November 29, 2024
Riceviamo dall’Unione Inquilini e pubblichiamo
Il piano casa è solo un bluff
Il bluff è scoperto. Terminati gli annunci roboanti, le carte del governo mostrano la miseria di quello che chiamano piano casa ma che in realtà non affronta i nodi strutturali della sofferenza abitativa in Italia. Non c’è nessuna svolta, niente che assomigli neanche minimamente a un intervento strategico, che per ambizione, tenti di assomigliare, con la profonda innovazione di investire sul recupero del già costruito, ai grandi interventi del secondo dopoguerra o degli anni 70.
Anche il gioco degli specchi, per far apparire la realtà differente da quella che è, non funziona più.
Siamo di fronte a interventi che danno una piccola mancia a chi una casa già ce l’ha ma che non fa nulla per chi una casa non ce l’ha o l’ha persa. Siamo a una manciata di soldi per il fondo per la morosità incolpevole, peggio di quello che avevamo previsto, sulla base delle prime indiscrezioni che parlavano di una dotazione di 100 milioni l’anno. Per raggiungere un importo di qualche significato (226 milioni) si utilizza il trucco sommare le dotazioni di 7 anni (2014-2020). Sommando i 40 milioni già previsti (per i soli 2014 e 2015) fa un totale di 266 milioni in 7 anni per una dotazione annuale media di 38 milioni. Visto l’andamento degli sfratti in Italia, come segnalato dai rapporti ufficiali del Ministero dell’Interno (l’ultimo relativo ai soli primi 6 mesi del 2013 parla di circa 35 mila nuovi sfratti per morosità e 60 mila richieste di esecuzione forzata per sfratti per morosità emessi negli anni precedenti) l’importo medio a nucleo non supererà i 20 euro al mese. Anche l’intervento del recupero del patrimonio esistente delle case popolari è affidato a mutui da dare agli assegnatari e non sembra riguardare che in minima parte abitazioni oggi non assegnate e in degrado La riduzione della cedolare secca è un ulteriore vantaggio per la proprietà se non accompagnato da due interventi: una riduzione degli affitti (anche di quelli a canone concordato che oggi, a causa della crisi, assomigliano sempre di più a quelli di mercato) e l’abolizione dell’assurdo privilegio della cedolare secca per il libero mercato che permette a un proprietario di pagare sull’affitto che riceve meno tasse di un operaio sul proprio salario. L’unica misura strategica è quella della dismissione del patrimonio pubblico, ovvero l’intervento esattamente opposto a quello che sarebbe necessario per affrontare il nodo vero della sofferenza abitativa italiana che è quello, accanto al caro affitti, della assoluta mancanza di offerta di abitazioni a canone sociale. Con quattro abitazioni sociali su 100, l’Italia è il fanalino di coda dell’Unione Europea e sono oltre 650 mila le famiglie utilmente collocate nelle graduatorie per una casa popolare che rimangono senza risposta. Questa risposta non è venuta neanche dal governo Renzi. Questa è la notizia amara di ieri sera. Da parte nostra, chiederemo profonde modifiche in Parlamento e rilanceremo la mobilitazione nel Paese: abbiamo idee e proposte sia per incrementare l’offerta sociale, partendo dal riuso del patrimonio pubblico a partire dal demanio civile e militare, sia per finanziare questa nuova politica abitativa, partendo dal colpire fiscalmente lo sfitto, contrastare il canone nero, eliminare la legislazione che favorisce la rendita immobiliare parassitaria.
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