Un torto subito da un lavoratore è un torto fatto a tutti (IWW)

Abbiamo lasciato Israele

Postato il 11 Novembre 2015 | in Mondo, Scenari Politico-Sociali | da

KashuaIl più conosciuto scrittore palestinese di Israele si è trasferito nel Midwest

http://www.newyorker.com/magazine/2015/09/07/an-exile-in-the-corn-belt
di Ruth Margalit
Un secolo fa, sul monte Scopus, a Gerusalemme, Albert Einstein tenne la prima lezione nella futura Hebrew University, una lectio magistralis di novanta minuti. Nel giugno del 2014, Sayed Kashua, un romanziere, giornalista, autore televisivo, e forse il rappresentante più visibile della vita palestinese in Israele era lì per fare il discorso di commiato ai neo laureati. Il suo soggetto era la vita tra le lingue, un terreno familiare per un autore che si identifica come palestinese, ma scrive solo in ebraico. Anche se ha avuto soltanto quindici minuti a disposizione, l’invito era senza precedenti; la prima volta che l’università aveva aperta la porta ad un arabo a parlare ai laureati.
Kashua, che è sui quaranta anni, è cresciuto a Tira, un villaggio arabo nel centro di Israele, in una famiglia di agricoltori di frutta che avevano vissuto nella stessa casa fin dai tempi del mandato britannico. Negli ultimi dieci anni, è diventato uno scrittore la cui colonna sul giornale Haaretz, “la gente appende sul loro frigo”, come aveva detto un collega. Egli è una celebrità, non solo nella sinistra ma, come una dirigente televisiva mi ha detto, anche tra i “tassisti e sostenitori di Beitar”, una squadra di calcio di Gerusalemme i cui fan di destra sono noti per cantare “Odio tutti gli arabi . Ha deciso di lasciare per sempre Israele.”Volevo una vita tranquilla per i mie figli. Ma non si può crescere dei figli in Israele su valori di piena uguaglianza. Bambini arabi, voglio dire. Bambini ebrei forse si”.

Ruth Margalit, ebrea US-americana ha fatto lo stesso
http://www.newyorker.com/magazine/2015/09/28/the-mail-from-the-september-28-2015-issue
di Paula Wagner
Ruth Margalit sul perché Sayed Kashua ha scelto di lasciare: ho molto ammirato il coraggio di “Arab Labor” per la satira sugli stereotipi ebrei- arabi, e su “destra e sinistra”, ma non poteva più fare dell’umorismo”.
Io mi sono trasferita in Israele da giovane donna idealista, e i miei figli sono nati a Gerusalemme, subito dopo che sia iniziata l’occupazione. Non ho mai sofferta la discriminazione come Kashua , ma i miei motivi per lasciare Israele sono simili al suo: avrei potuto non vedere la disuguaglianza evidente per un po ‘, ma non ho potuto mentire ai miei figli. Lasciando Israele è stata la decisione più difficile della mia vita. Né l’esilio volontario di Kashua né il mio toglie il nostro profondo desiderio per una terra più pacifica ed equa per tutti i figli di Israele, indipendentemente dal loro background o appartenenza religiosa o culturale.

traduzione di Leonhard Schaefer

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