December 26, 2024
Dalla newsletter on-line “Punto Sicuro” https://www.puntosicuro.it (a cui è possibile iscriversi online gratuitamente), riporto un interessante articolo sulla inutilità della attuale politica contro le morti sugli infortuni, da parte degli “Organi di Controllo” (INA, ASL, VVF).
Per farla breve: meno discorsi e più fatti.
PIÙ SICUREZZA, MENO CARTA
Leggendo i commenti ai nostri articoli, ascoltando le domande poste nei convegni o anche solo parlando con gli operatori spesso si percepisce una distanza, la distanza tra la sicurezza sulla carta, quella che esce dagli intenti del legislatore e della conformità normativa, e la sicurezza reale, quella che si percepisce sul campo. Se in teoria abbiamo delle buone leggi e delle buone prassi, il problema è che spesso non le applichiamo.
Detto questo dobbiamo anche cercare di comprenderne il perché. Una risposta è necessaria se vogliamo cambiare la situazione, senza rimanere nel vago della denuncia di una “mancanza di cultura della sicurezza” nelle aziende, tra i lavoratori o gli operatori.
A rispondere ci prova Riccardo Borghetto.
E lo fa magari con un linguaggio inusuale per il nostro giornale e con alcune affermazioni e giudizi che non condividiamo (ad esempio riguardo alla supposta inutilità di alcuni documenti).
Più di dieci anni fa ho sostenuto l’evento slogan di un collega “più sicurezza meno carta”.
Oggi, dopo tanti anni, non è cambiato nulla. Casomai le cose sono peggiorate. Essendo la normativa italiana basata sull’assolvimento preciso di un numero elevatissimo di specifici adempimenti – molti dei quali, a mio avviso, inutili – di fatto si è spostato l’obiettivo dal ridurre gli incidenti, all’adempiere. L’Italia burocratica lo è anche quando si tratta di salvare vite umane.
Non è vero che aumentando il tempo dedicato agli adempimenti e ai documenti, aumenta la sicurezza reale. Il nostro tempo è finito. Il tempo disponibile dal nostro contratto di lavoro (sia come dipendenti, o consulenti) o dedicato ad uno specifico task è finito. La nostra attenzione è sempre più calante. Quindi la nostra efficacia dipende anche da questo.
Le aziende che hanno adottato la filosofia snella “Lean Thinking” sono molto più performanti delle altre, a parità di altre condizioni. Bene, anche la sicurezza dovrebbe beneficiare di questa filosofia, che elimina che cose inutili e si concentra sui processi essenziali.
Partiamo dal POS, il documento che per come viene attualmente redatto è del tutto inutile nel determinare un miglioramento della sicurezza, almeno per la mia limitata esperienza sul campo. Ogni volta che mi imbatto in qualche piccola azienda che opera in appalto e di cui esamino il POS, quando c’è, trovo centinaia di pagine, che lo rendono di fatto impossibile da leggere e soprattutto applicare.
Chi lavora, pensa di sapere come fare, senza dover leggere un documento scritto da altri. Il POS spesso è scritto con un linguaggio comprensibile per chi fa sicurezza per mestiere, ma incomprensibile per un operativo. Teniamo anche presente che la scolarità degli operativi è molto bassa e molto spesso si tratta di stranieri che non sanno leggere la lingua italiana.
Probabilmente l’intenzione del legislatore era quello di imporre che prima di “operare” bisogna “pianificare” come si opera. Ma purtroppo nel mondo dell’edilizia e dei piccoli appalti, non è così.
Ho progettato per circa 10 anni computer molto complessi. Nell’elettronica il progetto è fondamentale. Non può esistere un prodotto come un computer o uno smartphone senza il suo progetto: hardware, firmware, software, design ecc. E non ci devono essere errori. I chip sono velocissimi, miliardi di operazioni in un secondo. Se gli fai ripetere un trilione di operazioni, operano facendo esattamente la stessa cosa per un trilione di volte. Sto parlando dei chip. Non delle persone.
Se fai fare 100 comportamenti ad un lavoratore (ad esempio attendere il verde prima di passare ad un incrocio), otterrai 100 volte piccole variazioni dello stesso comportamento, alcune con errori, altre con distrazioni, altre con violazioni deliberate.
I lavoratori non sono abituati a “leggere” un progetto di sicurezza, se non in casi molto particolari di cui “percepiscono” il rischio se si fa diversamente dal progetto. Se l’attività è ad alto rischio (come i lavori in quota), ma non è percepita tale, come vediamo tutti i giorni, anche se alcune misure di sicurezza sono “scritte” nel POS, non saranno eseguite.
Chi scrive il POS non coincide con chi dovrebbe applicarlo. Chi lo scrive o è un consulente esterno che teme di dimenticare qualcosa e scrive anche quello che non serve. Oppure nelle piccole aziende il POS viene lasciato all’unica persona che sa scrivere a computer: la segretaria amministrativa. In alcuni casi si utilizza un software che genera una quantità molto elevata di pagine inutili.
Bisognerebbe che il POS fosse composto di qualche pagina con qualche schizzo/disegno e null’altro.
Altro documento che nessun appaltatore legge e che il committente fatica a scrivere è il DUVRI. Probabilmente l’unico che lo legge è colui che lo scrive.
L’altro giorno ho letto un DUVRI composto da 150 pagine fitte di tabelle e matrici di rischi scritte con font piccolo che immagino nessuno mai leggerà e soprattutto applicherà.
E’ questa la sicurezza che salva le persone?
La gestione dell’interferenza che funziona è quella in cui vi è un lavoratore che rappresenta il committente, che fornisce informazioni, indicazioni pratiche, prescrizioni, organizza brevi riunioni e che controlla l’attività dell’appaltatore. Svolge una attività pratica sul campo. Questa è utile e migliora la sicurezza.
E veniamo ai sistemi di gestione. I responsabili di più sistemi di gestione di aziende complesse meritano un premio. Durante la certificazione sono sottoposti ad uno stress micidiale. Per settimane sono introvabili “sono sotto certificazione”.
Quanti documenti bisogna mantenere? Sono tutti utili per prevenire??
E sono contenti quando passano la certificazione con zero NC. Io sarei più contento se quel sistema riducesse almeno 1 infortunio importante.
Ritorno a quanto detto prima in merito al tempo disponibile: il tempo che dedichiamo ai documenti va inevitabilmente sottratto alla nostra presenza in campo a osservare come si comportano i lavoratori, a fornire suggerimenti, ad acquisire commenti e informazioni preziose.
In Italia si lavora come se il tempo fosse una risorsa infinita. E questo è un problema generato da chi scrive le leggi che non se ne preoccupa. Non ha chiaro l’impatto operativo di quello che scrive. L’utilizzo produttivo del tempo è importante. Quando un processo dura 15 anni, per rispettare in modo perfetto le procedure, non è più un processo utile. Le aziende che operano in un mercato concorrenziale devono essere snelle, veloci, produttive, efficaci. Anche la sicurezza lo deve essere. E deve essere performante, cioè deve produrre risultati efficaci di riduzione degli infortuni e malattie professionali. L’attuale impostazione a mio avviso, nata da norme burocratiche punitive, è molto lontana dal raggiungere questo obiettivo e dal determinare una cultura di prevenzione
L’attuale normativa, a mio avviso, ha portato molti addetti ai lavoratori a perdere di vista l’obiettivo: dal ridurre gli incidenti mortali e gravissimi, al ridurre l’esposizione alle responsabilità penali e interdittive, al passare la certificazione con zero conformità, riempire nei documenti tutto il possibile perché “non si sa mai”, avere gli attestati a posto, anche se i lavoratori si comportano a rischio, dimostrare di essere attenti al tema di sicurezza varando leggi sempre più repressive, anche se non funzionano.
Se abbiamo un elevato numero di infortuni vuol dire che l’architettura del sistema istituzionale (le leggi, gli enti preposti, ad esempio. l’INAIL, gli organi di vigilanza, la struttura degli enti di formazione e di consulenza – non è efficace e andrebbe fortemente cambiata, prendendo a riferimento i paesi che hanno performance migliori delle nostre.
Tratto dalla Mailing List Sixurezza sul Lavoro
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