November 25, 2024
Il presidente dell’Inps, l’economista Tito Boeri, ha lanciato ieri un allarme inquietante: i nati nel 1980 dovranno lavorare fino a 70-75 anni e godranno di pensioni più basse rispetto a quelle attuali: il 25% in meno, considerando tutto l’arco di vita pensionistica, che grazie all’innalzamento dell’età pensionabile si accorcerà significativamente. Boeri ha anche aggiunto che per i molti che stanno vivendo una carriera discontinua, ci saranno problemi di “adeguatezza” dell’assegno (leggasi: percepiranno pensioni così basse che avranno bisogno di sussidi di povertà).
Boeri ha inoltre accennato al problema della crescita, poiché con un tasso di crescita basso (ipotizzato dell’1% l’anno per i prossimi decenni) sarà sempre più complicato finanziare le pensioni. Problema che però le riforme non risolvono, semmai aggravano. E’ un serpente che si morde la coda. Tenere al lavoro persone di 70-75 anni vuol dire mettere un freno alla già scarsa produttività, con il risultato che – a parità di altri fattori – avremo meno crescita: la disoccupazione giovanile e la permanenza degli anziani al lavoro si ripercuote anche sulla qualificazione delle competenze dal lato dell’offerta e sulla capacità di quest’ultima di rispondere ad una dinamica della domanda sempre più concentrata in segmenti di produzione ad alta intensità di conoscenza. I lavoratori anziani sono meno qualificati, conoscono meno i mezzi di produzione più recenti e hanno maggiori difficoltà ad aggiornarsi e ad imparare cose nuove, cosicché il learning by doing non riesce più giocare il suo ruolo di impulso della produttività.
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