November 23, 2024
Ancora una volta la il Consiglio di Stato afferma sia la legittimità dell’affidamento “In House” dei servizi sia la insindacabilità di tale scelta.
Nella recente sentenza 257/2015 si legge infatti:
Sotto altro concorrente profilo, deve poi ricordarsi che, come di recente sottolineato da questa Sezione (10 settembre 2014, n. 4599), per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 199 del 20 luglio 2012 “…i servizi pubblici locali di rilevanza economica possono in definitiva essere gestiti indifferentemente mediante il mercato (ossia individuando all’esito di una gara ad evidenza pubblica il soggetto affidatario) ovvero attraverso il c.d. partenariato pubblico – privato (ossia per mezzo di una società mista e quindi con una ‘gara a doppio oggetto’ per la scelta del socio o poi per la gestione del servizio), ovvero attraverso l’affidamento diretto, in house, senza previa gara, ad un soggetto che solo formalmente è diverso dall’ente, ma ne che sostituisce sostanzialmente un diretto strumento operativo, ricorrendo in capo a quest’ultimo i requisiti della totale partecipazione pubblica, del controllo (sulla società affidataria) ‘analogo’ (a quello che l’ente affidante esercita sui propri servizi) e della realizzazione, da parte della società affidataria, della parte più importante della sua attività con l’ente o gli enti che la controllano.
L’affidamento diretto, in house – lungi dal configurarsi pertanto come un’ipotesi eccezionale e residuale di gestione dei servizi pubblici locale – costituisce invece una delle (tre) normali forme organizzative delle stesse, con la conseguenza che la decisione di un ente in ordine alla concreta gestione dei servizi pubblici locali, ivi compresa quella di avvalersi dell’affidamento diretto, in house (sempre che ne ricorrano tutti i requisiti così come sopra ricordati e delineatisi per effetto della normativa comunitaria e della relativa giurisprudenza), costituisce frutto di una scelta ampiamente discrezionale, che deve essere adeguatamente motivata circa le ragioni di fatto e di convenienza che la giustificano e che, come tale, sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non sia manifestamente inficiata da illogicità, irragionevolezza, irrazionalità ed arbitrarietà ovvero non sia fondata su di un altrettanto macroscopico travisamento dei fatti (Cons. St., sez. V, 30 settembre 2013, n. 4832; sez. VI, 11 febbraio 2013, n. 762)”.
In definitiva i comuni possono legittimamente decidere l’affidamento dei servizi pubblici ad una propria società che risponde ai requisiti comunitari.
Ciò evidentemente non può essere impedito neanche dalle pianificazioni d’ATO che devono definire le modalità di una gestione unitaria e non come invece i comuni possano affidare le gestioni.
I Comuni in sostanza decidono insieme il come gestire ma possono decidere singolarmente a chi affidare tale gestione, nel rispetto degli indirizzi assunti in modo unitario e finalizzati alla ottimizzazione delle suddette gestioni.
In allegato la sentenza:
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