November 25, 2024
Sono passati più di quindici anni da quando, in un libro voluminoso come solo quelli francesi sanno essere, Boltanski e Chiapello illustravano il rovesciamento di segno della parola flessibilità nella letteratura di parte padronale: dalla paura negli anni Settanta associata all’ingovernabilità operaia, al divenire negli anni Novanta ricetta salvifica per il mercato del lavoro. In questi quindici anni le cose sono ulteriormente cambiate: i rapporti di forza, già allora favorevoli al capitale, sono diventati tali da ridurre al minimo l’ambivalenza che ancora un paio di decenni fa la flessibilità aveva, tra imposizione della precarietà e scelta della libertà.
Il libro Precariato. Forme e critica della condizione precaria, a cura di Silvia Contarini e Luca Marsi, registra lo stato dell’arte. Come viene spiegato nella presentazione, porta le tracce di un convegno tenutosi a Parigi nel dicembre del 2012, dal titolo Avere il coraggio dell’incertezza. Le culture del precariato; presenta utili materiali di inchiesta sui lavoratori dell’industria culturale, dell’arte e del loisir, propone visioni parzialmente discordanti che si muovono tra filosofia e sociologia, tra sforzo genealogico e immaginazioni alternative.
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