Un torto subito da un lavoratore è un torto fatto a tutti (IWW)

L’imperialismo del XXI secolo

Postato il 25 Giugno 2013 | in Mondo, Scenari Politico-Sociali | da

Riceviamo e pubblichiamo l’articolo di Michele Basso

L’imperialismo del XXI secolo

I rapporti di forza tra i vari stati cambiano continuamente, in certi periodi in modo lento, in altri in modo repentino e devastante. Le crisi favoriscono e affrettano i cambiamenti politici e i contrasti, rendendo inevitabili, spesso, soluzioni militari. In questi tempi, l’ideologia del libero commercio, sempre più falsa in quanto nasconde una realtà di cartellizzazione e di protezionismo mascherato, entra in crisi.

Si dirà: il marxismo permette di analizzare e comprendere tutti questi problemi. Vero, ma ci sono due osservazioni da fare. La prima risale agli stessi fondatori , che ne parlarono in più occasioni. Scegliamo la più sintetica :

“Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura. Quando si studiano simili sconvolgimenti, è indispensabile distinguere sempre fra lo sconvolgimento materiale delle condizioni economiche della produzione, che può essere constatato con la precisione delle scienze naturali, e le forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, ossia le forme ideologiche che permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo”.(1) Non c’è un rapporto meccanico tra i fatti economici e le loro conseguenze sociali, c’è la mediazione della politica, e nessuno, anche ammesso che abbia una grande conoscenza dei rapporti economici, può risparmiarsi lo studio della situazione politica, dei rapporti diplomatici, delle ideologie e delle forme di cultura.

Altro problema è che, quando Marx scriveva il “Capitale” o Lenin studiava lo sviluppo del capitalismo in Russia, trovavano dati statistici genuini, oggi quasi tutti gli stati presentano dati falsi, e giornali e riviste riportano raramente le statistiche della produzione, mentre si dilungano sui giochi di borsa. Ancora più ingannevoli le notizie politiche, in particolare quelle legate alla politica estera.

Per questi motivi, non è facile un’analisi dettagliata della situazione politica internazionale, anche se è possibile tracciarne alcune linee fondamentali.

I diversi ritmi di sviluppo o di decadenza degli stati comportano reazioni a livello politico e militare per adeguarsi ai mutati rapporti di forza. I paesi più potenti si disputano frazioni del mercato mondiale e usano ogni mezzo per ottenere spartizioni più favorevoli. Questa pressione per la revisione degli accordi e dei trattati internazionali, delle sfere di influenza, dei rapporti politici e militari negli anni trenta era portata avanti soprattutto da stati in ascesa, ma tagliati fuori dai possedimenti coloniali, pur avendo strutture produttive e potenza militare fuori del comune, come Germania e Giappone. A questi s’era aggiunta l’Italia, che aveva un impero, ma non era in grado di sfruttarlo. Si pensi al petrolio libico, di cui probabilmente Mussolini neppure sospettava l’esistenza. Questo revisionismo assunse sempre più un carattere virulento. Negli studi sulle cause della seconda guerra mondiale, l’eurocentrismo di storici, e specialmente di politici e giornalisti, ha messo in rilievo soprattutto le operazioni militari, le minacce, le occupazioni di stati condotte dalla Germania. Pochi, persino nell’estrema sinistra con l’eccezione di Trotsky, si resero conto che, in un certo senso, la seconda guerra mondiale era cominciata con l’invasione della Cina da parte del Giappone. Una frazione notevole dell’umanità -la Cina già allora aveva una popolazione smisurata – era in guerra. Dal 1937 al 1941 la Cina affrontò il Giappone da sola. Le perdite cinesi sono difficilmente quantificabili, alcuni storici parlano di 20 milioni tra soldati e civili, altri di 35 milioni. Non risulta, però, che in occidente si facciano cerimonie commemorative, che si ricordi questo gigantesco olocausto.

Le ideologie giustificatorie dell’epoca erano il nazionalismo spinto, il razzismo, la teoria dello spazio vitale. Non erano giunti ancora al livello di ipocrisia attuale: oggi i massacri con l’uranio impoverito e col fosforo bianco sono giustificati con l’esportazione della democrazia, che viene affossata in patria, come dimostrano le recenti rivelazioni di Edward Snowden sul Datagate. Che gli USA ci spiassero tutti era risaputo, ora abbiamo appreso che l’Inghilterra lo fa in modo ancora più sistematico.. Secondo le rivelazioni di Snowden, pubblicate dal Guardian, “ la GCHQ è in grado di intercettare un numero addirittura superiore di comunicazioni private rispetto alla NSA; intercettando 200 cavi di fibre ottiche può monitorare fino a 600 milioni di comunicazioni al giorno. Per due miliardi di utenti web in tutto il mondo Tempora rappresenta un accesso alla nostra vita quotidiana, intercettando ogni nostra forma di comunicazione. “(2) Obama ci deve essere rimasto male, lo spionaggio inglese ci controlla meglio di quello americano.

Non risulta che Letta abbia chiesto a Obama e a Cameron spiegazioni, si vede che per lui va bene così. E poi ci parlano di diritto alla privacy!

A differenza degli anni trenta, il revisionimo rispetto alle zone di influenza non viene da stati esclusi dai mercati delle colonie o delle semicolonie, ma proprio da quello che sopravanza tutti gli altri come potenza politica e militare. Dopo il crollo dell’URSS, gli USA hanno imposto la loro egemonia in zone vastissime, con mezzi diversi, che vanno dall’occupazione militare alle rivoluzioni colorate, riducendo sempre più l’autonomia degli alleati, che recitano le parti di apripista o di imperialisti velleitari.

Una campagna ben orchestrata cerca di farci credere che la causa di tutti i mali è rappresentata dalla Germania.Si tratta certo di uno stato importante e potente, ma è un falso bersaglio, perché la catena del collare dei paesi europei è nelle mani degli USA, e i governi di questi paesi sono talmente servili nei confronti dell’altra sponda dell’Atlantico da meritare il trattamento che subiscono. Deboli con la grande potenza, sono spietati nei confronti dei lavoratori e dei ceti poveri, come nei confronti dei popoli che si trovano nel mirino dell’imperialismo. Ai giorni nostri, purtroppo, non c’è un Dante che li collochi all’Inferno quando sono ancora in vita, come fece con Bonifacio VIII.

Dopo la fine dell’URSS, la Germania conquistò rapidamente i mercati dell’Europa dell’est, e qualcuno disse giustamente che l’industria tedesca era riuscita là dove i carri armati di Hitler avevano fallito. Ma non c’è un rapporto meccanico tra economia, politica e controllo militare, e la guerra di Jugoslavia dimostrò che le forze armate USA, alle quali si accodò il paggetto D’Alema, controllavano ancora il territorio , e che la Germania non poteva tradurre il suo innegabile successo economico in predominio politico militare. Gigante economico, la Germania, anche se non è più un nano politico, per avere un peso politico adeguato alla sua economia, dovrebbe affrontare gli Stati Uniti e vincerli in guerra , cosa assai improbabile. Stesso discorso per il Giappone, che ad un certo punto sembrò sorpassare gli USA, ma fu fermato, e subì lunghi anni di stasi. Il dominio militare non è ininfluente in economia, proprio come il controllo del territorio da parte di organizzazioni mafiose determina il successo delle imprese amiche e il fallimento di quelle avversarie. Gli stati imperialisti, come la malavita organizzata. usano le pressioni , i ricatti, e, all’occorrenza, l’assassinio, ma, al posto della lupara, impiegano i droni, l’occupazione militare, i bombardamenti.

Gli USA cercano di controllare le principali fonti di petrolio e di gas e di materie prime strategiche, non tanto per utilizzarle, ma per privarne gli avversari e persino gli “amici”. Con la scusa che occorre isolare gli stati “canaglia” , i paesi europei non possono più servirsi del petrolio iraniano. Sono tollerati i rifornimenti petroliferi russi alla Germania, ma la debole Italia ha dovuto vendere gran parte della sua partecipazione all’oleodotto South Stream e tradire Gheddafi, che faceva all’Italia un trattamento di favore riservando all’ ENI buona parte della produzione petrolifera.Non è stata la Germania a imporre ai governi italiani queste soluzioni suicide, non è stato neppure Bush, è stato il mitico democratico Obama.

Gli USA cercano di costringere gli alleati a comprare armi costosissime ma piene di difetti, come gli F 35, su cui lo stesso Pentagono trova a ridire, ma si guardano bene da consegnare quelle che metterebbero in pericolo la propria supremazia. Persino con Israele, potenza che forse ha più atomiche della Cina, l’America si è rifiutata di dare l’ultima versione delle bombe bunker buster (Massive Ordnance Penetrator) e i cacciabombardieri Stealth B2 .(3)

Una dozzina di anni fa, Toni Negri e compari parlavano di impero, con cervellotici confronti con l’Impero romano. Ma Augusto realizzò una relativa pace (sia pure oppressiva per gli schiavi e i popoli sottomessi), mentre gli USA esportano continuamente guerre, servendosi anche di mercenari estremamente loschi, di al Qaida e relativi fanatici. Non avendo più la possibilità di trasformare vaste zone, come l’Europa occidentale e il Giappone nel dopoguerra, in regioni ad alto sviluppo, con investimenti americani e profitti favolosi, introducono intenzionalmente il caos in una serie di stati, riuscendo a dominarli giocando sulle rivalità interne. E’ un gioco pericoloso, e l’area di guerra, che va dall’Afghanistan al Mali, dal Libano alla Somalia, è paragonabile a quella della guerra nippo- cinese degli anni trenta. E’ un’area enorme e ha centinaia di milioni di abitanti. Si tratta di un’avvisaglia di una futura guerra mondiale? Non ci sono gli elementi per dare un giudizio sicuro, ma il pericolo c’è.

Intanto l’America, dopo avere scaricato sull’Europa almeno una parte delle conseguenze della crisi, si appresta ad infierire imponendo l’aria di cosiddetto libero scambio L’esempo sconvolgente del Messico fa comprendere a cosa si andrà incontro. All’Italia potrebbe toccare la funzione di area turistica, ma non si pensi che questo voglia dire maggiore attenzione verso il patrimonio artistico e culturale, anzi… Un impiegato di un’agenzia turistica ci disse: “Abbiamo l’ordine di far girare i turisti a grande velocità, devono avere l’impressione di vedere un sacco di cose.” Il turismo di massa è devastante per il paesaggio e le risorse artistiche. Con la classe dirigente peggiore del dopoguerra, i nominati del Porcellum, probabilmente fallirà anche questa soluzione. L’Italia assumerà la funzione del lanzichenecco, un imperialismo su commissione USA. Eccone un esempio: la Stampa ci informa che il governo ha accettato un nuovo gravoso compito proposto da Obama: “L’Italia è pronta a tornare in Libia, a tornarci con uomini in divisa e con un obiettivo eloquente: «sminare» quel Paese, provando a togliere le armi dalle mani delle milizie.

Proprio questo è il compito più gravoso e inatteso: facilitare la requisizione delle armi attualmente nelle mani delle tantissime milizie, circa 500, che «occupano» il territorio libico. Un compito del quale dovranno occuparsi necessariamente uomini in divisa, è presto per dire se militari dell’Esercito o carabinieri e che non potrà che svolgersi sotto la regia dei Servizi.” (4) Credete chen Letta abbia contrattato un alleggerimento degli impegni militari italiani in altre zone, ad esempio un ritiro dall’Afghanistan? Niente da fare, ha dichiarato : «Il nostro ruolo è ancora informale, ma c’è la richiesta degli altri Paesi che l’Italia abbia un ruolo di prima fila e noi non ci tiriamo indietro».

I parametri di Bruxelles, intangibili quando si tratta di assicurare un minimo di tutela a lavoratori, pensionati, disoccupati, diventano un colabrodo quando si tratta di assicurare l’ordine imperialistico. Comunque l’Italia ha trovato il suo Vietnam, la sua guerra di Algeria. Nel dopoguerra, il nostro paese, avendo perso le colonie, evitò le guerre coloniali che coinvolsero i paesi europei vincitori del conflitto mondiale. Grazie a Obama e a Letta, con molti decenni di ritardo, la disgrazia allora evitata si ripresenterà. E non ci sarà una massiccia presenza degli americani su cui poggiare. E il territorio italiano sarà sottoposto a ritorsioni.

Mentre i talebani possono organizzare attentati in Afghanistan e Pakistan, ma difficilmente in Italia, per i ribelli libici tutto questo sarà possibile. Letta ha calcolato quanti morti questo “ruolo di prima fila” procurerà? O lascerà gestire ai successori il fallimento dell’impresa ?

E’ possibile che la sconfitta faccia risorgere nel paese un’opposizione classista, ma bisogna cominciare a dare l’allarme, perché ci si opponga fin da subito a questa impresa sciagurata.

Si aggiunga che l’ammiraglio De Giorgi, in audizione alla Camera, ha detto: “o il Parlamento ci dà dieci miliardi in dieci anni per nuove navi (“non sono un grosso investimento”, ha buttato lì, come per caso) oppure l’Italia sarà ridotta all’irrilevanza navale…Ha fatto anche una sua personalissima graduatoria: una volta stavamo subito dopo la Francia, adesso persino la Germania ci sopravanza e siamo addirittura alla pari della Grecia. (5) Letta e de Giorgi proclamano che occorre dare lavoro ai giovani, ma che lavoro? Legionari alla caccia di ribelli nel Sahara, o delle barche di immigrati clandestini e di rifugiati politici sulle coste della Libia?

Non siamo nella stessa barca (e tantomeno nella stessa banca) con questa putrefatta borghesia e i suoi servi. Urge separare la sorte dei lavoratori e delle classi sfruttate da quella degli sfruttatori, far capire loro la necessità di un’organizzazione rivoluzionaria, per un’altra Italia, un’altra Europa, un’altra comunità internazionale antiborghese e anticapitalista.

Note

1) Karl Marx, “Per la critica dell’economia politica”, Prefazione.

2) Washington piange, Londra non ride (22/06/2013) di Piero Cammerinesi (corrispondente dagli USA di Coscienzeinrete Magazine e Altrainformazione)

3) Limes n. 4/2013, Dario Fabbri, “Così il Pentagono ha bloccato la guerra all’Iran”.

4) http://www.lastampa.it/2013/06/19/italia/politica/letta-torna-a-casa-col-compito-di-sminare-la-libia

5) Toni De Marchi , “Allarme della Marina: senza 10 miliardi non potremo invadere la Cina”, Il Fatto Quotidiano , 20 giugno 2013

   Invia l'articolo in formato PDF   

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

AVVISI IMPORTANTI

Appuntamenti

Archivi

Tag Cloud