Un torto subito da un lavoratore è un torto fatto a tutti (IWW)

Pubblica Amministrazione: il salvadanaio del Governo Renzi

Postato il 14 Settembre 2015 | in Italia, Scenari Politico-Sociali | da

salvadanaioPer molti anni il movimento operaio e le organizzazioni sindacali e politiche piu’ radicali hanno guardato con profondo scetticismo e sospetto la pubblica amministrazione pensando a ragione che le contraddizioni tra capitale e lavoro si giocassero nel lavoro privato e in particolare nelle fabbriche

Con la crisi del fordismo , da non confondere con la fine della classe operaia che ha rappresentato una comoda uscita per molti dalla contraddizione tra capitale e lavoro, le cose sono cambiate e spesso le contraddizioni sono emerse lontane dalle fabbriche oggetto di una feroce ristrutturazione che ha espulso negli anni ottanta migliaia di lavoratori e lavoratrici, quasi sempre i piu’ radicali e riluttanti ad accettare il dominio padronale

Ripercorrere la storia degli anni ottanta e novanta sarebbe utile e necessario per comprendere come la normalizzazione capitalistica abbia avuto buon gioco utilizzando anche lo spettro del terrorismo per imporre un clima di paura e di rassegnazione

La costituzione dei cobas , alla fine degli anni ottanta, ha rappresentato una prima risposta e inversione di tendenza alla quale sono seguiti accordi atti a limitare il diritto di sciopero e a criminalizzare i settori piu’ combattivi della classe fino ai nostri giorni con le regole della rappresentanza che cancellano i residui spazi di democrazia sindacale.

Negli ultimi 25 anni la stessa pubblica amministrazione ha subito cambiamenti radicali che avrebbero bisogno di analisi e approfondimenti. Proviamo in sintesi a fornire qualche spunto di lettura..

Negli enti locali e nella sanità esisteva una classe lavoratrice combattiva che ha dato vita a collettivi (dai policlinici alla nettezza urbana) combattivi e radicati nei luoghi di lavoro. Solo una parte di queste esperienze è sopravvissuta, i sindacati cgil cisl uil hanno operato per circoscriverne la diffusione fagocitando al loro interno (con permessi e distacchi sindacali) le figure piu’ combattive, nei primi anni novanta queste esperienze hanno ripreso vita, in forme diverse, dentro il sindacalismo di base

La composizione degli enti locali e della sanità oggi è profondamente cambiata rispetto a 25\30 anni fa, sono diminuiti i ruoli esecutivi (le funzioni esternalizzate a ditte e cooperative), da lustri i concorsi (pochi) sono destinate a figure professionali con diploma e laurea.

Negli ultimi 15 anni , soprattutto in sanità, sono emersi sindacati di professione con l’idea che la tutela sindacale sia destinata solo a una parte del comparto (per esempio il sindacato degli infermieri), forti del venire meno di quella solidarietà che ha portato a battaglie vincenti e unificanti

In questo contesto la logica della performance , della valutazione dirigenziale ha fatto breccia anche nei sindacati e alla fine quei soldi conquistati per tutti sono stati destinati solo a pochi mettendo i lavoratori gli uni contro gli altri

La idea cislina della contrattazione decentrata ha vinto nel pubblico impiego destinando una parte del salario alla contrattazione di ente. Nel corso del tempo le materie oggetto di contrattazione sono passate alla concertazione (gli enti non avevano piu’ l’obbligo di contrattare materie con le rsu) e poi nel corso degli ultimi 10 anni le stesse sono solo oggetto di informativa

Questo percorso lineare ha raggiunto obiettivi quali:

  • la perdita del potere di contrattazione delle rsu e dei sindacati cosiddetti rappresentativi (ai tavoli nazionali hanno escluso i sindacati di base, se non proprio tutti quasi)
  • il salario, prima era distribuito in parti uguali pur con le differenziazioni tra livelli di appartenenza, è diventato oggetto di trattativa e diviso in base alla performance anche se su materie rilevanti il potere decisionale del sindacato è pressoché nullo. La performance lascia parte del salario alla mercè delle valutazioni dirigenziali
  • La contrattazione nazionale è stata ridotta ai minimi termini e il ruolo delle rsu (che rappresentano ormai un freno alle lotte dei lavoratori) depotenziato

Il blocco dei salari per lunghi sei anni ha giocato un ruolo rilevante nella ulteriore perdita di potere di acquisto e di contrattazione. Non si è mai vista una categoria cosi’ immobile e passiva nonostante il blocco dei salari che poi ha determinato anche il blocco della contrattazione decentrata che si riduce per altro a materie insignificanti. in questo lasso di tempo il personale della Pa ha perso qualcosa come quasi 7 mila euro se calcoliamo i mancati aumenti contrattuali, il blocco delle progressioni di carriera, la mancata integrazione del fondo del salario accessorio, le regole che hanno progressivamente decurtato lo stesso fondo fino agli effetti sull’assegno previdenziale.

L’arretratezza della forza lavoro nella pubblica amministrazione e l’isolamento del sindacato di base è la premessa per i processi di ristrutturazione avviati dal Governo renzi

qui la posta in gioco diventa pesante e basterebbe vedere la quantità di decreti legge sulla Pa che stanno di fatto riscrivendo le regole del settore pubblico.

La distruzione delle province (che al contrario di quanto detto rappresentavano una percentuale irrisoria della spesa pubblica) porta al disimpegno su importanti materie quali la manutenzione di strade e edilizia scolastica, sullo stesso lavoro con il balzello tra enti locali e regioni sulla gestione degli ex centri per l’impiego.

L’idea del governo Renzi è quella di non investire nel pubblico e favorire il passaggio di personale da un comparto all’altro, del resto le tabelle di equiparazione costruite per il trasferimento coatto del personale delle province ad altre amministrazioni è solo la premessa di altri trasferimenti di massa. E attenzione che queste tabelle lasciano fuori una parte importante del salario fino ad oggi percepito dai lavoratori, insomma il passaggio avvenga ma al massimo ribasso e in un colpo solo si distruggono anche le conquiste salariali del personale della Pa

La idea poi di sostituire i dirigenti con personale dirigenziale a tempo determinato non risponde solo alla volontà di ridurre la spesa di personale ma vuole avere figure a tempo ricattabili e controllabili dai politici distruggendo quella poca autonomia che i tecnici avevano. Detto in soldoni, il futuro dirigente pubblico o esegue pedissequamente quanto i sindaci o i grandi capi degli enti loro diranno o perderanno il posto e i dirigenti in sovrannumero dovranno accettare ob torto collo il ridimensionamento a funzionari.

Queste manovre avvengono nel silenzio assenso dei sindacati concertativi che per esempio nelle Province hanno escluso le stesse Rsu dalle trattative con le Regioni temendo che qualche delegato rompesse loro le uova nel paniere.

I prossimi mesi vedranno una nuova spending review che attaccherà ferocemente la sanità per favorire ulteriormente le strutture private a danno di quelle pubbliche e colpiranno non solo i dipendenti pubblici ma anche la forza lavoro negli appalti che già oggi è sotto ricatto e soggetta a regole capestro

La ristrutturazione della pubblica amministrazione e dello stesso welfare è dirimente per il sistema capitalistico e non va inquadrata solo dentro i pareggi di bilancio e le politiche di austerità che colpiscono i settori pubblici e la loro forza lavoro, infatti si va disegnando con i prossimi contratti la riscrittura dello stesso lavoro pubblico con regole identiche a quelle padronali

Allo stesso tempo i diritti collettivi ed individuali, i servizi e le tutele alla persona subiranno un forte ridimensionamento.

Per questa ragione la Pubblica amministrazione è un ambito dirimente per la lotta sindacale e soprattutto se riusciremo a coniugare la difesa del potere di acquisto e di contrattazione con le istanze di cittadini che vedono minacciati diritti un tempo inalienabili come quello alla salute e alla istruzione. Questa è la sfida da raccogliere

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