December 26, 2024
Come sapete, uno degli obiettivi del progetto SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS! è anche quello di fornire consulenze gratuite a tutti coloro che ne fanno richiesta, su tematiche relative a salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Da quando è nato il progetto ho ricevuto decine di richieste e devo dire che per me è stato motivo di orgoglio poter contribuire con le mie risposte a fare chiarezza sui diritti dei lavoratori.
Mi sembra doveroso condividere con tutti quelli che hanno la pazienza di leggere le mie newsletters, queste consulenze.
Esse trattano di argomenti vari sulla materia e possono costituire un’utile fonte di informazione per tutti coloro che hanno a che fare con casi simili o analoghi.
Ovviamente per evidenti motivi di riservatezza ometterò il nome delle persone che mi hanno chiesto chiarimenti e delle aziende coinvolte.
Marco Spezia
************
PERIODICITA’ DELLA SOSTITUZIONE DEI DPI
Ciao Marco,
volevo un chiarimento sui DPI e in particolare sulle scarpe.
Quelle che ci danno sono abbastanza comode, ma non durano nemmeno un anno.
Il datore di lavoro dice che non è tenuto a cambiarle, ma che farà presente il problema al fornitore, poiché è sua la responsabilità.
Cosa dice la legga a proposito di ogni quanto vanno cambiate le scarpe.
Grazie.
—————
Ciao,
il D.Lgs. 81/08 è un atto normativo di carattere generale e non entra nei dettagli come quello di ogni quanto sia necessario cambiare le scarpe o gli altri DPI.
Esso però fornisce il principio generale per cui il datore di lavoro deve provvedere alla manutenzione e alla sostituzione dei DPI, quando necessario, facendo riferimento alle istruzioni del fabbricante dei DPI stessi.
Ciò è sancito, come obbligo per il datore di lavoro, dall’articolo 77, comma 4, lettera a) del D.Lgs. 81/08:
“Il datore di lavoro mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d’igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie e secondo le eventuali indicazioni fornite dal fabbricante”.
Le indicazioni del fabbricante sono contenute nella nota informativa che il fabbricante stesso deve allegare a ogni confezione di DPI e che devono essere conformi a quanto riportato nell’Allegato II del Regolamento (EU) 2016/425.
Tale nota deve contenere, tra l’altro anche:
Al di là di quanto indicato dal fornitore, è ovvio che il datore di lavoro in ogni caso deve sostituire prontamente le scarpe (e ogni altro DPI) quando per usura e cause accidentali (schiacciamento, taglio, ecc.) queste abbiano perso le caratteristiche originali di protezione e di confortevolezza.
A presto.
Marco
************
MEDICO COMPETENTE, COPERTURA INAIL IN STRAORDINARIO, DVR NON CORRETTO
Buonasera Marco,
volevo chiederti alcune informazioni
1) Possono i RLS chiedere un incontro con il medico competente, senza avere il lasciapassare del datore di lavoro?
2) La maggior parte di noi lavoratori ha contratti individuali che prevedono il lavoro dal lunedì al venerdì, ma ci viene chiesto di lavorare anche il sabato e la domenica.
Secondo te, in caso di infortunio, potrebbero esserci problemi con l’’INAIL?
3) In caso di DVR “fantasioso”, a chi devo rivolgermi, Ispettorato del Lavoro o Asl o tutte e due?
Grazie anticipatamente per le tue risposte e per tutto il tempo che dedichi a questa fondamentale lotta.
—————
Ciao,
Vediamo punto per punto.
1) Niente vieta ai RLS di chiedere (informalmente) un incontro con il medico competente. Quest’ultimo si può rifiutare e nessuno (legalmente) lo può costringere e al contrario può acconsentire e nessuno glielo può impedire.
La riunione però ha valore soltanto informale, nel senso che l’unica riunione “ufficiale” tra RLS e medico competente (a cui partecipano però anche datore di lavoro e RSPP) è quello ai sensi dell’articolo 35 del D.Lgs. 81/08.
Sconsiglio di stilare un verbale della riunione tra RLS e medico competente (in quanto informale e non ufficiale), ma, piuttosto, inviare una comunicazione all’azienda sulle problematiche emerse dalla riunione.
2) Secondo l’INAIL (sito web ufficiale):
“l’assicurazione obbligatoria INAIL copre ogni incidente avvenuto per causa violenta in occasione di lavoro”.
Sempre INAIL specifica che:
“L’occasione di lavoro è un concetto diverso rispetto alle comuni categorie spazio temporali riassumibili nelle espressioni “sul posto di lavoro” o “durante l’orario di lavoro”. Si tratta di tutte le situazioni, comprese quelle ambientali, nelle quali si svolge l’attività lavorativa e nelle quali è imminente il rischio per il lavoratore. A provocare l’eventuale danno possono essere:
elementi dell’apparato produttivo;
situazioni e fattori propri del lavoratore;
situazioni ricollegabili all’attività lavorativa.
Non è sufficiente, quindi, che l’evento avvenga durante il lavoro ma che si verifichi per il lavoro, così come appurato dal cosiddetto esame eziologico, ossia l’esame delle cause dell’infortunio. Deve esistere, in sostanza, un rapporto, anche indiretto di causa-effetto tra l’attività lavorativa svolta dall’infortunato e l’incidente che causa l’infortunio”.
Pertanto l’INAIL estendo il concetto di “occasione di lavoro” oltre a le situazioni in cui il lavoratore opera all’interno azienda su disposizione del datore di lavoro, ad altre categorie.
A maggior ragione, quindi, il lavoro (in straordinario o previsto contrattualmente) che si svolge il sabato e la domenica è “in occasione di lavoro” e pertanto deve essere risarcito Dall’INAIL.
3) Per quanto attiene alla correttezza del DVR e in generale al controllo sul rispetto della normativa su salute e sicurezza sul lavoro, secondo l’articolo 13, comma 1 del D.Lgs. 81/08:
“La vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è svolta dalla azienda sanitaria locale competente per territorio e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco”.
Pertanto per quanto riguarda il DVR in senso generale l’organo di vigilanza è la ASL e, solo per quanto attiene alla valutazione del rischio incendio, l’organo di vigilanza sono i VVF. L’Ispettorato del Lavoro su certe tematiche, in generale, non interviene.
Se hai bisogno di ulteriori chiarimenti, scrivimi pure nuovamente.
Grazie delle belle parole relative al mio “lavoro”.
Marco
************
VALUTAZIONE DEL RISCHIO DA STRESS LAVORO-CORRELATO
Ciao Marco,
come RLS ho una richiesta da farti, perché vivere sulla pelle un cambiamento così drastico e un evidente peggioramento in tutti i sensi, ha “smosso” le pance di tutti.
E infatti la richiesta di aiuto più impellente che mi è stata chiesta è riferita a tutta una serie di malanni da stress.
E quindi ti chiedo: come sottolineare e segnalare la voce “stress da lavoro correlato” che spesso leggo ma che, in questo caso, non so come farne oggetto di richieste specifiche da rivolgere all’azienda o di denuncia direttamente all’ASL?
—————
Ciao,
la “questione” dello stress lavoro correlato deve essere presa in attenta considerazione da parte di ogni azienda.
Infatti (per la prima volta nella legislazione italiana) il D.Lgs. 81/08 impone al datore di lavoro (obbligo non delegabile, secondo l’articolo 17, comma 1, lettera a)) di eseguire la valutazione del rischio, anche relativamente allo stress lavoro correlato.
A tale proposito l’articolo 28, comma 1 del D.Lgs. 81/08 impone al datore di lavoro che:
“La valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a) […] deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004 […]”.
Metto in evidenza che tale obbligo, a carico del datore di lavoro, è sanzionabile.
In merito alla metodologia di valutazione dello stress lavoro correlato non entro nel merito, ma ti rimando alle relativa prime indicazioni e linee guida in merito (che puoi trovare facilmente in rete):
Circolare del 18 novembre 2010 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali “Approvazione delle indicazioni necessarie alla valutazione del rischio da stress lavoro-correlato di cui all’articolo 28, comma 1-bis, del D.Lgs. 81/08”;
Linea Guida INAIL 2017 per la valutazione e gestione del rischio stress lavoro-correlato.
Ti posso solo dire che, dopo un po’ di esperienze in merito, tali indicazioni e linee guide da applicare sono state elaborate a uso e consumo delle aziende, in modo da fare risultare in ogni caso i livelli di stress trascurabili.
In ogni caso metto in evidenza che i cardini della metodologia di valutazione (almeno per quella preliminare) sono:
suddivisione dei lavoratori in gruppi omogenei di rischio;
analisi di indici oggettivi di rischio (infortuni, condizioni del lavoro, ambito del lavoro);
mancata analisi di indici soggettivi;
collaborazione del RSPP e del medico competente;
coinvolgimento e partecipazione dei lavoratori e degli RLS.
Il documento del rischio da stress lavoro correlato, da redigere secondo i documenti di cui sopra, devono essere contenuti o allegati al documento di valutazione dei rischi aziendale (articoli 17, 28, 29 del D.Lgs. 81/08), che come sai è a disposizione degli RLS per consultazione.
Inoltre dei risultati della valutazione del rischio da stress lavoro correlato devono essere resi edotti tutti i lavoratori, secondo quanto disposto dagli articoli 36 e 37 del D.Lgs. 81/08, relativi alla informazione e formazione dei lavoratori.
In caso di mancanza di valutazione dello stress lavoro correlato o di inadeguatezza nella sua stesura (secondo quanto sopra accennato) i RLS possono rivolgersi all’ASL di competenza, ai sensi dell’articolo 50, comma 1, lettera o) del D.Lgs. 81/08:
“Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro”.
A disposizione per ulteriori chiarimenti.
Marco
************
SUL LAVAGGIO DEGLI INDUMENTI DI LAVORO CLASSIFICABILI COME DPI
Ciao Marco,
nella nostra attività lavorativa di manutentori siamo comunque spesso sottoposti a contatto con agenti biologici pericolosi (stasatura e sostituzione dei servizi igienici, stasatura e pulizia di condotti fognari, ecc.).
Riteniamo quindi che l’abbigliamento da lavoro ci faccia anche da DPI, in quanto ci protegge da rischio biologico.
E quindi riteniamo (da quanto ho letto anche nei tuoi articoli) che tale abbigliamento debba essere lavato dall’azienda a sue spese.
Mi dai conferma.
Grazie,
—————
Ciao,
Esprimo prima sinteticamente la mia opinione e riporto a seguire, per approfondimenti, le norme e le sentenze richiamate.
Per Dispositivo di Protezione Individuale (DPI) il D.Lgs. 81/08 (articolo 74) intende qualunque dispositivo che deve indossato dal lavoratore allo scopo di proteggerlo da tutti i rischi presenti nei luoghi di lavoro.
Lo stesso Decreto stabilisce come obbligo a carico del datore di lavoro quello di consegnare ai lavoratori i DPI in funzione dei rischi individuati nel Documento di Valutazione dei Rischi a cui sono sottoposti i lavoratori stessi (articolo 77, comma 1).
Oltre a ciò il datore di lavoro è tenuto a mantenere in condizioni di igiene i DPI in funzione degli agenti pericolosi dai quali i DPI proteggono i lavoratori.
Quanto sopra, oltre che essere indicato, in maniera generale dal D.Lgs. 81/08 è confermato dal Circolare del Ministero del Lavoro 26/04/99, n. 34 “Indumenti di lavoro e Dispositivi di Protezione Individuale”, nonché da numerose sentenze della Corte di Cassazione, prima fra tutte la Sentenza n.11139 del 05/11/98.
In pratica qualunque indumento che protegge i lavoratori dai rischi biologici, deve essere mantenuto in condizioni di igiene a cura e spese del datore di lavoro e quindi, trattandosi di rischi biologici, deve essere lavato e igienizzato. In alternativa tali indumenti devono essere del tipo “usa e getta”.
Nel vostro caso è evidente che siete sottoposti ad elevato rischio biologico, dovuto al concreto e frequente contatto con agenti patogeni presenti nei servizi igienici di cui siete tenuti a eseguire manutenzione e dalla presenza di feci nei giardini in cui tagliate l’erba con il decespugliatore.
In conseguenza di questo rischio, il datore di lavoro lo deve evidenziare all’interno del Documento di Valutazione dei Rischi e, di conseguenza deve disporre delle misure di protezione per proteggere i lavoratori, tra cui, soprattutto i DPI, cioè gli indumenti di lavoro (ma anche guanti, mascherine, ecc.).
La pulizia e l’igienizzazione di tali DPI è a carico del datore di lavoro e la sua omissione costituisce reato penale, secondo il D.Lgs. 81/08.
Quindi:
Un’osservazione sugli indumenti “usa e getta”.
Questi non possono essere le tutine che si comprano dal ferramenta per uso domestico, ma devono essere anche loro DPI, adeguati al rischio da cui proteggere. Di conseguenza devono essere marcati CE e dotati di nota informativa sulle loro caratteristiche e il loro uso.
A seguire l’estratto della normativa e della giurisprudenza citata.
Fammi sapere se hai ulteriori dubbi.
Un caro saluto e un abbraccio a te e a tutti i compagni.
Marco
—————
NORMATIVA E GIURISPRUDENZA DI RIFERIMENTO
D.Lgs. 81/08 e s.m.i.
Articolo 74 “Definizioni”
“Si intende per dispositivo di protezione individuale (DPI), qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.
Art. 77. Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:
a) effettua l’analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi;
b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI;
[…]
4. Il datore di lavoro:
a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d’igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie e secondo le eventuali indicazioni fornite dal fabbricante;
[…]
Circolare del Ministero del Lavoro 26/04/99, n. 34 “Indumenti di lavoro e Dispositivi di Protezione Individuale”,
“Rientrano, ad esempio, tra i dispositivi di protezione individuale (DPI) gli indumenti fluorescenti che segnalano la presenza di lavoratori a rischio di investimento, quelli di protezione contro il caldo o il freddo, gli indumenti per evitare il contatto con sostanze nocive, tossiche, corrosive o con agenti biologici, ecc.”.
“L’articolo 43, comma 4, del Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626, [articolo 77, comma 4, lettera a) del D.Lgs. 81/08] prevede che il datore di lavoro debba assicurare le condizioni igieniche nonché l’efficienza dei DPI ossia il mantenimento nel tempo delle loro caratteristiche specifiche quali, ad esempio, l’impermeabilità o la fluorescenza.
Ciò vale ovviamente anche per gli indumenti di lavoro che assumano la caratteristica di dispositivi personali di protezione. A tale scopo è necessario che il datore di lavoro provveda alla loro pulizia stabilendone altresì la periodicità”.
Sentenza della Corte di Cassazione n.11139 del 05/11/98:
“Invero, l’idoneità degli indumenti di protezione, come sopra imposta dall’art. 379 [del D.P.R.457/55], essendo la norma finalizzata alla tutela della salute quale oggetto di un autonomo diritto primario assoluto (articolo della 32 Costituzione), deve sussistere non solo nel momento della consegna degli indumenti stessi ai lavoratori, ma anche durante l’intero periodo di esecuzione della prestazione di lavoro, perché solo in tal modo si consegue lo scopo della norma che, nella concreta fattispecie, è quello di prevenire l’insorgere e il diffondersi d’infezioni, per effetto dell’uso dei mezzi protettivi connesso alla stessa durata della prestazione di lavoro. Ne consegue che, essendo il lavaggio indispensabile per mantenere gli indumenti in stato di efficienza, esso non può che essere a carico del datore di lavoro, quale destinatario dell’obbligo previsto dall’art. 379 più volte menzionato”.
Il principio affermato della citata Sentenza è confermato e ripreso, alla lettera, dalle successive Sentenze della Corte di Cassazione n.18573 del 04/09/07 e n.15202 del 23/06/10.
************
INFORTUNIO E SCARPE ANTINFORTUNISTICHE
Buongiorno Marco,
settimana scorsa al lavoro sono caduta sul pavimento bagnato di pioggia e da quel giorno sono in infortunio con la caviglia rotta e ingessata.
Mi chiedo: se avessi indossato delle scarpe antinfortunistiche forse non mi sarei fatta niente o forse il danno sarebbe stato meno grave?
Inoltre per il lavoro che facciamo (spostamenti di mobili), se ci cade uno di questi oggetti sui piedi non ci facciamo male?
Ti faccio queste domande perché oggi mi è arrivata una lettera dell’INAIL a cui devo rispondere. Fra le altre cose mi si chiede se la causa dell’infortunio sia addebitabile alla responsabilità di terzi. Non so cosa rispondere.
La caduta è avvenuta su una pertinenza della mia azienda, una specie di cortile esterno, ma coperto, che porta da un reparto all’altro. Il pavimento è leggermente rialzato e quando ho posato piede sono scivolata perché aveva piovuto.
Grazie.
un caro saluto.
—————
Ciao,
entro nel dettaglio normativo relativamente alle tue domande.
Parto dalla considerazione che il tuo è stato effettivamente un infortunio sul lavoro.
L’infortunio è definito dall’articolo 2 del D.P.R. 1124/65 (“Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”), secondo il quale:
“L’assicurazione comprende tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro, da cui sia derivata la morte o un’inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale, ovvero un’inabilità temporanea assoluta che importi l’astensione dal lavoro per più di tre giorni”.
Per “causa violenta” l’INAIL intende sostanzialmente “ogni aggressione che dall’esterno danneggia l’integrità psico-fisica del lavoratore”.
Tra le “aggressioni”, l’INAIL intende anche quelle legate alle “condizioni climatiche”.
Per “occasione di lavoro” l’INAIL specifica che “non è sufficiente, quindi, che l’evento avvenga durante il lavoro, ma che si verifichi per il lavoro […], deve esistere, in sostanza, un rapporto, anche indiretto di causa-effetto tra l’attività lavorativa svolta dall’infortunato e l’incidente che causa l’infortunio”.
Per approfondimenti vedi anche al seguente indirizzo:
https://www.inail.it/cs/internet/attivita/prestazioni/infortunio-sul-lavoro.html
E’ evidente che, nel tuo caso, l’incidente si configura come “infortunio” secondo la definizione sopra data, in quanto:
Per quanto riguarda la causa dell’infortunio, essa è sicuramente riconducibile a mancati adempimenti da parte del datore di lavoro, in quanto la normativa in materia (il D.Lgs. 81/08 “Testo unico sulla sicurezza”), impone allo stesso ben determinati obblighi in merito ai requisiti che devono avere i luoghi di lavoro.
Per effetto degli articoli 63 e 64 di tale Decreto il datore di lavoro ha l’obbligo di fare in modo che “i luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell’allegato IV”.
In particolare per quanto riguarda i pavimenti, l’Allegato IV impone che:
“1.3.2. I pavimenti dei locali devono essere fissi, stabili ed antisdrucciolevoli nonché esenti da protuberanze, cavità o piani inclinati pericolosi.
1.3.3. Nelle parti dei locali dove abitualmente si versano sul pavimento sostanze putrescibili o liquidi, il pavimento deve avere superficie unita ed impermeabile e pendenza sufficiente per avviare rapidamente i liquidi verso i punti di raccolta e scarico.
[…]
1.8.7. Quando i lavoratori occupano posti di lavoro all’aperto, questi devono essere strutturati, per quanto tecnicamente possibile, in modo tale che i lavoratori:
[…]
1.8.7.4 non possono scivolare o cadere”.
Come vedi il datore di lavoro si doveva adoperare per eliminare le possibili cause di caduta per scivolamento. Non avendo ottemperato a tali obblighi (il pavimento su cui sei scivolata era bagnato o comunque non antisdrucciolo), egli è di fatto responsabile di ogni conseguenza negativa che possa accadere a causa di tale inadempimento.
Infine anche nel caso delle scarpe antinfortunistiche (che rientrano tra i Dispositivi di Protezione Individuali, DPI), esistono precisi obblighi a carico del datore di lavoro, sempre dettati dal D.Lgs. 81/08.
In particolare, ai sensi dell’articolo 77, comma 1:
“Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:
a) effettua l’analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi;
b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI;
c) valuta, sulla base delle informazioni e delle norme d’uso fornite dal fabbricante a corredo dei DPI, le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b);
d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di valutazione”.
Quindi il datore di lavoro deve, prima di tutto, eliminare i rischi per i lavoratori con misure di prevenzione di natura tecnica od organizzativa (nel tuo caso evitare che la pavimentazione sia bagnata o adottare pavimenti antisdrucciolo e evitare che i lavoratori debbano spostare carichi a rischio di caduta sui piedi).
Solo se ciò non è possibile, egli deve scegliere dei DPI che proteggano i lavoratori dai rischi non altrimenti eliminabili.
Nel tuo caso i rischi sono quelli da schiacciamento della punta dei piedi e del tallone e il rischio di scivolamento.
Per questo motivo il datore di lavoro deve adottare scarpe antinfortunistiche con la punta in materiale resistente allo schiacciamento (acciaio, fibra di carbonio, ecc.) e suole antiscivolo.
Tieni conto che, secondo l’articolo 76, comma 2 del Decreto citato:
“I DPI […] devono inoltre:
a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un rischio maggiore;
b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;
d) poter essere adattati all’utilizzatore secondo le sue necessità”.
Ciò significa, per quanto riguarda le scarpe, che esse devono, tra l’altro, essere confortevoli per i lavoratori (cioè non eccessivamente pesanti, traspiranti, morbide, ecc.).
A disposizione per ulteriori chiarimenti.
Un caro saluto.
Marco
Lascia un commento