December 26, 2024
07 Aprile 2020
Dall’inizio dell’emergenza Covid-19 nella regione Toscana sono state rese pubbliche centinaia di procedure, disposizioni di carattere cautelativo e raccomandazioni di tutti i tipi ai cittadini. “STATE A CASA”, è stato ripetuto in maniera ossessiva, al fine di proteggere i soggetti più fragili, i malati, gli anziani. A questa terribile emergenza sanitaria dilagata come un fiume in piena nel nostro paese la risposta e la strategia del Presidente della Regione Enrico Rossi non è andata oltre una frenetica e disordinata riorganizzazione degli ospedali, già decimati e depotenziati da anni di malapolitica e da tagli economici indiscriminati: un tardivo reclutamento del personale medico e infermieristico, quando ormai eravamo già in piena emergenza, tramite l’elemosina delle nuove assunzioni di personale sanitario già in pensione, di neolaureati privi di un adeguato tirocinio ospedaliero, di personale privo di ogni minima nozione sanitaria attinto dalle agenzie interinali. Del resto, si tratta dello stesso presidente Enrico Rossi che, in carica sin dal lontano 2010, aveva contribuito in prima persona in maniera determinante allo smembramento della sanità toscana: tagliando innumerevoli posti letto negli ospedali; chiudendo i piccoli ospedali diffusi nel territorio per creare grandi cattedrali ospedaliere a fini meramente propagandistici; cercando di sostituire gli infermieri professionali con gli OSS – Operatori socio-sanitari – con il fine di ottenere un ulteriore risparmio sulla spesa sanitaria regionale; resistendo tenacemente alle innumerevoli richieste dei sindacati in ambito di contrattazione salariale e di rinnovo dei contratti di lavoro del personale sanitario, che a tutt’oggi percepisce uno stipendio da fame; promuovendo la riduzione del personale sanitario, che ha costretto medici ed infermieri a turni di lavoro massacranti ma che è servito a rimpinguare le casse regionali tramite il livello di pluslavoro così ottenuto.Un’altra categoria che doveva essere assolutamente protetta era il comparto sanitario. Come Cobas Pubblico Impiego – Sanità avevamo chiesto da subito strumenti e programmi adeguati allo svolgimento del lavoro ospedaliero in sicurezza: niente da fare! La Regione in risposta ha fatto distribuire mascherine in tessuto-non-tessuto totalmente inadeguate e difficili da indossare. Le FPP2, le uniche adatte a contenere il contagio per i sanitari che sono in contatto con il Covid 19 sono introvabili. Potevano essere acquistate, pagandole adeguatamente, dalla Cina dove vengono prodotte. Sarebbero arrivate da tempo e in tempo per scongiurare il contagio di medici e personale sanitario. Ma ad oggi, nonostante da più parti si chieda la trasparenza dei dati, non è dato di conoscere le cifre del contagio, anche se il passaparola che arriva da situazioni particolarmente colpite, come l’ospedale di Livorno, parla di cifre assolutamente insostenibili di operatori contagiati.Oltretutto vengono centellinati i tamponi orofaringei, unico strumento per determinare la presenza del virus. Nel contempo si privilegiano i test sierologici che sono in realtà ad alta percentuale di errore, ma anche questo è stato disposto dalla regione che diffida da comportamenti non strettamente inerenti al protocollo!!In queste condizioni di tremendo disagio tutti gli operatori sanitari, nello svolgimento del proprio lavoro, diventano vettori di contagio, mettono a rischio la loro salute e quella dei loro familiari, e in alcuni casi la vita.Di fronte a tutto questo, chi in Regione ha il compito di porre in atto meccanismi seri di tutela, ha pensato bene di bypassare il problema e di ricorrere allo squallido diversivo della monetizzazione del rischio. Un contributo economico calcolato nel periodo dal 17 marzo al 30 aprile, calcolato su tre fasce di esposizione degli operatori al contagio Covid 19 in base ai turni giornalieri. Attribuendo oltretutto, in questa modalità, compensi diversificati alle varie categorie di operatori, come se qualcuna fosse più a rischio di altre. Ancora un odioso atto di propaganda. E nemmeno un riconoscimento stabile, visto che da anni gli stipendi sono inalterati, e dopo il 30 aprile?E gli operatori ammalati, in quarantena o ricoverati, in sala rianimazione. E i morti… a loro non spetta un riconoscimento! Forse avete riservato loro la gloria… di una medaglia alla memoria!!Purtroppo “si fanno le nozze con i fichi secchi”. E chi ci rimette sono le fasce più esposte della società. La protezione dei soggetti più deboli è fallita in pieno.È notizia di questi giorni: nelle RSA (Residenze sanitarie assistite), punto debolissimo del sistema sanitario italiano, sparse sul territorio nazionale, lasciate con forniture assolutamente insufficienti di dispositivi di protezione, si è verificato un numero altissimo di casi di contagio tra i residenti e gli operatori e un incremento esponenziale di mortalità. Solo dinanzi a questa realtà la regione Toscana ha imposto, solo a fine marzo, lo step 1 del monitoraggio: un test a tappeto tramite tamponi in tutte le RSA regionali che, secondo i dati parziali più recenti diffusi dall’Ars Toscana (risalenti al 3 aprile), hanno posto sotto gli occhi di tutti una situazione colpevolmente insostenibile: su 4.873 tamponi in totale, 667 (509 tra gli ospiti e 158 tra gli operatori) sono risultati positivi al Covid-19: il 16,8% dei 3028 pazienti e l’8,5% dei 1845 operatori! Troppo tardi per prevenire, ora si può purtroppo solo constatare una tragica realtà.Le battaglie si vincono quando chi comanda ascolta le richieste di chi deve combattere sul campo.Le grida del comparto sanitario continuano a cadere nel vuoto di una politica arrogante e inconsistente.Ora come mai si leva il monito degli operatori sanitari “Voi senza di noi non siete niente, noi senza di voi siamo sempre noi stessi”.
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