Prima a Quinto, in provincia di Treviso. Poi a Roma, per la precisione a
Casale San Nicola. L’arrivo dei profughi destinati ad alloggiare in appartamenti e centri di accoglienza ha sollevato una serie di proteste, anche violente, da parte dei residenti. Presidi e comitati si battono contro la decisione della prefettura, fanno resistenza. Insieme a loro, a dare man forte, ci sono esponenti di Casapound, che hanno cercato di bloccare l’arrivo dei rifugiati lanciando sassi e opponendosi alle forze dell’ordine. A Quinto, la protesta ha avuto la meglio: il sindaco ha annunciato che entro la sera di venerdì 17
i migranti saranno trasferiti. A Roma, invece, la tensione resta alta.
Le proteste dei residenti, però, sono un caso isolato. Come spiega a Linkiesta Carlotta Sami, portavoce per l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (UNHCR), «la stessa attenzione andrebbe data anche quando le reazioni sono, al contrario pacifiche. Ci sono decine e decine di persone che vivono lo stesso disagio di chi protesta, ma rispondono in modo diverso. Cioè accogliendo, con generosità e cura». Il problema, continua, «è che queste proteste sono guidate e fomentate», spiega. E il riferimento è chiaro.
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