November 28, 2024
Udienza del 25 maggio 2015
Con le arringhe finali dei difensori Ausimont (Montedison) e Solvay si è prossimi alla sentenza in Corte di Assise ad Alessandria per il disastro ecologico di Spinetta Marengo. Quale sentenza è attesa? Se ascolti gli addetti ai lavori, gli avvocati, la disputa sembra se il dolo dell’articolo 439 riguarda solo i terroristi che versano cianuro nei tubi dell’acquedotto o anche i dirigenti d’azienda che consapevolmente versano cancerogeni nelle falde acquifere. Se invece interroghi la gente, ti rendi conto che non c’è molta fiducia nella giustizia. Difficilmente la pronunciano con la maiuscola. E non per le motivazioni che le attribuisce Berlusconi. Bensì proprio per il contrario. Sono infatti convinti che i potenti resteranno impuniti, in virtù del fatto che sono potenti, ricchi. I magistrati, dicono, hanno sempre fatto parte di quella casta. La Giuria popolare? Sì, ma conta davvero? Le notizie che giungono dall’Abruzzo non hanno fatto altro che intorbidire le aspettative. La sentenza della Corte d’Assise di Chieti, che mandò in parte assolti (per avvelenamento delle acque) e in parte prescritti (per disastro ambientale) 19 dirigenti e tecnici della Montedison, imputati per il mortifero inquinamento causato dalle discariche di Bussi sul Tirino (Pescara), è infatti altamente sospetta di pressioni indebite del Presidente della Corte su alcuni membri della Giuria. Alcune giurate hanno infatti affermato di essersi sentite dire dal Presidente che “se avessero condannato per dolo, e se poi gli imputati si fossero appellati e avessero vinto la causa, avrebbero potuto citarci personalmente, chiedendoci i danni, e avremmo rischiato di perdere tutto quello che abbiamo, negozio e casa compresi”. Affermazione in sé falsa perché la legge prevede la responsabilità dei giudici soltanto “in caso di dolo oppure di negligenza inescusabile per travisamento del fatto o delle prove”. Fatti e prove ben documentati dai PM, dall’Istituto superiore della sanità, dall’Avvocatura dello Stato. Però quella minacciosa prospettazione della loro rovina economica era volta a derubricare il disastro da reato doloso a colposo, punito con pene inferiori e soprattutto con prescrizione più breve e già scattata. No dolo: ritornello peraltro reiteratamente ripetuto fra un’udienza e l’altra ai sei giudici popolari. Così fu la genesi della sentenza. Ora, sulla correttezza della condotta dei due giudici togati di Chieti si pronuncerà anche il Consiglio superiore della magistratura, anche annullando il verdetto. Cose del genere sono impensabili per la Corte di Assise di Alessandria. Ma questa provincia ha già assistito sgomenta alla vergognosa prescrizione dell’Eternit e tutti, a cominciare dalle vittime e dai familiari dei morti, hanno chiaro che una sentenza Solvay per colpa, invece che per inquinamento doloso delle acque e dolosa omessa bonifica, equivarrebbe ad una prossima prescrizione.
Medicina Democratica Alessandria
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