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Morte in OPG

Postato il 22 Gennaio 2015 | in Italia, Scenari Politico-Sociali | da

OPGRIPORTIAMO 3 ARTICOLI:

Da NAPOLI.FANPAGE.IT

AVERSA: MUORE IN CELLA ALL’OPG DI AVERSA. LA PROCURA INDAGA.

Antonio Staiano, 50 anni, detenuto da 10 nell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa, nel Casertano, è stato trovato morto nella sua  cella la sera del 6 gennaio. Sul caso indaga la Procura di Napoli Nord.

È giallo sulla morte di Antonio Staiano, cinquantenne di Vico Equense deceduto nel pomeriggio dell’Epifania nell’Ospedale Psichiatrico di Aversa (Caserta), dove era detenuto da circa dieci anni. Il corpo senza vita dell’uomo è stato trovato dagli agenti della polizia penitenziaria intorno alle cinque del pomeriggio dello scorso 6 gennaio, nel corso dei normali controlli. Stando a quanto accertato da un primo esame del medico legale intervenuto sul posto, il decesso sarebbe da attribuire ad un improvviso arresto cardiaco. Ma sarà l’autopsia, disposta dalla Procura di Napoli Nord, che sul caso ha aperto un fascicolo, a permettere di ricostruire le ultime ore di vita del paziente. La salma di Staiano è stata infatti trasferita all’Istituto di Medicina Legale di Caserta, dove verrà sottoposta all’esame tra oggi e domani. Staiano scontava la pena per il duplice omicidio dei suoi genitori, avvenuto nella notte fra il 20 ed il 21 agosto del 2001. Sposato e padre di una bambina che all’epoca aveva tre anni, decise di costituirsi al carcere di Poggioreale di Napoli da dove, constatatane l’infermità mentale, venne successivamente trasferito all’Opg di Aversa.

Una morte naturale, quella di Staiano, un omone alto due metri, a cui sono stati riservati gli opportuni approfondimenti soprattuto perché ultima di una lunga serie di morti sospette e di suicidi avvenuti in una struttura che è al centro di diverse inchieste giudiziarie. Solo l’anno scorso si sono susseguiti diversi decessi. Uno dei più recenti risale a circa due anni fa, quando il corpo di uno dei pazienti reclusi venne trovato carbonizzato. Come gli altri, secondo la legge, anche l’Opg aversano diretto, da Elisabetta Palmieri, avrebbe dovuto chiudere a marzo del 2013, chiusura rinviata nel 2015 per effetto di due proroghe. Per il prossimo 27 marzo è fissato, invece, il processo a carico dell’ex direttore dell’Opg di Aversa, Adolfo Ferraro, accusato insieme ad altri 17 medici, di maltrattamento e sequestro di persona per fatti avvenuti tra il 2006 e il 2011

http://napoli.fanpage.it/muore-in-cella-all-opg-di-aversa-la-procura-indaga

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Dalla GAZZETTA DI REGGIO

REGGIO EMILIA: “MIO FIGLIO, MORTO SOFFOCATO DAL CIBO IN CELLA ALL’OPG DI REGGIO EMILIA”

Daniele De Luca, 29 anni, ucciso da un pezzo di bistecca: da due anni la famiglia punta il dito contro la dieta e i soccorsi.

«E’ da due anni che mio figlio è morto. Io aspetto ancora di sapere la verità e che venga fatta giustizia». Michele De Luca, 52 anni, è il padre di Daniele: un ragazzo di 29 anni di Roma quartiere Tor Bella Monaca, internato all’Opg di Reggio e morto in cella il 12 gennaio 2013 soffocato da un pezzo di bistecca.

E’ una storia dolorosa quella che racconta l’uomo. La storia di un padre e di una madre, che per anni hanno dovuto fare i conti con la difficile malattia del figlio: una schizofrenia paranoide che era capace di farlo diventare violento, aggressivo. Una lotta quotidiana che li aveva esasperati al punto che un giorno la donna, all’ennesima aggressione, aveva denunciato il figlio per maltrattamenti. Sperando che potesse essere quello un modo per salvarlo. E’ questa la vicenda giudiziaria che lo fece invece finire in comunità e ospedali psichiatrici da un capo all’altro dell’Italia, fino al suo arrivo, nell’ottobre 2012, all’Opg di Reggio. I genitori però non lo abbandonarono mai.

«Lo venivamo a trovare spesso. L’ultima volta, il giorno prima della Befana» confida il padre. Quel maledetto 12 gennaio 2013, però, successe qualcosa. E’ il legale della famiglia, l’avvocato Flavio Rossi Albertini, a raccontare: «Daniele viene notato riverso a terra dentro la sua cella da personale dell’Opg e medici che sono quel giorno in struttura perché si stanno recando da un altro internato. Gli praticano le prime manovre rianimatorie. Poi, chiedono l’intervento del 118».

Fu il personale medico di Reggio Soccorso a rilevare che Daniele aveva un primo pezzo di carne in bocca e a rimuoverlo. Poi, nonostante i tentativi di rianimazione, il 29enne morì. E’ stato l’esame autoptico a chiarire le cause del decesso: asfissia. E il medico legale incaricato dalla procura, la dottoressa Barbara Collini, a rilevare e a rimuovere in sede di autopsia un «bolo carneo in regione sovraglottica»: un pezzo di carne, dunque, la bistecca del pasto appena consegnato, di dimensioni 10 centimetri per 6.

L’inchiesta per omicidio colposo a carico di ignoti, coordinata dal sostituto procuratore Valentina Salvi, un anno fa è arrivata a una richiesta di archiviazione. A cui, però, il legale della famiglia si è opposta. «Per noi esistono invece più profili di responsabilità» evidenzia l’avvocato Rossi Albertini.

A partire da una questione: la dieta alimentare riservata a Daniele. «Il giovane era quasi completamente senza denti e i farmaci che prendeva provocano ovviamente problemi alla masticazione e alla deglutizione – fa notare – Una bistecca evidentemente non era adatta alla sua condizione. E le “Linee guida nazionale per la ristorazione ospedaliera ed assistenziale” riportano che in caso di pazienti con disturbi del genere è necessario prevedere a cibi adeguati». In modo, dunque, che non rischino di soffocare solo per colpa di un grosso pezzo di bistecca.

Ma la famiglia attraverso una approfondita relazione redatta dal perito di parte, il dottor Natale Mario di Luca, espone dubbi anche sulla correttezza delle manovre di soccorso prestate al giovane. «Come è possibile che non si siano accorti di un pezzo di carne in gola di quelle dimensioni? Senza la sua rimozione ogni tentativo di rianimazione si è rivelato vano: non passava aria. Noi riteniamo che non tutto sia stato svolto correttamente» conclude Rossi Albertini.

Il giudice per le indagini preliminari, un anno fa, ha respinto l’archiviazione rimandando al pubblico ministero ulteriori accertamenti: chiarire chi dovesse decidere la dieta alimentare dell’internato, un approfondimento sulle linee guida alimentari e ha chiesto di sentire il personale del 118 intervenuto. «Ho pensato anche di venire a Reggio, di incatenarmi. Son due anni che aspettiamo la verità. Per Daniele e per gli altri ragazzi internati» conclude il padre.

http://gazzettadireggio.gelocal.it/reggio/cronaca/2015/01/16/news/mio-figlio-soffocato-dal-cibo-in-cella-1.10679650

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“QUEL RAGAZZO E’ MORTO PERCHE’ ABBIAMO UN OPG DA DENUNCIA”

Le dichiarazioni del cappellano don Daniele Simonazzi dopo il caso del giovane recluso morto soffocato da un pezzo di carne

Ha conosciuto il giovane (Daniele De Luca) morto per soffocamento all’ospedale psichiatrico giudiziario e non vuole entrare nello specifico dell’inchiesta in corso, ma una cosa il cappellano dell’opg (don Daniele Simonazzi) la vuole dire e con forza: «Daniele è morto perché è una situazione da denuncia!». A queste parole fa seguito una descrizione allucinante di quanto avviene nella struttura restrittiva : il 70% dei servizi igienici è incrostato, tubature in evidente degrado, vestiti sporchi, vetri mai puliti, mancano detersivi e saponi, viene servito il cibo nei piatti sporchi del giorno prima, per non parlare di un ricoverato senza gambe che mangia per terra («Come i cani…»).

Il perché è presto detto: «Manca coordinamento fra la parte amministrativa e quella sanitaria dell’opg – spiega il sacerdote – con accuse reciproche. Dei cinque settori in cui è diviso l’opg, uno è seguito dagli agenti penitenziari, gli altri quattro dall’Ausl. Eppure non ho mai visto i dirigenti dell’Ausl venire a vedere di persona cosa accade nella struttura. Il 50% delle celle fanno schifo! Ma tanto prima o poi lo chiudono… E, senza risorse, si va avanti grazie alla buona volontà degli operatori, ma c’è tanta frustrazione fra il personale».

L’accesso all’ospedale psichiatrico…

Tempo fa i ricoverati erano arrivati a 320, ora sono 142 e questa riduzione ha almeno attenuato, anche se di poco, i problemi. Ed è in questo “inferno” decritto da don Daniele Simonazzi che è maturata la morte di Daniele De Luca, romano di 29 anni affetto da schizofrenia paranoide, deceduto in cella il 12 gennaio 2013 soffocato da un pezzo di bistecca.

http://gazzettadireggio.gelocal.it/reggio/cronaca/2015/01/17/news/quel-ragazzo-e-morto-perche-abbiamo-un-opg-da-denuncia-1.10686769

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