November 27, 2024
Caro Bucci,
ad una seconda lettura (pur ancora veloce) penso di poter aggiungere alcune considerazioni a quelle precedentemente fatte a proposito del tuo “L’Ilva come laboratorio di uno stato neo-corporativo…” di cui non solo il titolo appare “azzeccato” ma ben esplicativo del testo, che mi permeto di dire evidenzia la “forza” dell’impianto teorico – che non ha nessun’altro degli attuali giuristi “di sistema” e “di chiara fama” (come li definiva il fascismo che li usava per legittimare il “sistema”) – della tua analisi e indagine di tipo organico, il solo e unico metodo sempre indispensabile per interpretare specialmente i “nuovi” fenomeni e processi che attraversano il Paese, nel campo sociale e nel suo ordinamento giuridico-istituzionale, che come l’Ilva, hanno cause generali e complesse e fa loro collegate che il tuo testo mette a fuoco nella sua essenza non solo “economico”, non solo “sociale”, non solo “politica” , ma nella sua inconfutabile natura di “combinato” economico-sociale-politico-istituzionale .
Si che il tuo lavoro fa risaltare , ancora una volta di più, il “cretinismo intellettuale” di un liberale come Rodotà e il “cretinismo della coalizione sociale” c.d., applaude un giurista liberale, uno che tra “i giuristi che sono degli analfabeti” (d’Albergo) è il più analfabeta di tutti e il più culturalmente legato alla teoria liberale del diritto dello Stato. Come appunto Rodotà che principia la frantumazione e lo spezzettamento delle scienze insegnando un diritto sparso in mille rivoli e del tutto separato dal potere d’impresa che il Rodotà non prende mai in considerazione ed anzi oblitera e occulta, di fatto legittimando e assolvendo il potere privato d’impresa da ogni responsabilità per i disastri che provoca in tutti i campi, dentro e fuori i luoghi di lavoro, compreso quello della salute e dell’ambiente di lavoro e del territorio.
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