8- Marco Lodoli, Ho inventato la “buona scuola” ma non convinco i colleghi, la Repubblica, 22 maggio 2015
acati confermano lo sciopero nei primi due giorni di Scrutini. Bersani “Poche correzioni al senato e votiamo”, Riforma scuola, Bersani con qualche ritocco , al Senato felicissimi di votarlo”, www.repubblcia.it, 21 maggio 2015.
11- Goffredo De Marchis, Non lavoro contro il premier ma su presidi, precari e private bisogna ascoltare chi protesta, in la Repubblica, 22 maggio 2015.
12- Toni Saccucci, Il dietrofront sulla scuola, in Metro, edizione di Milano, 22 maggio 2015.
13- Antonella Cignarale, Nella scuola pubblica si lavora di più, ma gratis, Corriere della Sera, 10 marzo 2015.
14- Antonella Cignarale, Scuola, il Tra commissaria il Miur, il Corriere della Sera, 14 maggio 2015
15- Nadia Urbinati, La scuola pubblica da difendere, in la Repubblica, 6 maggio 2015.
16- Giulio Ferroni, Le parole della democrazia, il Sole 24 ore, 3 maggio 2015.
17- Attilio Oliva, La scuola non può appartenere al sindacato, in Il sole 24 ore, 13 maggio 2015.
18- Paolo Ferri, Quelle aule troppo distanti dalla realtà, il Sole 24 ore, 5 aprile 2015.
19- Condensazione sul Correre della sera del 9 giugno 2015
9- Lucano Canfora, “Scuola di capetti: è autoritarismo”, intervista a cura di Luca de Carolis, in Il fatto quotidiano, 12 maggio 20125.
10- Scuola i sindacati confermano lo sciopero nei primi due giorni di Scrutini. Bersani “Poche correzioni al senato e votiamo”, Riforma scuola, Bersani con qualche ritocco , al Senato felicissimi di votarlo”, www.repubblcia.it, 21 maggio 2015.
11- Goffredo De Marchis, Non lavoro contro il premier ma su presidi, precari e private bisogna ascoltare chi protesta, in la Repubblica, 22 maggio 2015.
12- Toni Saccucci, Il dietrofront sulla scuola, in Metro, edizione di Milano, 22 maggio 2015.
13- Antonella Cignarale, Nella scuola pubblica si lavora di più, ma gratis, Corriere della Sera, 10 marzo 2015.
14- Antonella Cignarale, Scuola, il Tra commissaria il Miur, il Corriere della Sera, 14 maggio 2015
15- Nadia Urbinati, La scuola pubblica da difendere, in la Repubblica, 6 maggio 2015.
16- Giulio Ferroni, Le parole della democrazia, il Sole 24 ore, 3 maggio 2015.
17- Attilio Oliva, La scuola non può appartenere al sindacato, in Il sole 24 ore, 13 maggio 2015.
18- Paolo Ferri, Quelle aule troppo distanti dalla realtà, il Sole 24 ore, 5 aprile 2015.
19- Condensazione sul Correre della sera del 9 giugno 2015
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