December 30, 2024
Pubblichiamo un’intervista a due attivisti del sindacato militante polacco Inicjatywa Pracownicza (Iniziativa Operaia), realizzata in occasione della proiezione del documentario «Special Exploitation Zones» a Bologna, insieme a un video dedicato alle condizioni di vita e di lavoro delle donne di Wałbrzych. La Polonia è l’unico stato membro dell’Unione Europea ad aver istituito delle Special Economic Zones (SEZ), zone di ipersfruttamento che permettono alle multinazionali di estrarre enormi profitti connettendo i territori ai flussi transnazionali grazie a regimi fiscali particolari e lucrando sulle condizioni di lavoro e di vita degli operai e delle operaie impiegate, spesso migranti. Nell’estate del 2012 la fabbrica Chung Hong Electronics, situata in una di queste zone, è diventata l’arena di una rivendicazione collettiva e di uno sciopero. La fabbrica è un subappalto di LG Electronic, che produce schede TV. Le operaie e gli operai hanno rifiutato di far funzionare i loro macchinari per quasi due settimane. Una serrata così seria non accadeva in Polonia dalla trasformazione capitalista del 1989. I. e G. ci descrivono la situazione lavorativa e il percorso che ha condotto all’organizzazione dello sciopero, gli ostacoli e le prospettive che ha offerto ai lavoratori e, soprattutto, alle donne.
Quali erano le condizioni di lavoro alla Chung Hong?
I: I lavoratori della Chung Hong ricevono salari molto bassi, di solito il minimo, in Polonia sono 300 € netti, 400 € lordi. Più della metà di questo salario devi spenderlo per la casa, Perciò per la vita ti rimangono attorno ai 150 €, anche meno, come se fosse nulla. Dall’altra parte sei costretto a fare gli straordinari, attorno alle 150 ore all’anno, ma chiaramente alcuni fanno molto di più e se la produzione procede ad alto ritmo i lavoratori devono lavorare 16 ore al giorno, 2 turni, se rifiutano possono anche essere licenziati. Si può vedere la precarizzazione della condizione lavorativa nel senso che le persone sono lasciate a casa dal lavoro e poi possono tornare ma solo a costo della flessibilizzazione delle loro condizioni, contratti a tempo determinato. Questa situazione l’abbiamo osservata alla FIAT. Quest’anno FIAT ha licenziato 1450 lavoratori e un mese fa circa 150 di loro hanno avuto la possibilità di essere reintegrati, ma come precari, con salari più bassi e contratti a tempo determinato. In Chung Hong circa metà dei lavoratori sono impiegati attraverso agenzie interinali, quando la produzione è alta, si passa da 200 a circa 400 lavoratori, sempre attraverso le agenzie. Se la produzione è bassa ci sono solo 200 lavoratori e la maggior parte di loro con contratti temporanei di 2 o 3 anni. Una cosa molto importante è che impegna 2 o 3 ore per arrivare allo stabilimento, pochi di loro vivono a Wroclaw, ma la maggior parte vive in delle città lontane dove la disoccupazione raggiunge il 30%, o anche di più, e impegnano tanto per arrivare al lavoro per chi si tratta di distanze di almeno 100 km. Perciò se devono fare gli straordinari impegnano due ore per arrivarci e due ore per tornarci, e perciò hanno solo alcune ore per riprodursi, per passare del tempo con i figli, è una situazione orrenda.
G: Questo è uno stabilimento a catena di montaggio, chi ci lavora a una pausa di venti minuti per turni di 8 ore, se vogliono andare in bagno devono chiedere al supervisore, devono avere il permesso, alcuni per il lavoro che fanno devono essere collegati al pavimento con dei cavi che ovviamente limitano la loro mobilità. In fabbrica ci sono anche quelli che misurano i tempi di lavoro, spiando i lavoratori, è un metodo fordista di organizzazione del lavoro.
I: Un’altra cosa, che è successa con la LG. Chung Hong è un fornitore di LG, ed è situata in una zona creata per LG. A LG un lavoratore è mortoin un incidente sul lavoro perché gli mancava l’addestramento alla sicurezza, non gli era stato spiegato come usare i macchinari su cui doveva operare, ed è morto per questo. Ci sono state delle ispezioni, e siamo venuti a sapere che ai lavoratori vengono fatti dei finti addestramenti su come usare questi macchinari, e capita spesso di subire ustioni a causa dell’elettricità o incidenti in cui muoiono lavoratori.
G: In molti casi ci sono questi finti addestramenti. Gran parte del lavoro in catena di montaggio è abbastanza facile, dopo un paio di giorni diventano regolari, ma non vengono retribuiti per questi addestramenti.
Quindi, come avete organizzato la lotta e lo sciopero e quali sono stati i risultati?
I: I Lavoratori da Chung Hong si sono associati due anni fa al nostro sindacato e dopo qualche mese hanno iniziato una vertenza sindacale perché era impossibile ottenere qualche cosa dal padrone, non era disponibile a trovare un accordo su nulla, proprio su nulla, e per questo motivo i lavoratori, infastiditi da questo atteggiamento, hanno deciso di dare inizio a una vertenza sindacale.
Se sei un lavoratore polacco e vuoi organizzare uno sciopero legale devi rispettare tre diverse fasi, dopo di che si deve organizzare un referendum, i lavoratori, per superare i primi tre step ci hanno impiegato un mese e poi hanno organizzato un referendum , ma era davvero difficile da fare, perché il datore di lavoro non ha lasciato che si organizzassero all’interno della fabbrica, così lo hanno dovuto fare sull’autobus. Di solito, come ho detto prima, per andare a lavoro partono da delle città che sono distanti anche 100 km dalla fabbrica e sta al datore di lavoro organizzare il trasporto per loro. Quindi hanno fatto questo referendum in autobus e durante il referendum il leader dello sciopero, G., è stato licenziato. Gli operai della fabbrica hanno così deciso di scioperare e durante il referendum i lavoratori hanno votato per lo sciopero, quindi effettivamente la maggior parte di loro voleva scioperare. Ma, di fatto, la maggior parte non ha scioperato. Questo perché la gente che lavora negli uffici, gli impiegati, gli amministrativi e così via, essendo davvero vicini agli operai li hanno controllati per vedere se scioperavano o meno e i lavoratori per paura di essere licenziati hanno deciso di rimanere in fabbrica rinunciando allo sciopero. Alla fine hanno scioperato 24 persone e dopo due settimane sono state tutte licenziate per motivi disciplinari. Vuol dire che quando sono stati licenziati non hanno beneficiato della disoccupazione e non hanno potuto usufruire di alcun benefit, sono rimasti senza alcun reddito! Così abbiamo cercato di organizzare una sorta di fondo speciale per loro, abbiamo raccolto i soldi per questo ed era la cosa più importante per noi, perché tra le persone che erano in sciopero c’erano madri senza alcun reddito. È accaduto tutto tra giugno e luglio; a settembre i bambini andavano a scuola ma non avevano soldi per i libri, non avevano i soldi per fare niente, così abbiamo cercato di raccoglierli per loro. In questo momento stiamo sostenendo queste cause e tutto ciò che organizziamo le riguarda. Ma è davvero difficile vincere e ci vorrà ancora qualche anno perché queste cause si chiudano. Inoltre anche se i lavoratori dovessero vincere le loro cause avrebbero 1000 € dopo 2 anni come risarcimento, quindi nulla di che.
Durante lo sciopero, i lavoratori non potevano entrare all’interno della fabbrica, c’erano una cosa come 40 gradi o più. Faceva caldo, la temperatura era insostenibile, non potevano andare alla toilette, essendo davanti alla fabbrica, non potevano entrare negli autobus per i lavoratori; i datori di lavoro, infatti, hanno noleggiato alcuni bus solo per loro, al fine di separarli da tutti i lavoratori. Non potevano parlare con gli altri lavoratori, niente. È stato davvero un momento difficile per loro, soprattutto perché non potevano usare nemmeno il bagno. Hanno fatto pipì davanti ai giornalisti, d’altronde non avevano altra scelta. Come sindacato, abbiamo ovviamente cercato di sostenerli, abbiamo organizzato una manifestazione intorno alle Zone Economiche Speciali, dei picchetti, restando con loro tutto il tempo e, naturalmente, abbiamo organizzato il sostegno di altri gruppi e di altri sindacati, ma solo un sindacato chiamato Agosto 80, abbastanza grande in Polonia, li supporta, e solo un’altra organizzazione ha deciso di sostenerli. Abbiamo anche organizzato dei picchetti e delle occupazioni speciali di quelle agenzie che, in quanto enti pubblici, sono responsabili della creazione delle Zone Economiche Speciali concedendo le autorizzazioni alle aziende. Se qualche società vuole unirsi alle Zone Economiche Speciali, l’azienda, per ottenere le necessarie autorizzazioni, deve rivolgersi a questo ente pubblico, l’agenzia di sviluppo industriale, ente che è pubblico e dà le autorizzazioni alle aziende, così abbiamo organizzato delle occupazioni nella sede principale di questa agenzia, chiedendo che prima di concedere i permessi per le aziende che li richiedono, si verifichi se l’azienda rispetta i diritti del lavoro oppure no.
Hai detto che c’erano molte lavoratrici donne; cosa puoi dire dell’impatto delle lotte sulla vita di queste donne?
I: Al momento stiamo notando che molte donne partecipano a molte lotte. Per esempio, prendono parte a delle lotte connesse a problemi abitativi perché le case sono legate all’area di produzione, ma anche in fabbrica vediamo molte donne attive. Anche in questa lotta molte donne hanno partecipato. Le ha toccate molto. C’erano madri single che non avevano nessun reddito, nessun diritto al welfare, non guadagnavano niente e perciò lavoravano perché non volevano essere dipendenti dalle loro famiglie. Dopo lo sciopero sono state nuovamente costrette a dipendere dalle loro famiglie ed è stato abbastanza problematico per loro, perché sono dovute tornare a vivere con le loro famiglie, padre e madre, e dipendevano anche dal reddito familiare. D’altra parte, sappiamo che se una donna sciopera e inizia a lottare, a volte i servizi sociali possono andare da loro e controllare se sono buone madri o no. Non accade mai agli uomini, ma se le donne iniziano a lottare è abbastanza comune che i servizi sociali vengano a controllare se sei una buona madre. È una situazione molto repressiva, le donne sono minacciate e corrono il pericolo di perdere i bambini. Ci sono anche altre donne per cui le lotta hanno avuto effetti positivi. In realtà, quando le ho incontrate per la prima volta dipendevano dai loro mariti perché erano sposate e non potevano fare niente da sole; i mariti erano sempre con loro e non le lasciavano essere attive nel sindacato, così era molto difficile per loro venire alle riunioni sindacali. Di solito non potevano e dovevano litigare e scontrarsi con i mariti per venire a una riunione. Una donna, dopo lo sciopero, è stata cacciata di casa dal marito perché lui ha detto che non accettava il suo attivismo sindacale e le sue altre attività, e quindi lei ha deciso di lasciarlo e divorziare. Credo che sia stata un’esperienza positiva per lei perché ora lei è una persona totalmente libera e non dipende più da suo marito che era oltremodo dispotico. Lei è ancora attiva nel sindacato e anche altre sono attive dopo un anno dalla mobilitazione; sono molto positiva su questo perché è stata un’esperienza davvero dura per loro, specialmente per Yola, perché lei ha perso il lavoro. Dall’altro lato, ha perso il marito ma ha trovato qualcosa nella lotta e ancora crede che la lotta sia stata importante, le sue lotte sono importanti. Quindi, è stata un’esperienza veramente positiva.
Un’ultima domanda: perché avete scelto di fondare un vostro sindacato?
G: È una storia lunga. Veniamo da alcuni gruppi anarchici in Polonia e questo è il nostro background politico di base. Nella nostra città [Poznan] abbiamo fondato una sezione della Federazione Anarchica 10 anni fa. Alcune persone dell’ambiente anarchico nella nostra città hanno iniziato intorno al 2000-2001 a essere interessate al tema del lavoro e del sindacato, sotto l’influenza dell’anarco-sindacalismo, e siamo venuti a contatto con lavoratori provenienti da differenti parti della Polonia e da diversi sindacati. Abbiamo stabilito delle relazioni molto forti con gli operai della fabbrica Cegielski. Nel 1956 gli operai di questa fabbrica hanno organizzato la prima grande rivolta operaia contro il regime comunista, dunque è una fabbrica con una tradizione di resistenza operaia. Intorno al 2002-2003 c’è stato l’ultimo picco delle lotte operaie in Polonia e noi, con i lavoratori di questa fabbrica, siamo entrati nel comitato nazionale di supporto della protesta dei lavoratori. Abbiamo partecipato a molte proteste e, dopo questa esperienza, nel 2004 abbiamo fondato un sindacato formale. È stata un’idea dei lavoratori della Cegielski. Volevano un’unione sindacale indipendente. Prima, erano iscritti a «Solidarietà 80». Il nostro sindacato è stato fatto da persone che non erano d’accordo con «Solidarietà». Questo gruppo di Cegielski, in particolare, non voleva stare più un quel sindacato: era troppo burocratico e non abbastanza militante per loro. Perciò nel 2004 abbiamo inaugurato insieme «Iniziativa Operaia».
I: All’inizio non c’erano molte donne, ce n’erano alcune, ma non molte. Ora ce ne sono un sacco in «Iniziativa Operaia» perché nelle fabbriche e in altri luoghi il lavoro si è decisamente femminilizzato, specialmente il lavoro non qualificato; questo accade, ovviamente, perché le donne accettano più degli uomini salari più bassi ecc. Anche se abbiamo a che fare con una situazione del genere, gli stessi padroni usano la differenza sessuale contro i lavoratori e cercano di bloccare l’attivismo femminile in fabbrica. Allo stesso modo, talvolta le autorità locali fanno lo stesso: mandano la polizia o i servizi sociali dalle donne attiviste. Anche se accadono cose del genere, vediamo che le donne provano a organizzarsi come lavoratrici nelle fabbriche e anche su altri livelli, come la riproduzione o la questione abitativa.
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