La Cgil perde iscritti e i dirigenti Cisl fanno una bella vita. Grande è il disordine ma la situazione non è eccellente
Postato il 21 Agosto 2015 | in Italia, Lavoro Privato, Lavoro Pubblico, Scenari Politico-Sociali, Sindacato | da admin
Un articolo su Repubblica denuncia che nel corso dell’ultimo anno la Cgil avrebbe perso 724 mila iscritti, pari al 13% del totale. La Cgil replica stizzita precisando che la sua banca dati è gestita in modo complesso e fino a Dicembre non sarà possibile registrare il numero esatto degli iscritti anche per la lenta trasmissione dei dati dalle varie province.
Il numero degli iscritti ai sindacati è in calo e sicuramente non veritiero rispetto alle cifre strobazzate dai segretari di categoria, anche da quelli che portano a casa 200 mila euro all’anno. Abbiamo dubbi fondati nel ritenere gonfiate le cifre degli iscritti a qualche sindacato autonomo e anche della Uil .Le stesse iscrizioni al sindacalismo di base restano ferme al palo e al di là della frammentazione tra sigle in perenne litigio i risultati non sono certo soddisfacenti.
Ci si iscrive al sindacato, lo fa spesso e volentieri per ricevere servizi come la denuncia dei redditi o anche solo per qualche informazione sul contratto di lavoro o una lettera al diigente\datore di lavoro, una sorta di pedaggio da pagare senza alcuna garanzia sulla salvaguardia di potere di acquisto salariale, di contrattazione e diritti collettivi e individuali.
Il calo delle iscrizioni non si spiega solo in termini ideologici o con le categorie quali rabbia, disillusione e tradimento, se cosi’ fosse avremmo una massa di lavoratori\trici incazzati\e a cacciare via sindacalisti perenni distaccati. Ma come dimostrano le elezioni rsu nel Pubblico impiego le clientele son dure da combattere….
Le motivazioni della crisi sono assai piu’ profonde , vediamone alcune:
- da anni non si rinnovano contratti con recupero salariale, l’economia basata sulla finanza e sui profitti del capitale la fa da padrone e i salari, soprattutto con l’avvento dell’euro arretrano come il nostro stesso potere di acquisto. Un sindacato che si limita alla difesa dell’esistente o si muove nell’alveo delle compatibilità della Bce è un sindacato destinato alla capitolazione per altro ingloriosa:
- nei luoghi di lavoro (pensiamo al commercio, alla fiat e non solo) iscriversi al sindacato vuol dire farsi licenziare o comunque ricevere un trattamento di favore (si fa per dire) dai padroni. La paura incide piu’ della rassegnazione che certo ha giocato un ruolo nella perdita di iscritti, rassegnazione poi che è sfiducia nel ruolo e nello stesso strumento sindacale;
- non esiste piu’ un sindacato di conflitto eccezion fatta per alcune sigle in determinati ambiti, vengono cosi’ meno le ragioni di appartenenza, la utilità di far parte di quella comunità di intenti e di azioni che stava alla base dell’origine sindacale
- il sindacato confederale non prende sul serio il razzismo dilagante nella società, si limita a parate prive di significato senza cogliere le ragioni del consenso che miete per esempio la Lega nei settori popolari. Il caso del Fronte nazionale non ha insegnato nulla.
- il sindacato,co me anche la rappresentanza politica, è ormai estranea alla classe lavoratrice, parla linguaggi diversi ed è sostenuta da pratiche ormai di mera conservazione, incapaci di strappare salario, reddito, diritti universali, condizioni lavorative di vita dignitose. Anche il sindacato di base nel suo complesso non dà segni di vita.
- dopo avere abolito la concertazione (quella che ha condannato noi tutti alle leggi della TRoika e a un sindacato compromesso e subalterno con i padroni e il potere politico dominante), il Governo Renzi non si accontenta del Jobs act e dei suoi decreti attuativi ma va oltre. Renzi, come Cameron in Gb, va dritto contro il diritto di sciopero e gioca la carta della delegittimazione tout cort del sindacato.
La perdita di consensi del sindacato suona come campanello di allarme pertutti\e, anche chi con il sindacato della concertazione ha rotto da tempo.
Cobas Pisa
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